Nuovi assalti a Donetsk

Con la Russia, l'Europa punta alla “de-escalation” e Kiev si sente tradita

Paola Peduzzi

Gli ucraini avevano dato tempo fino a ieri mattina ai manifestanti pro russi per lasciare i palazzi assaltati nell’est dell’Ucraina – nella provincia di Donetsk, terra di minatori al confine con la Russia – ma l’occupazione continua. Anzi s’allarga, come dimostra l’attacco alla stazione della polizia di Horlivka (in russo Gorlovka): il comandante del gruppo, in mimetica senza segni di riconoscimento (sono noti come “i piccoli uomini verdi”), ha detto di essere un colonnello dell’esercito russo. L’attacco era pianificato: un cameraman della zona è stato contattato ieri mattina dalla tv di stato russa che gli ha chiesto di filmare quel che stava per accadere.

    Gli ucraini avevano dato tempo fino a ieri mattina ai manifestanti pro russi per lasciare i palazzi assaltati nell’est dell’Ucraina – nella provincia di Donetsk, terra di minatori al confine con la Russia – ma l’occupazione continua. Anzi s’allarga, come dimostra l’attacco alla stazione della polizia di Horlivka (in russo Gorlovka): il comandante del gruppo, in mimetica senza segni di riconoscimento (sono noti come “i piccoli uomini verdi”), ha detto di essere un colonnello dell’esercito russo. L’attacco era pianificato: un cameraman della zona è stato contattato ieri mattina dalla tv di stato russa che gli ha chiesto di filmare quel che stava per accadere. Dopo i soliti vetri infranti, gli scontri, lo smarrimento della gente fuori che guarda e non sa più cosa augurarsi, sventolava la bandiera della Repubblica popolare di Donetsk. I soldati di Kiev pronti a una grande “operazione anti terrorismo” – come da annuncio del presidente ad interim, Olexander Turchynov  – non erano ancora arrivati. In questa discrepanza di tempi e di modi sta l’essenza della crisi ucraina – Kiev, con l’occidente, annuncia e minaccia; Mosca fa, e conquista. Matthew Kaminski, firma del Wall Street Journal, scrive che la risolutezza del presidente russo, Vladimir Putin, è ben più incisiva della strategia di “de-escalation” che Stati Uniti e Unione europea applicano nei confronti della Russia (questo è il tema dell’incontro tra europei e russi previsto a Ginevra il 17 aprile). Il sentimento predominante a Kiev è la paura di essere traditi dai propri alleati. Da giorni gli ucraini sentono alla radio comunicati in cui il ministero della Difesa chiede fondi (che si possono elargire inviando un sms): non può andare come in Crimea, dicono a Kiev.

    Il presidente Turchynov ha chiesto di mandare i Caschi blu, ma per la missione ci vuole il voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove siede anche la Russia. Turchynov non esclude la possibilità di indire un referendum sullo status dell’Ucraina, come chiedono i pro russi: il presidente è convinto che gli ucraini sceglieranno l’unità piuttosto che la debolezza di una federazione che resterebbe schiava delle pressioni da est e da ovest. Ma l’occidente che cosa vuole quando dice che intende contenere Putin?

    [**Video_box_2**]Il dipartimento di stato americano ha pubblicato domenica un “fact sheet” con un titolo pop – Russia Fiction the Sequel – e un contenuto dettagliato su quel che sta accadendo in Ucraina, e su quel che dice Mosca al riguardo. In dieci punti, gli Stati Uniti spiegano che i russi stanno operando nell’est dell’Ucraina per creare instabilità, anche se continuano a ripetere che no, che il governo di Mosca non è coinvolto, pure di fronte alle intercettazioni fatte filtrare ieri dai servizi segreti ucraini in cui si sentono i capi dei commando in Ucraina che si coordinano con i russi. All’inizio del documento c’è una frase di Barack Obama: “Non c’è propaganda che possa far sembrare giusto quel che il mondo sa che è sbagliato”. Il presidente americano ha pronunciato queste parole il 26 marzo scorso, a Bruxelles, in un discorso bellissimo sull’identità occidentale e la libertà, e ieri la Casa Bianca ha annunciato un prestito da un miliardo a Kiev, mentre il Pentagono condannava la “provocazione” di sabato, quando un jet da combattimento russo è passato più volte a distanza ravvicinata da una nave da guerra americana nel Mar Nero. Ma la propaganda russa sta avendo successo, se si pensa che il capo della Cia, John Brennan, dovrà ora giustificarsi per essere stato a Kiev. Buona parte della responsabilità è dell’Europa, che ancora non ha deciso come impostare il suo rapporto con la Russia: ieri al vertice dei ministri degli Esteri dell’Ue ci sono state le solite divisioni, con l’Italia che navigava nelle acque tranquille del dialogo con Mosca mentre gli inglesi e i francesi chiedevano nuove sanzioni.

    L’occidente ha scelto la via del containment ma non è chiaro quale sia l’obiettivo che sta perseguendo. Sta prendendo forma l’ipotesi di una grande federazione ucraina, che prende le mosse proprio dalla leggerezza con cui è stato concesso alla Russia di annettere la Crimea e che è quel che anche Putin vuole. Mark Galeotti, docente di Global Affairs alla New York University, ha spiegato che Putin s’è dimostrato il maestro della “politica dell’asimmetria”: si muove in modo che ogni contromossa sembri sproporzionata, iniettando instabilità in Ucraina per indebolirla. E’ la logica del Grande gioco del XIX secolo, “e questi conflitti sono vinti da chi riesce a forzare i propri nemici a giocare secondo le proprie regole”. Che è come dire: se una Federazione ucraina è l’obiettivo del containment occidentale, Putin ha già vinto.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi