Chi è il Warren Buffett cinese che deve risvegliare il Dragone
“La liquidità non manca. Anzi, qui in Cina ce n’è fin troppa…”. Parla così, davanti alle telecamere di Bloomberg tv, Edward Zhu, uno dei non pochi nuovi miliardari cinesi. Gente che, al contrario di Zhu, è affamata di liquidità per rimediare ai tanti guai di un anno nero per i capitalisti rossi del Drago. Prima la campagna anticorruzione promossa dal presidente Xi Jinping, che ha fatto scomparire il brandy dai pranzi aziendali e i rolex dal polso dei notabili di partito. Poi la stretta in banca, che tanti guai sta procurando ai fondi della finanza ombra, dove sono stati parcheggiati in questi anni gli enormi profitti (e le tangenti) delle imprese di stato o della speculazione immobiliare.
“La liquidità non manca. Anzi, qui in Cina ce n’è fin troppa…”. Parla così, davanti alle telecamere di Bloomberg tv, Edward Zhu, uno dei non pochi nuovi miliardari cinesi. Gente che, al contrario di Zhu, è affamata di liquidità per rimediare ai tanti guai di un anno nero per i capitalisti rossi del Drago. Prima la campagna anticorruzione promossa dal presidente Xi Jinping, che ha fatto scomparire il brandy dai pranzi aziendali e i rolex dal polso dei notabili di partito. Poi la stretta in banca, che tanti guai sta procurando ai fondi della finanza ombra, dove sono stati parcheggiati in questi anni gli enormi profitti (e le tangenti) delle imprese di stato o della speculazione immobiliare. Infine, da quando Zhou Xiaochuan, il governatore della Banca centrale, ha impresso un nuovo ritmo alla lunga marcia verso la convertibilità dello yuan, per molti le cose sono peggiorate assai.
Per anni è stato facile speculare su valute e materie prime grazie alla garanzia di una moneta che non scendeva mai, un po’ per la forza dell’export cinese, un po’ perché l’orgoglio nazionale imponeva al governo di Pechino sia di non svalutare sia di rallentare la corsa dell’economia. Altri tempi, ahimè. Ora il Drago rallenta. Più di quel che ammettono le autorità: il premier Li Keqiang parla di una crescita, per l’anno in corso, del 7,5 per cento circa, in frenata rispetto al 7,7 precedente. Ma le Borse credono di più alla banca d’affari americana Goldman Sachs, che ieri ha rivisto al ribasso la crescita cinese: non più del 7,3 per cento. O forse meno se si rafforzeranno certi segnali: lo yuan ai minimi dal 2009, le aziende (energie rinnovabili, immobiliari, acciaierie) che, amara novità, le banche lasciano fallire anche se finanziate da speculatori eccellenti. Insomma, l’amara novità è che il Drago, seppellita l’austerità predicata dal Grande Timoniere, rischia di affogare nei debiti (più del doppio del pil) fatti da politici, militari, trafficoni più o meno intraprendenti. A meno che non ci pensi lo stato, magari favorendo una nuova ondata di speculazioni in Borsa a Shanghai o a Shenzhen.
Soldi buttati dalla finestra, ammonisce il signor Zhu dal suo giardino zen di Jiangjin nel distretto di Chongqing, area modello di quella che, lui spera, un giorno potrebbe essere la nuova Cina all’insegna dello sviluppo compatibile. “E’ importante che i cinesi capiscano – spiega – che la crescita del fatturato non è il criterio più giusto per valutare un’azienda o un paese: l’importante è creare valore per tutti, dall’impresa ai suoi dipendenti e il territorio”. Insomma, usare la testa più che la forza del denaro o delle lobby, come si insegna al Ceibs, la China Europe International Business School di Shanghai, la scuola che tra i docenti annovera anche Romano Prodi e di cui Zhu è uno dei grandi finanziatori e animatori. Puntare sulla qualità più che sui numeri, come fa lui, alla guida del gruppo Chic, 12 mila dipendenti, sette fabbriche e vendite in 19 paesi. Ma, soprattutto, la holding forse più redditizia dell’economia cinese, capace di guadagnare più del 100 per cento del capitale investito, roba che nel mondo riesce al suo idolo, Warren Buffett, e forse a nessun altro. Il segreto? Un misto del saggio di Omaha e di Budda, cui ogni giorno Zhu dedica un’ora buona di meditazione. La regola consiste nel fare soldi investendo poco denaro, ma recuperando aziende condotte in maniera sciagurata. A partire dall’agricoltura, la Cenerentola dei sistemi economici lanciati verso il boom per poi passare all’agrobusiness, all’export di prodotti di qualità in Europa e negli Stati Uniti ma anche alla catena di fast food di primizie selezionate per i consumatori di Shanghai che, dopo lo shopping scatenato, tornano a scoprire il vero lusso, cioè il gusto di una pesca.
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