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Come ci si sposa e (soprattutto) come si tradisce

Giulia Pompili

Emile Zola nel 1876 fa riferimento all’annosa quaestio dell’amore alle prese con la modernità, con la Rivoluzione industriale e gli affari, con la frenetica vita di fine Ottocento. E l’oriente oggi vive più di ogni altro posto nel mondo questa difficoltà. L’Asia della rivoluzione tecnologica, dell’abnegazione nei confronti della propria occupazione – il karōshi, la morte per eccesso di lavoro – come si comporta nei confronti del sesso? Un sito di incontri per relazioni extraconiugali ci suggerisce alcune risposte.

     

     

    “Nel Seicento l’amore, in Francia, è un signore impennacchiato, magnificamente vestito, che entra nei saloni preceduto da una musica grave. Obbedisce a un complicatissimo cerimoniale e non osa fare un passo senza che esso sia stabilito in anticipo. D’altra parte, esso rimane perfettamente nobile, di una tenerezza ponderata e di un’onesta gioia. Nel Settecento l’amore è un discolo che diventa sguaiato. Gli piace come ride, per il piacere di amare e di ridere, pranzando con una bionda, cenando con una mora, trattando le donne come delle dee generose le cui mani aperte distribuiscono il piacere a tutti i suoi devoti. Un alito di voluttà passa su tutta la società, conduce il ballo delle pastorelle e delle ninfe, scollature frementi sotto i merletti: epoca adorabile in cui la carne fu regina, grande godimento il cui respiro lontano ci giunge ancora tiepido, con l’odore dei capelli sciolti. Nell’Ottocento l’amore è un ragazzo a posto, corretto come un notaio, con delle rendite dallo stato. Entra in società oppure vende qualcosa in fondo a una bottega. La politica lo impegna, gli affari prendono le sue giornate, dalle nove del mattino alle sei di sera. Quanto alle notti, le dedica al vizio pratico, a un’amante che paga o a una sposa legittima che lo paga”.

    Nel 1876 Emile Zola collaborava con un giornale russo, Le messager de l’Europe. Raccontava ai russi la vita parigina, e nel 1876 pubblicò “Come ci si sposa” (in Italia edito da Manifestolibri, 94 pp., 14 euro), la vita amorosa di quattro coppie provenienti da quattro diverse condizioni sociali. Prosegue Zola nell’introduzione: “Così dunque, l’amore eroico del Seicento, quello sensuale del Settecento, è diventato l’amore materiale raffazzonato, come un contratto di Borsa. Ho sentito recentemente un industriale lamentarsi del fatto che non si fosse ancora inventata una macchina per fare i bambini”. Una critica alla modernità asessuata, la sua, e con riscontri storici: “Il giorno in cui una macchina amerà al posto loro, i grandi lavoratori del secolo, quelli che danno tutti i loro minuti all’attività moderna, risparmieranno tempo, rimarranno più aspri e più virili nella battaglia della vita. Dalla formidabile scossa della Rivoluzione, gli uomini, in Francia, non hanno ancora ritrovato il tempo di pensare alle donne. Sotto Napoleone I, il cannone impediva agli amanti di sentirsi. Durante la Restaurazione e durante la Monarchia di luglio, un desiderio furibondo di arricchirsi si è impadronito della società. Infine, il regno di Napoleone III non ha fatto che aumentare gli appetiti di denaro senza portare neppure un vizio originale, una nuova depravazione”.
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    Ma c’è ancora un’altra causa, oltre la guerra, oltre la devozione al dio denaro, che compromette la capacità degli uomini e delle donne di amarsi: “La scienza, il vapore, l’elettricità, tutte le scoperte di questi ultimi cinquant’anni. Bisogna vedere l’uomo moderno, con le sue molteplici occupazioni, che vive fuori, divorato dalla necessità di conservare le sue ricchezze e di accrescerle, l’intelligenza presa da problemi sempre nuovi, la carne addormentata per la fatica della sua battaglia quotidiana, divenuto egli stesso un semplice ingranaggio della gigantesca macchina sociale in piena attività. Ha delle amanti, così come si hanno dei cavalli, per tenersi in esercizio. Se si sposa è perché il matrimonio è diventato un’operazione come un’altra e se ha dei figli è perché sua moglie li ha voluti”. Ecco, la breve introduzione di Zola fa riferimento all’annosa quaestio dell’amore alle prese con la modernità, con la Rivoluzione industriale e gli affari, con la frenetica vita di fine Ottocento. E l’oriente oggi vive più di ogni altro posto nel mondo questa difficoltà. L’Asia della rivoluzione tecnologica, dell’abnegazione nei confronti della propria occupazione – il karōshi, la morte per eccesso di lavoro – come si comporta nei confronti del sesso?  La verità è che lì, in oriente, semplicemente il problema non si era mai posto. O meglio, era vissuto diversamente.

