Spaccature americane
Pentagono e leadership civile litigano sui droni e sulla strategia in Siria
Dentro il governo americano c’è una spaccatura profonda tra civili e militari sui temi della politica estera, della lotta al terrorismo e della possibilità di intervenire contro il presidente siriano Bashar el Assad. Ne parlano il New York Times e il Wall Street Journal, citando due questioni separate. Il primo giornale scrive che l’Amministrazione Obama ha proibito al Pentagono – temporaneamente – di bombardare ancora in Yemen, dopo che in dicembre un drone ha colpito per errore un corteo matrimoniale scambiato per un convoglio di al Qaida. Le operazioni militari con i droni sul paese della penisola araba sono gestite dal Jsoc – il comando per le operazioni speciali – e partono da una base militare a Gibuti, sulla costa africana dirimpetto. Non si sa quando e se riprenderanno.
Dentro il governo americano c’è una spaccatura profonda tra civili e militari sui temi della politica estera, della lotta al terrorismo e della possibilità di intervenire contro il presidente siriano Bashar el Assad. Ne parlano il New York Times e il Wall Street Journal, citando due questioni separate. Il primo giornale scrive che l’Amministrazione Obama ha proibito al Pentagono – temporaneamente – di bombardare ancora in Yemen, dopo che in dicembre un drone ha colpito per errore un corteo matrimoniale scambiato per un convoglio di al Qaida. Le operazioni militari con i droni sul paese della penisola araba sono gestite dal Jsoc – il comando per le operazioni speciali – e partono da una base militare a Gibuti, sulla costa africana dirimpetto. Non si sa quando e se riprenderanno.
L’Amministrazione però non ferma le operazioni con i droni della Cia. Gli aerei senza pilota dei servizi segreti – un’agenzia non-militare – continuano a decollare da una base segreta in Arabia Saudita e a colpire in Yemen. E’ esattamente l’opposto di quanto si diceva sarebbe accaduto un anno fa, quando fu annunciato che la guerra con i droni sarebbe stata trasferita dalla Cia al Pentagono. Lo stesso direttore dell’agenzia, John Brennan, disse che era un passo necessario per rispondere alle critiche pubbliche sulla guerra con i droni, considerata troppo opaca e senza un meccanismo chiaro di responsabilità, e alle critiche sulla trasformazione dei servizi segreti in un’agenzia paramilitare dopo l’11 settembre. Il governo Obama voleva dare un segnale di trasparenza e cambiamento rispetto al passato, invece i servizi segreti nel loro attuale assetto ibrido (quindi non soltanto raccolta d’informazioni) si stanno dimostrando ancora indispensabili per la politica estera. Nello stesso articolo si ricorda che il Pakistan ha detto al governo americano di poter tollerare i bombardamenti con i droni soltanto se gestiti dalla Cia (il New York Times è tradizionalmente più vicino ai servizi segreti che al Pentagono, nel senso che ha fonti più veloci e disponibili dentro l’intelligence).
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La seconda spaccatura è sulla Siria. Lunedì fonti della Difesa israeliana hanno confermato che l’esercito siriano ha di nuovo usato agenti chimici contro i ribelli – questa volta però non letali, ma soltanto incapacitanti – a Harasta, vicino Damasco, il 27 marzo. Il segretario di stato, John Kerry, vorrebbe che il Pentagono fosse più aggressivo sulla questione siriana e usasse le forze speciali per fornire addestramento e materiale bellico a gruppi scelti dell’opposizione – ed è appoggiato dall’ambasciatore americano alle Nazioni Unite, Samantha Power. Ma i militari nicchiano, dicendo che è necessario aspettare almeno che il governo siriano finisca di consegnare l’arsenale di armi chimiche – Damasco è molto in ritardo sui tempi previsti dall’accordo di settembre 2013. Negli incontri alla Casa Bianca il segretario alla Difesa, Chuck Hagel, e il capo di stato maggiore, Martin Dempsey, resistono a ogni ipotesi di coinvolgimento maggiore nella crisi siriana, scrive il Wall Street Journal che ha sentito fonti in entrambi i campi. “Il disaccordo tra un dipartimento di stato falco e un Pentagono colomba è l’ultimo capitolo nell’agonizzante dibattito sulla Siria che va avanti da tre anni dentro l’Amministrazione”.
Kerry sostiene che se avesse l’appoggio di un coinvolgimento militare americano, la sua attività diplomatica sarebbe più credibile. Così, invece, arranca. L’estrema e visibilissima riluttanza del Pentagono svuota di significato i suoi incontri con gli alleati e le minacce ai nemici. Il fatto che Assad ricorra di nuovo all’uso di sostanze chimiche, dopo la grande paura di uno strike americano alla fine di agosto 2013, potrebbe dare ragione a Kerry.
In questo momento anche la linea minimalista del governo americano sulla questione siriana – l’addestramento in piccoli numeri di ribelli siriani in una base in Giordania – è gestita dalla Cia, per la stessa ragione per cui anche il Pakistan vuole che la guerra con i droni sia gestita dall’intelligence: perché il governo di Amman teme che la presenza dei militari sarebbe troppo ingombrante e imbarazzante. Ma la Cia ha capacità di addestramento assai ridotte rispetto al Pentagono. Reuters ha scritto venerdì scorso che il programma di addestramento americano sta per espandersi. Secondo Charles Lister, analista del Brookings Doha Center, il numero di uomini addestrati ogni mese passerà da cento a seicento – ancora troppo pochi per uguagliare le fazioni ribelli più potenti (esclusi lo Stato islamico e la Jabhat al Nusra, che sono sulla lista dei gruppi terroristi).
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