Eutanasia non è autonomia, dice la baronessa Jane Campbell, disabile

Nicoletta Tiliacos

Il messaggio di Giorgio Napolitano all’Associazione Luca Coscioni, nel quale  il presidente scrive che “il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee su questa materia”, è stato interpretato fatalmente come un’apertura alla possibilità che anche l’Italia si aggiunga al novero dei paesi che prevedono eutanasia e suicidio assistito. Di suicidio assistito, per esempio, si è trattato nel caso dell’ex parlamentare Lucio Magri, il quale aveva scelto la Svizzera perché lì a una persona come lui, senza alcuna malattia terminale ma semplicemente molto depressa, poteva essere consentito di suicidarsi con una flebo al pentobarbital.

    Il messaggio di Giorgio Napolitano all’Associazione Luca Coscioni, nel quale  il presidente scrive che “il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee su questa materia”, è stato interpretato fatalmente come un’apertura alla possibilità che anche l’Italia si aggiunga al novero dei paesi che prevedono eutanasia e suicidio assistito. Di suicidio assistito, per esempio, si è trattato nel caso dell’ex parlamentare Lucio Magri – la cui fine è stata evocata sempre in questi giorni da Luciana Castellina, e sempre per chiedere che l’Italia si adegui ad altre e più “moderne” legislazioni – il quale aveva scelto la Svizzera perché lì a una persona come lui, senza alcuna malattia terminale ma semplicemente molto depressa, poteva essere consentito di suicidarsi con una flebo al pentobarbital.
    Ma abbiamo davvero bisogno che tutto questo accada anche qui? Abbiamo bisogno della morte di stato on demand?  In questi giorni, la Gran Bretagna sta affrontando a sua volta l’ipotesi di evitare sanzioni  per chi collabori al suicidio assistito (lì almeno le cose sono chiamate con il loro nome) di malati terminali che ne facciano richiesta e ai quali non siano stati dati più di sei mesi di vita. La proposta dei laburisti è in questo momento all’esame della Camera dei Lord, e il premier conservatore David Cameron, che pure si è dichiarato in disaccordo, ha annunciato che lascerà libertà di voto ai suoi. A mettere però in  guardia da quella virata legislativa, perché rappresenterebbe una minaccia per le persone disabili in un’epoca di difficoltà economiche, è la baronessa Jane Campbell de Surbiton.
    Oggi cinquantacinquenne, a un anno le fu diagnosticata un’atrofia muscolare spinale che, secondo i medici,  l’avrebbe condotta alla morte in poco tempo, come era accaduto prima a una sorellina. Non solo non è accaduto, ma Jane Campbell – che di notte ha bisogno di un ventilatore che la aiuti a respirare, vive sulla sedia a rotelle e scrive al computer con un solo dito – è diventata un’attivista molto nota per i diritti dei disabili, oltre che un’apprezzata consulente governativa e di organizzazioni internazionali. Le sue dichiarazioni al London Telegraph, in un’intervista pubblicata lo scorso 7 marzo, meritano di essere considerate perché dicono con chiarezza che, se è sempre una pessima idea introdurre modifiche permissive alla legge che vieta il suicidio assistito, lo è particolarmente in un “momento pericoloso” come questo, quando diventa fatale considerare certe categorie di persone – vecchi, malati, disabili – un fardello troppo pesante per la società. Nel chiedere quindi alla Camera dei Lord  di non approvare leggi che costituiscano un’indiretta ma evidente pressione sulle persone più fragili, Jane Campbell sottolinea che “i malati terminali e disabili sono in una situazione peggiore oggi di quanto non fossero cinque anni fa. A causa dell’instabilità economica del paese, i servizi di welfare sono più che mai sotto pressione e questo ha indurito l’atteggiamento del pubblico nei confronti delle malattie degenerative, della vecchiaia e dell’invalidità”. Ecco perché “questo è un momento pericoloso per considerare la facilitazione del suicidio assistito a chi avrebbe invece più bisogno del nostro aiuto e del nostro sostegno. Non è solo pericoloso per coloro che possono vedere il suicidio come unica opzione, ma rischia di essere allettante anche per coloro che hanno interesse alla loro sparizione”. Nell’intervista al London Telegraph, Jane Campbell ha parlato con preoccupazione del Belgio, che “ha recentemente ampliato la propria legge sull’eutanasia per includere i bambini malati terminali e disabili. Ma questo non è il futuro che voglio per i nostri figli più vulnerabili, e la Camera dei Lord deve chiarire che condivide questo punto di vista”.
    Le argomentazioni della baronessa Jane Campbell dovrebbero apparire soprattutto condivisibili a chi si professa di sinistra. Ma anche in questo campo sta avvenendo uno strano slittamento di significati e di scelte. Il “debole” non è più il vecchio, il disabile, il malato da sostenere e da accompagnare. Il bene supremo è diventata l’autonomia, termine ambiguo come pochi. La scelta di morire – quella di Magri, come del 25 per cento di tutte le persone che vanno in Svizzera a suicidarsi per stanchezza e solitudine –  diventa dunque un comodo feticcio, l’“ultimo atto di autonomia” che è solo una dichiarazione di bancarotta della società e dell’umanità.