    In Giappone l’arte dell’amore sublime è raccontata nella storia di Genji, il “Genji monogatari”, un romanzo dell’XI secolo scritto dalla dama Murasaki Shikibu al servizio dell’imperatrice Shoshi durante il periodo Heian (meravigliosa l’edizione dello scorso anno di Einaudi, tradotta per la prima volta dal giapponese antico all’italiano da Maria Teresa Orsi, LVI pp., 90 euro). Genji è il principe splendente, che non abbandona mai le sue molte mogli e le sue molte concubine, e le ama tutte, con responsabilità e poesia. Genji è l’ideale di uomo giapponese ancora oggi che non esiste più la poligamia e che i valori matrimoniali sono alla base della cultura nazionale. O almeno lo erano, fino a poco tempo fa, fino a quando cioè Ashley Madison, il celebre sito per organizzare incontri extraconiugali, è sbarcato in Asia. E ha tirato fuori un problema anzitutto culturale. “Life is short, have an affair”, dice lo slogan del portale che ha 25 milioni di utenti nei 37 paesi in cui è attivo e che mette in contatto persone sposate per intraprendere relazioni. Il tutto garantendo un servizio di privacy impeccabile. In Giappone, a otto mesi dal lancio del sito, si erano già registrate un milione di persone. Il rapporto con il sesso dei giapponesi è controverso, da una parte una progressiva “perdita di desiderio” ha investito gli ultimi decenni – tanto che, secondo un’indagine del ministero della Salute del 2011, il 34,6 per cento delle coppie sposate non hanno rapporti sessuali. D’altra parte il Giappone è la patria degli Shunga, le xilografie erotiche del periodo Edo, dei soapland (locali d’incontro con le prostitute), e dei love hotel.

    Secondo l’Associated press, la classe sociale che fa crescere un business come quello dei siti d’incontri è quella dei salarymen giapponesi, che lavora molte ore e cerca soddisfazioni immediate, specie nel sesso. “Se hai successo nella Silicon Valley puoi comprarti un jet privato, qui in Giappone non ci sono molti modi per divertirsi”, dice il giornalista Nobuyuki Hayashi all’Ap. Noel Biderman, amministratore dell’Ashley Madison, non si sente in colpa quindi. Secondo un sondaggio della sua società, il 55 per cento delle donne intervistate e il 51 per cento degli uomini ha detto di cercare un partner su un sito d’incontri perché “non fa abbastanza sesso”, e solo il 2 per cento delle donne e l’8 per cento degli uomini si sentono in colpa per il sesso extraconiugale. L’84 per cento delle donne giapponesi ritiene che il tradimento sia un valore aggiunto per il matrimonio.

    Lo scorso marzo Ashley Madison è stato lanciato anche in Corea del sud, dove però il tradimento è punito con una pena che arriva fino ai due anni di prigione. Si va in galera, per una scappatella, in base alla legge sull’adulterio del 1953, di cui più volte la Corte costituzionale di Seul ha confermato la legittimità. La punibilità dell’adulterio è condizionata a una denuncia del coniuge che deve essere accompagnata dalla domanda di divorzio. Eppure, in una settimana, sul sito per l’adulterio più famoso del mondo si sono registrati 46 mila sudcoreani, e la Commissione coreana per gli standard della comunicazione (Kcsc) vigila attentamente sulle conseguenze delle attività. “L’infedeltà fa parte della cultura asiatica esattamente come di qualsiasi altra cultura”, dice Biderman all’Afp. E però a Singapore, per esempio, a novembre l’accesso al sito è stato bloccato perché viola “i valori familiari e la pubblica morale”. Chissà cosa avrebbe detto dell’Ashley Madison Emile Zola.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.