Speciale online - Il buono e il cattivo

Immobile fa gol per il Toro e per l'Italia. Cellino dall'Italia vorrebbe andarsene

Sandro Bocchio

Se c'è una tifoseria che rivendica il primato in fatto di antijuventinità è quella del Torino, e non solamente per ragioni di immediata rivalità cittadina. Due mondi lontani e paralleli, quello granata e quello bianconero, al punto da non condividere neppure lo stadio: ognuno a casa propria, una situazione unica in Italia. Ma a giugno occorrerà parlarsi, aspetto che le due società hanno comunque curato – tra alti e bassi – in tempi passati e recenti. Si dovrà ragionare di Ciro Immobile, saranno giorni delicati. Per Cairo sarà difficile acquistare la metà bianconera, ma non impossibile, e l'impressione attuale è che ne valga davvero la pena.  Allo stesso modo valeva la pena per Massimo Cellino sognare di acquistare finalmente un club all'estero e salutare l'Italia anche dal punto di vista calcistico.

    Adesso sarà divertente vedere che cosa capiterà a giugno. Perché se c'è una tifoseria che rivendica il primato in fatto di antijuventinità è quella del Torino, e non solamente per ragioni di immediata rivalità cittadina. Due mondi lontani e paralleli, quello granata e quello bianconero, al punto da non condividere neppure lo stadio: ognuno a casa propria, una situazione unica in Italia. Ma a giugno occorrerà parlarsi, aspetto che le due società hanno comunque curato – tra alti e bassi – in tempi passati e recenti. Si dovrà ragionare di Ciro Immobile, saranno giorni delicati. Perché la gente del Toro ha ormai nel cuore quello che all'inizio era stato giudicato come uno che arrivava dai "gobbi" e nulla più, zavorrato da una stagione da dimenticare al Genoa. Un pregiudizio che l'attaccante ha azzerato nel solo modo possibile: con i gol. Aggiungendo però ciò che piace tanto a chi ha deciso di soffrire per i colori granata, vale a dire la voglia di non arrendersi mai, di provarci sempre fino all'ultimo momento, anche quando le cose paiono impossibili da rimettere in carreggiata. Questo ha dato Immobile, ancor più dell'altro gioiello di famiglia Alessio Cerci. Perché, rispetto al gemello, lui fornisce sempre l'impressione di giocare innanzitutto per la squadra più che per se stesso: la gente se ne accorge. Se poi vengono i gol, tanto meglio, come è capitato quest'anno. Lo si è visto ancora una volta sabato sera. O meglio: lo si è rivisto, perché Immobile non segnava da qualche giornata e questo era bastato al tifo per pensare che si fosse imborghesito, che avesse la mente appesantita da voglie azzurre stimolate dalla prima convocazione di Cesare Prandelli. Contro il Livorno il centravanti si è regalato così un'altra prima volta, quella di una tripletta in serie A. Gol di potenza alternati a reti da opportunista, a conferma di un bagaglio da attaccante vero, per rinforzare le proprie aspirazioni in chiave Italia – tra i guai fisici di Giuseppe Rossi e l'involuzione di Mario Balotelli – e per ridare fiato all'orgoglio granata, visto che Immobile è ora il miglior marcatore insieme con Carlitos Tevez, entrambi a 16 reti. Un derby che si riproporrà per l'appunto a giugno, quando le due società dovranno mettersi di fronte per discutere del ragazzo. Questo perché, rispetto ad altre operazioni, stavolta la cessione non è giunta a titolo definitivo ma è nata grazie alla formula tutta italica della comproprietà, per di più libera. Tradotto: se non c'è un accordo precedente, il giocatore va a chi mette più soldi nella busta. Un'impresa complicata, se la Juventus decide di riprendersi uno in cui sembrava riporre meno interesse rispetto ad altri ragazzi sparsi per l'Italia e già controllati come Gabbiadini, Berardi oppure Zaza. Ma in casa bianconera non ignorano certo quanto stia offrendo Immobile. Così come non lo ignora Urbano Cairo che, dopo aver speso tre milioni per averne la metà, non potrà non tentare di compiere il passo successivo. Sarà difficile ma non impossibile, e l'impressione attuale è che ne valga davvero la pena. 

    Allo stesso modo valeva la pena per Massimo Cellino sognare di acquistare finalmente un club all'estero e salutare l'Italia anche dal punto di vista calcistico. Il presidente del Cagliari lo ha già fatto per quanto riguarda la logistica, poiché trascorre più tempo a Miami che sull'isola. Non vedeva però l'ora di congedarsi da una nazione ingrata e finalmente approdare presso chi ha trasformato il pallone da gioco in passione e poi business. Un sentimento però non condiviso in Inghilterra perché, quando è diventata chiara l'intenzione di acquistare il Leeds – club glorioso però malridotto – l'alzata di scudi è stata generale pur se non esplicita. Piuttosto un sottile gioco di rimandi che sta logorando i desideri di Cellino, che ora rischia di dover dire addio all'ipotesi in presenza di una sentenza di condanna di primo grado per colpa di tasse non pagate su un'imbarcazione: da noi vale un'alzata di spalle, in Inghilterra ti impedisce di comprare una società. Solo che, tutto preso dal desiderio di traslocare, il presidente non si è accorto di quanto stesse capitando in casa, con il Cagliari a viaggiare su medie da retrocessione nel girone di ritorno. La classifica permette ancora margini di tranquillità, ma i risultati negativi, il gioco che latita, il nervosismo di parecchi calciatori sono segnali tutt'altro che rasserenanti e che richiedono un'attenzione presidenziale tutta particolare. E che, soprattutto, vada oltre il solito giochetto che ha nell'allenatore l'unico e principale bersaglio.