La rivoluzione in Ucraina
Chi erano i cecchini di Kiev? La presunta fonte smentisce il complotto
Kiev, dal nostro inviato. Dal 5 marzo circola questa storia: la strage in piazza a Kiev il 20 febbraio (almeno 70 manifestanti colpiti a morte) è stata fatta da cecchini pagati dall’opposizione e non dal governo. La fonte presunta di questa storia sconvolgente è una sola: si chiama Olga Bogomolets e in quei giorni coordinava i soccorsi ai feriti a Maidan. Bogomolets è citata in una telefonata intercettata tra il ministro degli Esteri estone, Urmas Paet, e Catherine Ashton dell’Unione europea, pubblicata il 5 marzo da Russia Today, il canale satellitare in lingua inglese che difende strenuamente le posizioni del governo di Mosca.
Kiev, dal nostro inviato. Dal 5 marzo circola questa storia: la strage in piazza a Kiev il 20 febbraio (almeno 70 manifestanti colpiti a morte) è stata fatta da cecchini pagati dall’opposizione e non dal governo. La fonte presunta di questa storia sconvolgente è una sola: si chiama Olga Bogomolets e in quei giorni coordinava i soccorsi ai feriti a Maidan. Bogomolets è citata in una telefonata intercettata tra il ministro degli Esteri estone, Urmas Paet, e Catherine Ashton dell’Unione europea, pubblicata il 5 marzo da Russia Today, il canale satellitare in lingua inglese che difende strenuamente le posizioni del governo di Mosca.
Da quello che si sente nella telefonata, Bogomolets avrebbe detto al ministro estone che i manifestanti e i poliziotti uccisi quel giorno presentano lo stesso tipo di ferite, e che c’è lo stesso “handwriting” dietro alla strage. Il che fa supporre la presenza di una terza forza, che sparava su entrambe le parti per fare una strage e destabilizzare il paese. Dopo il massacro in piazza, il presidente ucraino Viktor Yanukovich è fuggito.
In Italia la storia è stata ripresa dal blog di Beppe Grillo, che con un’analisi suggestiva ma senza alcuna verifica sostiene che la rivoluzione è tutta una montatura: una messinscena collettiva proiettata davanti ai nostri occhi da Stati Uniti e Unione europea. In questa versione gli ucraini che da novembre protestano contro Yanukovich fanno la parte delle comparse.
A Kiev, nello stesso bugigattolo che durante gli scontri era il comando clandestino dei soccorsi, Olga Bogomolets dice al Foglio che questa storia dei cecchini è un “total misunderstanding”. Un equivoco. “Io parlo soltanto di cose certe e la certezza è questa: ho visto soltanto cadaveri di manifestanti. Non ho visto neanche un poliziotto ucciso e quindi non avrei potuto dire che c’è la stessa mano dietro”. Bogomolets aggiunge: “La stessa cosa, peraltro, l’ho già spiegata al Telegraph e alla Bbc”. Mostra sullo schermo del suo telefonino le foto che ha scattato in quei giorni. Uomini coperti a metà da un lenzuolo sollevato, con un foro di proiettile nel petto. “Quel giorno ho visto dodici persone morire sotto i miei occhi in soltanto due ore. Non abbiamo avuto nemmeno una chance di salvarli, perché erano spari precisi: alla testa, al cuore”. La stanza dove parla è piccola, perché era un nascondiglio, dentro la sede ampia e moderna dei suoi uffici – Bogomolets è una imprenditrice in campo medico, una celebrità in Ucraina. Mostra una lavagna alle sue spalle, ci sono segnati in codice gli ospedali cittadini dove erano smistati i feriti – una pratica che poi divenne pericolosa perché i servizi di sicurezza controllavano gli ospedali. Bogomolets al culmine degli scontri era in una clinica improvvisata in una sala dell’Hotel Ukraina. Le è stato offerto di diventare ministro nel nuovo governo transitorio, ma ha posto come condizione di portare il suo staff, e l’offerta è stata fatta cadere. Il suo posto di lavoro oggi si presenta come la sede di prestigio di un ufficio d’affari nel centro della capitale.
L’ufficio del procuratore di Kiev ha in mano l’inchiesta sui cecchini. Per ora ha detto poco: esclude che fossero controllati dall’opposizione e dice che tra loro c’erano “stranieri”, senza però specificare di che nazionalità – un’accusa contro la Russia? Il sistema-stato a cominciare da appena sotto gli incarichi di governo è rimasto quello di prima e si muove con lentezza. In quei giorni il Maidan era percorso da ogni genere di voce: si è detto che cento persone sono morte carbonizzate nell’incendio del palazzo dei sindacati, ma i corpi poi trovati sono tre.
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