Il leader nordcoreano frega ancora l'occidente. Obama che fa?

Giulia Pompili

Mentre il presidente americano Barack Obama, il presidente sudcoreano Park Geun-hye e il premier giapponese Shinzo Abe si incontravano all'Aia, nei Paesi Bassi, per discutere della minaccia nucleare della Corea del nord, il leader Kim Jong-un trovava il modo di fregarli di nuovo. Alle 2 e 35 del mattino (ora locale) di ieri la Corea del nord ha testato due missili balistici a medio raggio, l'ultimo di una serie di test militari che Pyongyang esegue da un mese con una frequenza piuttosto anomala. I missili lanciati ieri, che si presume siano di tipo Rodong (missili a medio raggio di derivazione sovietica, con una gittata di 1.200 chilometri e capaci di trasportare fino a 700 chili di ordigni nucleari) sono partiti da una piattaforma mobile posizionata a Sukchon, cinquanta chilometri a nord della capitale Pyongyang, e sono caduti nel mar del Giappone percorrendo circa 650 chilometri.

    Mentre il presidente americano Barack Obama, il presidente sudcoreano Park Geun-hye e il premier giapponese Shinzo Abe si incontravano all’Aia, nei Paesi Bassi, per discutere della minaccia nucleare della Corea del nord, il leader Kim Jong-un trovava il modo di fregarli di nuovo. Alle 2 e 35 del mattino (ora locale) di ieri la Corea del nord ha testato due missili balistici a medio raggio, l’ultimo di una serie di test militari che Pyongyang esegue da un mese con una frequenza piuttosto anomala. I missili lanciati ieri, che si presume siano di tipo Rodong (missili a medio raggio di derivazione sovietica, con una gittata di 1.200 chilometri e capaci di trasportare fino a 700 chili di ordigni nucleari) sono partiti da una piattaforma mobile posizionata a Sukchon, cinquanta chilometri a nord della capitale Pyongyang, e sono caduti nel mar del Giappone percorrendo circa 650 chilometri. L’esercito nordcoreano non testava missili a medio raggio dal 2009. Secondo gli osservatori quella del leader nordcoreano è una risposta alle esercitazioni militari in corso tra Corea del sud e Stati Uniti, ma ci sono altri motivi per attendersi una reazione da Pyongyang. A metà febbraio l’Onu ha pubblicato il primo rapporto ufficiale sulle violazioni di diritti umani in Corea del nord. Anche se il veto della Cina ha escluso l’incriminazione di Pyongyang presso la Corte penale internazionale, quella dell’Onu è stata la prima accusa formale nei confronti del regime.

    Fino a oggi l’unica strategia attuata dall’occidente per limitare le minacce del giovane leader Kim Jong-un – salito al potere il 17 dicembre del 2011 dopo la morte del padre Kim Jong-il – è stata l’isolamento del paese. Strategia che sembra non funzionare affatto. Secondo un report dell’Onu pubblicato a marzo, la Corea del nord usa un sofisticatissimo sistema per aggirare le sanzioni imposte dalla comunità internazionale e per importare ugualmente i beni sottoposti a embargo (specie quelli di lusso). Ma non solo. Il test effettuato ieri dalla Corea del nord è stato il primo lancio di missili balistici dal dicembre del 2012 – quando iniziò ufficialmente il programma spaziale di Pyongyang con il decollo di un satellite di osservazione terrestre, portato in orbita dal razzo vettore Unha-3. Secondo il report dell’Onu alcuni componenti di quel missile provenivano da Stati Uniti, Inghilterra e Corea del sud, mentre altre parti erano state confezionate in Svizzera e in Cina. Alcuni pezzi, che hanno usi molteplici e di cui non si può prevedere l’uso militare, non sono sottoposti a sanzioni e quindi la loro importazione non viola nessun trattato. A spaventare la comunità internazionale è piuttosto la capacità dei tecnici militari nordcoreani di assemblare componenti provenienti da ogni parte del mondo. E c’è il sospetto che le ambasciate nordcoreane di Cuba e Singapore agevolino il transito di armi e di parti essenziali per la costruzione di jet militari e missili, come confermato dal materiale contenuto nel cargo sequestrato nel luglio del 2013 nei pressi di Panama.

    “I lanci violano chiaramente le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e sono delle gravi provocazioni contro la Corea del sud e la comunità internazionale”, ha detto ieri il portavoce del ministero della Difesa di Seul, Kim Min-seok. Il presidente sudcoreano Park, che si trova in visita in Germania, ha detto ieri di voler pensare a una riunificazione delle Coree sulla base di quella tedesca e di essere pronta “per un dialogo costruttivo con Kim Jong-un”.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.