Speciale online 13:00

Così in Cile il terremoto fa crollare le riforme di Bachelet

Maurizio Stefanini

La promessa di Michelle Bachelet era di realizzare 56 riforme nei primi 100 giorni di governo durante il suo secondo mandato da Presidente del Cile. Anche più di Matteo Renzi, ma forse il terremoto ha già fatto saltare il sogno. Che Michelle non abbia molta fortuna con i sismi, d’altronde, lo si  era capito sin dalla scossa di 8,8 gradi della scala Richter che aveva colpito il Cile il 27 febbraio 2010, 12 giorni prima il suo passaggio delle consegne con Sebastián Piñera. La scossa di 8,2 dello scorso primo aprile si è verificata 20 giorni dopo la restituzione della fascia presidenziale da parte dello stesso Piñera. Va bene che il Cile è zona sismica, ma ci sono statisti che si sono visti appioppare la nomea di jettatori per molto meno.

    La promessa di Michelle Bachelet era di realizzare 56 riforme nei primi 100 giorni di governo durante il suo secondo mandato da Presidente del Cile. Anche più di Matteo Renzi, ma forse il terremoto ha già fatto saltare il sogno.

    Che Michelle non abbia molta fortuna con i sismi, d’altronde, lo si  era capito sin dalla scossa di 8,8 gradi della scala Richter che aveva colpito il Cile il 27 febbraio 2010, 12 giorni prima il suo passaggio delle consegne con Sebastián Piñera. La scossa di 8,2 dello scorso primo aprile si è verificata 20 giorni dopo la restituzione della fascia presidenziale da parte dello stesso Piñera. Va bene che il Cile è zona sismica, ma ci sono statisti che si sono visti appioppare la nomea di jettatori per molto meno.

    Ciononostante, in questi quattro anni le vittime sono scese da 550 a 7, di cui tre per infarto, una per incidente durante l’evacuazione, una per escursione termica durante una notte trascorsa al freddo, e solo due per via dei crolli. Facendo il parallelo con gli almeno 100 mila morti provocati un mese mezzo prima da un sisma di appena 7 gradi ad Haiti, il Wall Street Journal ha lodato la superiore cultura anti-sismica del Cile. Merito evidentemente anche dei quattro anni di Piñera, ma anche del fatto che stavolta le norme anti-sismiche sono state rispettate, a differenza di quanto accaduto nel 2010, quando i crolli avevano devastato anche le aree più eleganti di Santiago. Ha funzionato anche il sistema di allarme anti-tsunami della Marina e non si è avuta paura di evacuare un milione di cileni, sfruttando schemi collaudati con esercitazioni. Così come non c’è stata alcuna remora, stavolta, nell’affidare ai militari le zone sinistrate, in modo da evitare l’ondata di saccheggi come accaduto nel 2010.   
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    Bravo Piñera, dunque, ma brava anche Michelle, che dalla Moneda ha monitorato i soccorsi con continuità. Purtroppo però, le scosse continuano e causano ritardi nella consegna degli aiuti. E dopo i primi plausi, varie centinaia di persone nella zona di Iquique hanno iniziato a protestare, attraverso picchetti, interruzioni stradali e disordini. Presso Alto Hospicio, a 10 km da Iquique, il caso di una neonata di soli sei giorni di vita, costretta in una tenda dopo il crollo della sua casa e deceduta per il freddo, ha destato particolare scalpore. Con proteste bipartisan sono stati presi di petto sia il ministro dell’Interno Rodrigo Peñalillo che il sindaco oppositore Ramón Galleguillos, cui è stato chiesto entro 48 ore di risolvere le emergenze e versare un sussidio di almeno 600 dollari a famiglia danneggiata.   

    Intanto, il programma delle 56 riforme in soli 100 giorni è con ogni probabilità già saltato. “Può essere che ci vorrà un po' più di tempo perché bisognerà dedicare più sforzi alle opere di ricostruzione e riabilitazione”, ha ammesso Bachelet dopo aver presieduto un Consiglio dei ministri di emergenza. Tra i temi caldi, la riforma dell’educazione, quella tributaria, la creazione di un fondo pensionistico statale, protezione sociale, lavoro e sicurezza pubblica e la decentralizzazione.

    Terremoto a parte, a consigliare prudenza sono anche la caduta del prezzo del rame, il rallentamento dell’economia, la crescente inflazione, il forte aumento dei prezzi dell’energia e la minaccia di sospensione dell’importante progetto idroelettrico di Aysén. Quest’ultimo, in cui è parte in causa l’Enel attraverso la controllata Endesa, assicurerebbe oltre un quinto del fabbisogno energetico nazionale, ma all’appoggio delle principali forze politiche si contrappone una protesta ambientalista appoggiata da un fronte che va dallo scrittore Luis Sepúlveda al complesso degli Inti-Illimani passando per il New York Times.