
De bello comico
Con il Cav. ai servizi sociali potremo goderci l'ultimo atto di Amici miei
Ai servizi sociali, tra anziani disabili. E subito torna il canone della commedia. Il canovaccio è pronto. E se davvero, a Silvio Berlusconi, toccherà questa scena, già sembra di sentire nella sua disavventura – non senza un cambio di registro linguistico, dal toscano al brianzolo – il celeberrimo discorso del professore Alfeo Sassaroli. E’ giusto “Amici miei. Atto III”, per la precisione. E così come del “Padrino” non si butta niente (perfino l’atto III del film di Francis Ford Coppola è bellissimo), a maggior ragione non ci si può privare del capolavoro progettato nel 1974 da Pietro Germi, proseguito da Mario Monicelli e poi concluso da Nanni Loy, ultimo capitolo nel quale lo zenit comico è svelato nella scena del ricco burlone.
Ai servizi sociali, tra anziani disabili. E subito torna il canone della commedia. Il canovaccio è pronto. E se davvero, a Silvio Berlusconi, toccherà questa scena, già sembra di sentire nella sua disavventura – non senza un cambio di registro linguistico, dal toscano al brianzolo – il celeberrimo discorso del professore Alfeo Sassaroli.
E’ giusto “Amici miei. Atto III”, per la precisione. E così come del “Padrino” non si butta niente (perfino l’atto III del film di Francis Ford Coppola è bellissimo), a maggior ragione non ci si può privare del capolavoro progettato nel 1974 da Pietro Germi, proseguito da Mario Monicelli e poi concluso da Nanni Loy, ultimo capitolo nel quale lo zenit comico è svelato nella scena del ricco burlone.
Il professore Sassaroli, illustre chirurgo, già proprietario di una clinica, compra l’ospizio dov’è ricoverato e stravolge l’andazzo della casa di riposo. Entra nella sala dove sono riuniti gli assistiti e, beffardo, si annuncia così: “Essendomi accorto in tempo di essere rincoglionito come lor signori…”. Entra accompagnandosi a due sventole, le sue assistenti. Entra, caccia via le monache, e fa felici tutti gli ospiti.
E’ tutto un De Bello Comico il racconto del Berlusconi. Con un cognome perfetto per un romanzo di Piero Chiara (tanto è vero che c’è, ne “La Stanza del Vescovo”, un dott. Berlusconi…), il Cav. che le ha attraversate tutte le maschere e le comparazioni (dal Caimano all’Elisir d’Amore), da oggi può ben far propria l’allocuzione con cui Sassaroli celebra l’apoteosi di capovolgimento di una dannazione o condanna che dir si voglia. Cambiata la gestione dell’ospizio, arriva lui: “Ho deciso di alienare la clinica di mia proprietà e ho acquistato questa ignobile baracca per essere dunque proprietario nonché direttore”.
Arriva e dà disposizioni, Sassaroli. Tutto cambia e, per come si presenta, in abito scuro, panama bianco, occhiali da sole e sciarpa bianca da gran signore, proclama: “Molte cose debbono cambiare. E sarò inflessibile”. La scena prepara il crescendo nella coralità. Gli anziani, fra loro tanti disabili, temono il colpo di scena (“state freschi con quello lì”, dice l’ex direttrice-satrapa, “mi rimpiangerete!”). E la sorpresa, infatti, si dipana in una sorta di foglio d’ordini. 1) La chiave del portone, a tutti. “A condizione”, spiega Sassaroli, “che nessuno ritorni prima delle tre di notte”. 2) Divieto di ubriacarsi meno di tre volte la settimana. 3) Divieto di cessare gli schiamazzi notturni prima dell’alba. 4) Cene e veglioni mascherati, almeno uno al mese. 5) L’assistenza, infine. Affidata a giovani ed esperte infermiere. Sassaroli presenta, intanto, le sue assistenti, chiamate a sostituire le suore.
Ecco “la signorina Veruska, mio braccio destro” dice Sassaroli compiaciuto mentre il Conte Mascetti, ossia Ugo Tognazzi, spiega ai ricoverati: “E’ quella che gli fa le seghe”. Quindi “la signorina Marine, mio braccio sinistro…”, prosegue il neo-direttore mentre Mascetti, ancora una volta, precisa: “… ma solo perché è mancina”.
Eleganti, con filo di perle, seduttive, Veruska e Marine accompagnano il professor Sassaroli. Ai servizi sociali. Tra anziani e disabili. E poiché il canone della commedia è cinico e di grassa grana, anche badare agli anziani non risulterà gran pena perché a soccorrere Berlusconi, nel destino baro, verrà forse lo spirito di quei magnifici bischeri. Solo che, certo, patirà la grande differenza tra lui e Sassaroli: aver fatto affidamento solo a se stesso, mai a un altro che, rivelandosi amico, trasformasse in calore la tragica malinconia di tutto quel magnifico ridere.


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