A Vienna c'è una band che canta la colonna sonora di Maidan
“Ogni tempo ha la sua musica”, sostengono parafrasando la scritta che si trova sull'edificio della Secessione – “Al tempo la sua arte, all'arte la sua libertà” (Ludwig Hevesi) – i componenti della rock band viennese Kreisky. Sono tra i gruppi indie più celebrati del momento in Austria e in Germania. Ogni nuovo album è un successo, piace il sound in alcune parti quasi metal. Piacciono i testi, non proprio “arrabbiati”, ma certamente critici su come gira il mondo. Con l'ultimo album, “Blick auf die Alpen” (Vista sulle Alpi), uscito il 21 marzo, hanno però dimostrato di essere dotati anche di una certa capacità chiaroveggente.
“Ogni tempo ha la sua musica”, sostengono parafrasando la scritta che si trova sull’edificio della Secessione – “Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà” (Ludwig Hevesi) – i componenti della rock band viennese Kreisky. Sono tra i gruppi indie più celebrati del momento in Austria e in Germania. Ogni nuovo album è un successo, piace il sound in alcune parti quasi metal. Piacciono i testi, non proprio “arrabbiati”, ma certamente critici su come gira il mondo. Con l’ultimo album, “Blick auf die Alpen” (Vista sulle Alpi), uscito il 21 marzo, hanno però dimostrato di essere dotati anche di una certa capacità chiaroveggente. Il singolo che ha fatto da traino al nuovo album si chiama infatti “Pipeline”. Il video, che si può vedere sul sito web ufficiale www.kreisky.net, mostra Franz Adrian Wenzl, il frontman e cantante della band, a cavalcioni su un animale molto simile al “dragofortuna” della “Storia infinita”. Vola alto, solcando i cieli, mentre canta: “Dai vieni, mostrami il tuo Kraftwerk, dai vieni, mostrami la tua raffineria / mostrami la tua potente diga, l’orizzonte infinito / mostrami i tuoi lunghi treni cargo / mostrami la tua elettricità / le tue gigantesche navi / la tua logistica infinita / nessuna pipeline è però infinita”. In attesa di un rapper ucraino che sfondi a livello internazionale (come hanno sfondato a suo tempo quelli della primavera araba), “Pipeline”, per quanto non “rappata”, si presterebbe sicuramente, “come canto di battaglia dei ragazzi di Maidan”, scriveva eri la Süddeutsche Zeitung. Essendo i Kreisky concittadini dell’illustre antenato Karl Kraus, il testo non manca ovviamente di una certa ambiguità e gusto per il doppio senso. Soprattutto nella seconda parte della canzone e del video, dove si vede un gruppo di maschi dal fisico molto atletico, per non dire apollineo. E anche in questo caso “Pipeline” è assolutamente up to date. Putin ultimamente non si è mostrato ripetutamente a torso nudo, mentre pesca o attraversa a cavallo un torrente di montagna? Che tutto questo sia casuale è un’altra storia.
I cultori della band, così come i critici, osannano i Kreisky per quel piglio molto viennese nelle canzoni, cioè “grantig”, malmostoso. Ma chi vuol leggere nei loro testi una critica sociale sbaglia, così come sbaglia chi ritiene il nome della band anche un coming out politico.
Il nome è stato scelto perché il cancelliere austriaco degli anni Settanta, Bruno Kreisky, è noto ben oltre gli stretti confini nazionali. La band non vuole essere catalogata come “gruppo impegnato”: “L’etichetta di coscienza sociale la lasciamo volentieri a Bono”, ribattono. E’ dal 2005 che i Kreisky sono in pista. Come altri loro colleghi viennesi, per esempio Kruder & Dorfmeister o Waldeck, star dell’elettronica, anche i Kreisky hanno iniziato nei club a trovare e coltivare il loro pubblico. Due anni dopo sono poi usciti con il primo album “Kreisky”. E in effetti, a leggere i testi delle canzoni, più che “impegnati” viene da definirli “collettori” di una cultura e tradizione soprattutto letteraria che pesca a piene mani da Karl Kraus fino a Thomas Bernhard ed Elfriede Jelinek: tutti e tre, peraltro, noti per essere particolarmente “grantig”. Mentre musicalmente parlando è evidente il debito nei confronti di Falco (quello della cupa “Jeanny” però, più che rapper ante litteram come lo si è conosciuto con “Der Kommissar”). I Kreisky amano l’understatement, sostengono che Facebook e gli altri social network abbiano assunto il ruolo che negli anni Sessanta e Settanta svolgeva la musica tra i giovani: cioè di elemento di aggregazione e lotta. Anche per questo non hanno alcuna pretesa di “moralizzazione”. La musica è entertainment e nulla più, dicono. Salvo poi dare sfogo alla loro vena misantropa con versi che, liberamente tradotti, suonano più o meno così: “L’essere umano non è fatto per vivere in luoghi selvaggi. E’ contro natura. /. L’essere umano è animale d’appartamento / per starsene sul divano e far passare il tempo”. E viene in mente il film di Ulrich Seidl “Canicola”. Ma intanto tutti cantano “nessuna pipeline è infinita”.
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