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Concertazione chi? Il senso politico della rupture di Renzi

Claudio Cerasa

Doveva essere, per Renzi, il giorno del grande piano sul Lavoro, il giorno della grande risposta del governo all'emergenza disoccupazione, il giorno della presentazione finale del Jobs Act. Ma alla fine dei conti il consiglio dei ministri di mercoledì prossimo dovrebbe trasformarsi in qualcosa di diverso e dovrebbe diventare davvero il giorno in cui Renzi farà quello che nessuno governo negli ultimi vent’anni è riuscito a fare come avrebbe voluto: abbassare di un’anticchia le tasse e far trovare ai lavoratori che ricevono meno di 25 mila euro di retribuzione all’anno un piccolo contributo per veder migliorato il proprio stipendio.

    Doveva essere, per Renzi, il giorno del grande piano sul Lavoro, il giorno della grande risposta del governo all'emergenza disoccupazione, il giorno della presentazione finale del Jobs Act. Ma alla fine dei conti il consiglio dei ministri di mercoledì prossimo dovrebbe trasformarsi in qualcosa di diverso e dovrebbe diventare davvero il giorno in cui Renzi farà quello che nessuno governo negli ultimi vent’anni è riuscito a fare come avrebbe voluto: abbassare di un’anticchia le tasse e far trovare ai lavoratori che ricevono meno di 25 mila euro di retribuzione all’anno un piccolo contributo per veder migliorato il proprio stipendio.

    Le modalità e le coperture con cui Renzi darà un taglio alla pressione fiscale e con cui il presidente del Consiglio darà più soldi in busta paga ai dipendenti che guadagnano meno di 1500 euro al mese sono ancora tutte da vedere, ce ne occuperemo domani sul Foglio, ma il messaggio politico che il premier è riuscito a far passare presenta un tratto significativo che si lega al rapporto che il governo vuole costruire con il mondo sindacale. Finora, da Carlo Azeglio Ciampi in poi, tutti i governi del centrosinistra, tranne in una fase il governo D’Alema, hanno sempre pensato a come mettere mano sul lavoro subordinando le proprie riforme a un “previo” accordo con il mondo sindacale. Dove per mondo sindacale si intende da una parte l’universo di Confindustria e dall’altra l’universo della Cgil. Renzi oggi promette di spezzare questa tradizione. E di rottamare un certo tipo di concertazione. Ma se il presidente del Consiglio vuole dare un senso alla sua storia una volta tirate giù le tasse e dato più soldi in busta paga ai lavoratori non potrà che mettere le mani sulla grande riforma sulla quale verrà misurato il governo Leopolda: la contrattazione aziendale. E sarà qui che Renzi dovrà dimostrare se il governo Leopolda ha la forza o no di essere qualcosa di più di un formidabile Letta Bis.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.