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Finalmente Renzi è in power, ma ha già più nemici di Putin a Kiev

Mario Sechi

Renzi è finalmente in power. E’ una settimana internazionale. Affari esteri e cose nostre. C’è il congresso del Pse a Roma, è sabato primo marzo pazzerello, ma da Firenze si vede all’orizzonte la chiglia di Barca. Sì, lui, Fabrizio, il candidato dall’Elefantino a ministro per le conduzioni radiofoniche, discetta della cosa che gli riesce meglio, la telefonata in diretta: “Solo il nostro paese può costruire un lungo ragionamento sulla base di una trappola scorretta tesa da uno strano giornalismo”. Eh no, giù le orecchie da Cruciani e Parenzo, please, loro sono il contemporaneo Alto Gradimento.

    Renzi è finalmente in power. E’ una settimana internazionale. Affari esteri e cose nostre. C’è il congresso del Pse a Roma, è sabato primo marzo pazzerello, ma da Firenze si vede all’orizzonte la chiglia di Barca. Sì, lui, Fabrizio, il candidato dall’Elefantino a ministro per le conduzioni radiofoniche, discetta della cosa che gli riesce meglio, la telefonata in diretta: “Solo il nostro paese può costruire un lungo ragionamento sulla base di una trappola scorretta tesa da uno strano giornalismo”. Eh no, giù le orecchie da Cruciani e Parenzo, please, loro sono il contemporaneo Alto Gradimento. Sono le 10 e 36, la giornata comincia benissimo e prosegue meglio quando alle 10 e 55 entra in scena il marziano flaianesco, il sindaco di Roma Ignazio Marino: “Non abbiamo previsto nessun aumento di tasse”. Nota sul taccuino: “Spedire in Campidoglio bilancio e grafico delle società partecipate dal Comune di Roma. Crac. Intreccio. Socialismo municipale. Vendere Acea, non i rottami”. Ma è una giornata chiaramente internazionale, da Affari esteri e così alle 11 e trenta arriva un messaggio importante per Putin: “Fabrizio Cicchitto condanna l’intervento russo in Ucraina”. Mentre Renzi parla di scuola, giovani e debito pubblico tra i socialisti europei, il ministro degli Esteri dell’Olanda, Frans Timmerman, informa la curva: “Sono romanista da quarant’anni, non posso cambiare oggi. Stasera sarò allo stadio a sostenere la Roma contro l’Inter”. Ah, c’avemo i tulipani. La domenica (2 marzo) è sempre da scena internazionale, il premier Renzi torna a Roma per un vertice sulla crisi in Ucraina con Federica Mogherini (Esteri) e Roberta Pinotti (Difesa). Inizia alle 17 e venti, termina alle 18 e 36. Svelto o Finish, fate voi. Alle 19 e 04 Renzi chiama Hollande e Merkel, infine fa rapporto al Presidente Napolitano. Tutti a nanna, sveglia il lunedì (3 marzo) con l’Oscar alla “Grande Bellezza” mentre nel Pd c’è la scissione dell’atomo di minoranza, il gruppo degli ex Popolari informa Gianni Cuperlo: “Non siamo più rappresentati da te”. Intorno a mezzogiorno, Napolitano e Renzi parlano fitto fitto per un’ora durante l’inaugurazione della scuola di formazione dei servizi segreti, mentre Cicchitto avverte ancora l’ex colonnello del Kgb Putin: “E’ indispensabile l’unità del mondo occidentale”. Niet. Tutto fila liscio, il sottosegretario ncd alle rotative, Antonio Gentile, alle 20 in punto si dimette, Renzi “apprezza”. Martedì 4 marzo è un giorno da Vanity Fair. Intervista via Twitter, Matteo è sicuro: “Ce la facciamo, la portiamo a casa”. E’ la riforma del Senato, o meglio il suo sbianchettamento. Nota d’agenzia ai caporedattori: “Renzi a Tunisi. Napolitano in Albania. Modifica dell’Italicum”. La giornata è fatta, Berlusconi dice che “rispetterà il patto sull’Italicum”, sul taccuino c’è spazio ancora per un Sergio Marchionne da antologia: “Noi siamo filogovernativi sempre e se possiamo aiutiamo chiunque è al governo in questa fase” (Realpolitik dal Salone dell’Auto di Ginevra). Arriva il giorno dell’inno scolastico a Renzi, è un mercoledì 5 febbraio da fanciullino pascoliano, tutto il resto non conta, tranne un passaggio cingolato della Boschi che se ne infischia dei manettari del suo partito e annuncia: “L’esecutivo non ha intenzione chiedere dimissioni di ministri o sottosegretari sulla base di un avviso di garanzia, perché ciò rispetta il principio fondamentale della presunzione di innocenza”. Questa è davvero tosta, originalissima, altro che imitazioni. E la legge elettorale dov’è finita? Giovedì 6 febbraio Giorgio Napolitano risponde ai Pinkerton in servizio permanente effettivo: “E’ alla Camera. Non ho nulla da dire”. Dicono tutto gli altri e Renzi si scopre come un altro politico toscano di gran carriera, quello del titolo del primo numero del Giornale: “Fanfani conta amici e nemici”. Era il 25 giugno del 1974. Quarant’anni dopo, venerdì 7 febbraio 2014, ecco la confessione di Renzi alla Stampa: “Avevo dei nemici che mi attaccavano, ma lo sapevo e lo tenevo nel conto. Ma ora mi attaccano anche quelli che prima mi sostenevano: e onestamente non capisco sulla base di che, visto che non abbiamo ancora nemmeno cominciato”. Renzi conta amici e nemici.