Il cassaintegrato in nero nel cuore nero del Veneto che lavora
Non era mai successo prima. Non così, non nel cuore di quello che è stato per lunghi anni l’Eldorado dell’operoso nord-est. Quasi un segno del peso dello spirito dei tempi sul mercato del lavoro, di cui è praticamente impossibile disegnare in modo lineare i sommovimenti. A Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, tre giorni fa la Guardia di Finanza ha fatto un blitz in un’azienda di carpenteria, dove lavoravano per dieci ore al giorno 143 operai cassaintegrati e altri 8 senza contratto. Una frode all’Inps di 350 mila euro, di una tale portata simbolica da far commentare al comandante provinciale della Finanza, il colonnello Giuseppe Di Maio, sconcertato: “E’ la prima volta che scopriamo una truffa sulla cassa integrazione di queste dimensioni”.
Non era mai successo prima. Non così, non nel cuore di quello che è stato per lunghi anni l’Eldorado dell’operoso nord-est. Quasi un segno del peso dello spirito dei tempi sul mercato del lavoro, di cui è praticamente impossibile disegnare in modo lineare i sommovimenti. A Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, tre giorni fa la Guardia di Finanza ha fatto un blitz in un’azienda di carpenteria, dove lavoravano per dieci ore al giorno 143 operai cassaintegrati e altri 8 senza contratto. Una frode all’Inps di 350 mila euro, di una tale portata simbolica da far commentare al comandante provinciale della Finanza, il colonnello Giuseppe Di Maio, sconcertato: “E’ la prima volta che scopriamo una truffa sulla cassa integrazione di queste dimensioni”. In Veneto, si intende. E infatti l’indagine è stata battezzata in modo sarcastico “Ammortizzatori di ferro”. Quasi una metafora delle storture che avvengono fra le pieghe degli ammortizzatori sociali (già accennate nel precedente articolo, ndr), e ora inverate da un fatto di cronaca giudiziaria che racconta l’altra faccia della medaglia dei dati ufficiali sulla (dis)occupazione.
E cioè una diversa occupazione, che si cela dietro la perdita dei posti di lavoro full-time. Un segnale di allarme, ma anche un indicatore delle attuali dinamiche del mercato del lavoro, in una regione dinamica di piccola e media impresa, dove il tasso di disoccupazione ufficiale è del 7 per cento (quasi la metà rispetto alla media nazionale del 13), e dove chi perde il lavoro quasi sempre lo ritrova a tutti i costi, anche a costo di imbrogliare le carte, sotto altre spoglie. Infatti ogni giorno, alla Confartigianato della Marca trevigiana, arrivano segnalazioni di lavoratori che trovano modi irregolari (o anche fraudolenti) per rioccuparsi. Come conferma al Foglio il suo presidente, Mario Pozza, che sta denunciando vari casi di lavoratori sussidiati e ammortizzati, che accettano e cercano di lavorare in nero. “Il sistema degli ammortizzatori sociali ha avuto un ruolo determinante per evitare la disgregazione sociale”, spiega Paolo Reboani, presidente di Italia Lavoro, l’agenzia che promuove politiche attive a favore dell’occupazione per conto del ministero dell’Economia, “ma ora va rivisto perché ha un lato oscuro, che permette ai disoccupati di lavorare al di fuori delle leggi del mercato. E’ urgente concentrarsi sulle politiche attive, sulla formazione: compito più arduo, ma necessario per eliminare le storture degli ammortizzatori sociali, altrimenti, considerata la contrazione del mercato del lavoro, salteranno gli equilibri sociali e pagheremo un prezzo molto alto”.
Nel frattempo però in Veneto, per la prima volta, l’allarme sociale per il lavoro sommerso cresce. Anche se – analizzando i dati dell’osservatorio dell’agenzia regionale di Veneto Lavoro, che studia le politiche occupazionali – anche nel nord-est la disoccupazione va riletta, senza cedere alle semplificazioni. Perché se è vero che ufficialmente nel 2013 ci sono state il 25 per cento delle aziende che hanno ristretto drasticamente la loro forza lavoro, è anche vero che il 20 per cento delle aziende che hanno assunto di più. Il saldo è negativo, certo, ma il risultato non così stagnante. E se è vero che ci sono 171 mila disoccupati, è anche vero che lì dentro, in quella cifra, ci sono pure i lavoratori stagionali. E ancora: sebbene nel 2013 ci sia stata una netta flessione della domanda di lavoro (meno 11 per cento di assunzioni per i contratti full-time) c’è stato “un dinamismo per quelli a termine”, si legge nel rapporto 2014 pubblicato a marzo. Con 116 mila nuove assunzioni (8,2 per cento in più) e 200 mila part-time, che rappresentano il 32,2 di tutti i contratti avviati. “Fra gli iscritti nelle liste di mobilità nei centri per l’ impiego, il 25 per cento dei disoccupati lavora”, osserva il direttore di Veneto Lavoro, Sergio Rosato: “Ossia trovano un lavoro, non a tempo indeterminato e perciò mantengono lo stato di disoccupazione. Nel 2013 c’erano 20 mila occupati, ma disoccupati sotto il profilo amministrativo. In ogni caso, in 40 anni di attività, non ho mai visto un disoccupato che rifiuti una ricollocazione a cui sia stato tolto il sussidio”. Morale: il fenomeno del lavoro sommerso dei sussidiati è lì da vedere. Anche in Veneto, non solo a sud.
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