Veti, riforme e direzione
Ichino spiega come Renzi può far cambiare verso ai sindacati
Ci sono numeri che urlano e numeri che urlano un po’ meno. I sindacati confederali, compresa la Cgil di Susanna Camusso, in generale hanno promosso con qualche riserva il Documento di economia e finanza (Def) presentato dal governo Renzi martedì – il messaggio di una riduzione delle diseguaglianze tra cittadini e politica ed establishment è passato – ma aspettano di vedere le “coperture” derivanti per la maggiore parte da 4,5 miliardi di riduzione della spesa pubblica del commissario Carlo Cottarelli. Gli economisti si sono concentrati sui decimali del pil (crescita dello 0,8 per quest’anno, quando il governo precedente stimava l’1,1; bagno di realtà statistica a Palazzo Chigi).
Ci sono numeri che urlano e numeri che urlano un po’ meno. I sindacati confederali, compresa la Cgil di Susanna Camusso, in generale hanno promosso con qualche riserva il Documento di economia e finanza (Def) presentato dal governo Renzi martedì – il messaggio di una riduzione delle diseguaglianze tra cittadini e politica ed establishment è passato – ma aspettano di vedere le “coperture” derivanti per la maggiore parte da 4,5 miliardi di riduzione della spesa pubblica del commissario Carlo Cottarelli. Gli economisti si sono concentrati sui decimali del pil (crescita dello 0,8 per quest’anno, quando il governo precedente stimava l’1,1; bagno di realtà statistica a Palazzo Chigi). Eppure ci sono delle altre cifre, degli altri decimali che sono in crescita e sono ben più significativi per la stagnante economia italiana: il governo ha messo nero su bianco che la produttività del lavoro tornerà a crescere nei prossimi anni e si sbloccherà da una condizione di stasi pluriennale. Secondo il Def, la produttività del lavoro scatterà dallo 0 per cento del 2013 all’1 per la fine dell’anno in corso e via via s’attesterà sullo 0,6-0,7-0,8-0,9 al 2018. Insomma decimali, ma decimali che contano se è vero come scrive l’esecutivo nel Def che “la performance molto bassa della produttività sta alla base dell’annoso declino della crescita italiana”. Come fare? Il governo, sempre nel Def (che rappresenta anche un manifesto della Renzinomics), ha annunciato l’intenzione di rafforzare la contrattazione decentrata, cioè a livello aziendale, in contrapposizione con quella nazionale vigente nella maggiore parte dei settori industriali. Un modello del lavoro simile a quello suggerito dall’ad di Fiat Sergio Marchionne, che, respinto, lasciò Confindustria.
Modello tedesco in azienda Pietro Ichino, giuslavorista e senatore di Scelta civica, da tempo consultato da Renzi, dice al Foglio che “per questo è necessaria innanzitutto una legge molto semplice, destinata ad applicarsi in tutte le situazioni nelle quali gli accordi interconfederali del giugno 2011 e del maggio 2013 non si applicano, che contenga all’incirca gli stessi princìpi e regole, attribuendo loro portata universale e rassicurando tutti gli operatori sulla stabilità di questa nuova disciplina”. In sostanza un ribaltamento totale delle relazioni industriali italiane: Ichino è favorevole a una contrattazione decentrata laddove non esiste il secondo livello. Ma – diversamente rispetto all’impostazione dell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che dava la possibilità di derogare al contratto nazionale e alla legge (art. 8 della Finanziaria 2011) – nella concezione di Ichino, in un contesto di industria diffusa (cioè con una miriade di piccole e piccolissime imprese), il contratto aziendale andrebbe ad assumere maggiore rilevanza di quello nazionale prevalendo su di esso, e il cosiddetto “secondo” livello diventerebbe di fatto il primo, vero, livello di contrattazione ovunque possibile. “In questo modo – dice Ichino – verrà sancito come principio generale quello, già vigente da più di un decennio in Germania, secondo cui il contratto aziendale stipulato da una coalizione sindacale che abbia i necessari requisiti di rappresentatività maggioritaria prevale sul contratto collettivo di livello superiore. E’ quello che, con gli altri senatori di Scelta civica, ho proposto con il disegno di legge 5 agosto 2013 n. 983: tre articoli brevi e semplici, attenti a non sostituire l’accordo interconfederale ma soltanto a rafforzarne l’applicazione e a coprire le situazioni che esso non riesce a coprire. E la produttività? Secondo Ichino “oltre alle misure già prese sulla detassazione del salario di produttività bisogna fare camminare il disegno di legge bipartisan n. 1055 (Nuovo centrodestra, Scelta Civica, Pd) in corso di discussione in commissione Lavoro al Senato, mirato a incentivare – senza mai imporle – le forme di partecipazione dei lavoratori nell’impresa, che prevede tra l’altro un trattamento fiscale di favore per la partecipazione azionaria dei lavoratori e per la loro partecipazione agli utili”. Tra le riforme renziane che “vanno nella direzione giusta della flessibilizzazione del mercato” c’è un cavallo di battaglia del giuslavorista, cioè i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti per “rendere più appetibile per le aziende l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori”, ma oggetto di “veto” da parte dell’ala sinistra del Pd in sede di elaborazione del cosiddetto decreto Poletti, ora in discussione alla Camera. Ichino ha proposto un emendamento per convincere pure gli scettici e probabilmente sarà relatore del decreto in Senato.
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