Avvistamento gufo
Lo Zar e il Macchinista. Sembra il titolo di un romanzone russo e invece è un diario italiano chiamato spending review. E’ venerdì, splende il sole, Matteo Renzi a Bruxelles prova a ordinare il “finish” al dogmatismo contabile della cancelliera Merkel, ma lo tsunami dell’Arno finisce per travolgere l’uomo dei tagli alla spesa, Carlo Cottarelli, e il numero uno delle Ferrovie dello stato, Mauro Moretti. Sulle sforbiciate del primo Renzi dice: “Su alcune cose non sono d’accordo. Si può fare di più e meglio. Possibile che abbiamo decine di migliaia di centri di acquisto in Italia?”.
Lo Zar e il Macchinista. Sembra il titolo di un romanzone russo e invece è un diario italiano chiamato spending review. E’ venerdì, splende il sole, Matteo Renzi a Bruxelles prova a ordinare il “finish” al dogmatismo contabile della cancelliera Merkel, ma lo tsunami dell’Arno finisce per travolgere l’uomo dei tagli alla spesa, Carlo Cottarelli, e il numero uno delle Ferrovie dello stato, Mauro Moretti. Sulle sforbiciate del primo Renzi dice: “Su alcune cose non sono d’accordo. Si può fare di più e meglio. Possibile che abbiamo decine di migliaia di centri di acquisto in Italia?”. Zac allo Zar. Renzi poi sale sulla carrozza di Moretti: “Confermo l’intervento sugli stipendi dei dirigenti pubblici”. Freccia rossa. Renato Schifani sente il rumore del fiume in piena alle sue spalle e commenta: “Non temo che l’esuberanza di Renzi possa cancellare il nostro partito”. Gufa? No, teme l’uomo forte, l’eterno ritorno dei problemi, come quello della legge elettorale. Giorgio Napolitano sabato 15 marzo fa un passaggio di memoria mentre è in visita a Cassino: “L’ultima volta che sono venuto qui ero presidente della Camera. Anche allora ci stavamo occupando di legge elettorale… Sono problemi che ritornano”.
Ritornano. Mentre Renzi è in visita a Parigi e con il presidente Hollande c’è “sintonia di vedute sulla nuova Europa”. Cravatta Gucci, sguardi al cielo. Parfait. E “nessuno sforamento, cambieremo patto interno”. E’ domenica 16 marzo, giorno di casa e chiesa, le agenzie informano che “Renzi è in famiglia a Pontassieve” (ore 14 e 54), mentre Pier Luigi Bersani va in onda al programma senza intervistatore (“Che tempo che fa”) e stampa il tracciato neurologico del Pd: “Visto che ho salvato il cervello per un pelo non è che lo consegno ad altri”. Critico e criptico, ma “fedele alla ditta”. Tutti a nanna, lunedì Renzi è atteso a Berlino. Quelli della Welt lo accolgono così: “Vuole finanziare il suo programma coi debiti”. Achtung, i tedeschi gufano. Per fortuna che la Merkel c’è e il clima si fa dolce: “Voglio dare un cordiale benvenuto a Matteo Renzi, c’è stato un ampio confronto sui progetti italiani. Sono rimasta impressionata dei progetti del governo italiano, si tratta di un cambiamento strutturale”. Ja, Frau Merkel, sono le 18 e 29 del 17 marzo 2014, nota sul taccuino: ripassare la frase tra qualche mese. In Italia la faccenda viene presa molto sul serio da Beppe Grillo che coglie in pieno il punto politico, il cappotto abbottonato male di Renzi: “Dài… almeno è giovane e sveglio”. Analisi finissima che innesca una imperdibile lezione di geopolitica del senatore democratico Andrea Marcucci: “Triste, solitario y final, Grillo doveva cambiare l’Italia, è finito a occuparsi dei bottoni di Matteo Renzi”. Una politica di passaggi di letteratura involontaria tra Osvaldo Soriano, il detective Philip Marlowe e i sublimi bambini della scuola di Landresse raccontati da Louis Pergaud. In fondo, è l’Elefantino a ricordarci che questo è “il governo della Via Pal” e allora ecco il giovane Matteo twittare al ritorno da Berlino: “Ci sono, ci sono. Ho twittato un po’ meno in questi giorni, ma ci sono. Ora al lavoro a #palazzochigi”. E’ martedì 18 marzo, sono le 7 e 57, i giornalisti delle agenzie monitorano i cinguettìi del primo mattino, mentre il menù dei servizi del giorno prevede: “Putin avvia l’annessione della Crimea dopo il voto del referendum. Il presidente parla alla Duma”. E basta con le dispute sul diritto internazionale perché il risultato è certificato alle 12 e 42 da Matteo Salvini: “Il risultato del referendum in Crimea è valido”. Ore 13, agenda Napolitano. Il presidente offre “al Palazzo del Quirinale la tradizionale colazione in onore dei nuovi cardinali italiani nominati nel Concistoro del 22 febbraio 2014”, poi rende noto di averne abbastanza di tiratori di giacca e piatti su “questioni varie”. Dispaccio da leggersi come capitolo del feuilleton intitolato “grazia a Berlusconi”. Martedì è un giorno coi baffi: Renzi presenta il libro di Massimo D’Alema sull’euro ed evoca il fantasma a istogrammi dell’estate della grande crisi: “C’è uno spread tra le aspettative dei cittadini e il loro rapporto con l’Europa”. Sintonia, battute, maglia della
Un rottamato è per sempre. E’ una bella serata, Maria Elena Boschi, il capo della divisione panzer di Renzi, va a “Porta a Porta”: “Non credo che serva mortificare la propria femminilità per essere più credibile e per sembrare più serie. Basta lavorare”. Momento delicatessen e tiè, parrucconi. Spengo Vespa. Risveglio. E’ mercoledì 19 marzo, Renzi interviene alla Camera: “Le coperture ci sono e i tagli li decidiamo noi”. Cottarelli è cotto. Passo su Twitter e leggo un Giovanni Toti renzizzato: “Quanti gufi!! Ma non è notte, anzi, c’è il sole a Roma. Soprattutto a San Lorenzo in Lucina”. Nel manuale di zoologia politica è il top della settimana, evocato da Renzi, Vendola, De Girolamo, Cuperlo e Toti. Eccolo, il partito che non c’è, quello dei gufi.
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