Sesso e parrucche

Paola Peduzzi

Doveva essere un racconto vintage, “The Americans”, un viaggio nel passato pieno di sesso, parrucche, violenza e bugie, con una coppia fighissima di agenti del Kgb che vivono da americani, hanno due figli e un’agenzia di viaggio, e quando ricevono ordini in codice da Mosca corrono giù in lavanderia, preparano quel che serve per la missione, i vestiti e le armi e le macchinine fotografiche per poi trasmettere documenti sulle bombe atomiche americane, salutano i bambini, “magari facciamo un po’ tardi stasera, non guardate troppa televisione”, e vanno ad ammazzare qualcuno.

    Doveva essere un racconto vintage, “The Americans”, un viaggio nel passato pieno di sesso, parrucche, violenza e bugie, con una coppia fighissima di agenti del Kgb che vivono da americani, hanno due figli e un’agenzia di viaggio, e quando ricevono ordini in codice da Mosca corrono giù in lavanderia, preparano quel che serve per la missione, i vestiti e le armi e le macchinine fotografiche per poi trasmettere documenti sulle bombe atomiche americane, salutano i bambini, “magari facciamo un po’ tardi stasera, non guardate troppa televisione”, e vanno ad ammazzare qualcuno. Questa serie tv iniziata l’anno scorso negli Stati Uniti e ora a metà della seconda stagione dava il senso di un periodo storico, gli anni Ottanta, la Guerra fredda, con i colpi di scena più spietati che vanno bene per i nostri occhi che ormai vedono di tutto, ma con quel senso di sollievo che provi quando ti svegli da un incubo: ehi, il Muro è caduto. Gli autori dicono che sono stati ispirati dal giro di spie russe scoperto nel 2010 in America, ma nessuno di loro si è sognato di ambientarlo negli anni Duemila, “The Americans”: che sarà mai un gruppetto di spie che si è fatto pure beccare rispetto a quel sistema di “sleepers”, di agenti in sonno che venivano attivati all’occorrenza, devoti alla causa che terrorizzava gli Stati Uniti ai tempi di Reagan? Non avrebbe avuto senso, la Russia non è l’Urss, non fa più così paura. Poi è arrivata la crisi ucraina, con l’annessione della Crimea e con la volontà putiniana di ritornare a prima del 1989, e “The Americans” è diventata la serie da non perdere, la prova di come le differenze culturali, le sfide internazionali, le informazioni malinterpretate e la paranoia possano portare alla fine del mondo.
    Elizabeth e Phillip sono i Jennings, la mamma e il papà di Paige e Henry, abitano di fronte a un agente dell’Fbi che dopo tante missioni è tornato alla sede centrale per l’incarico più importante: stanare le spie russe sul territorio americano. Non sa che i vicini sono le persone che sta cercando, ma nemmeno Paige e Henry sanno che i loro genitori sono russi, sono stati formati da giovani a picchiare e uccidere (la mamma è stata anche violentata da un generale sovietico che le insegnava a resistere al dolore), hanno eliminato ogni inflessione straniera dal loro inglese, sono stati messi assieme e novelli sposi che non si conoscevano sono stati spediti in America. La doppia vita degli agenti del Kgb è tripla e quadrupla, Phillip ha una seconda moglie che fa la segretaria del capo dell’Fbi e che gli racconta, senza sapere di parlare con il nemico, quel che succede in ufficio; Elizabeth usa il sesso per ottenere qualsiasi informazione, seduce e ammazza con la stessa calma e la stessa decisione, perché è lei la più convinta. Lui dice ma chi ce lo fa fare, qui stiamo bene, la vita in America non è affatto male, i bambini crescono allegri, guardano le stelle, mangiano gelati, perché dobbiamo continuare a rischiare la pelle? E lei gli dice che non tradirà mai la sua patria, che se lui vuole farlo lei sarà costretta a denunciarlo o ucciderlo, non è senso del dovere, è che i sovietici sono moralmente superiori agli americani. E crescere i figli in America? “Noi abbiamo dei valori – dice Elizabeth – Loro non hanno niente, hanno questo consumismo e basta”. Poi la figlia inizia a voler capire, e quando la spia ce l’hai in casa e ripeti: dobbiamo fidarci l’uno dell’altro, ma sei il primo a non farlo, capisci che basta un attimo perché la Guerra fredda sia di nuovo qui, anche se non indossa più maglioni con le spalle imbottite.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi