Così Renzi ribalta le partecipate. Presidenze rosa e manager interni
Matteo Renzi ha promesso un ampio cambiamento e l’ha realizzato non senza faticose trattative che hanno ricordato i tempi andati delle nomine nelle partecipazioni statali. Oltre all’incontro tra Giorgio Napolitano e Paolo Scaroni, amministratore delegato uscente dell’Eni, ci sono volute quattro ore con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per sistemarele caselle. Ma alla fine sono usciti tutti i manager con oltre tre mandati, tutti nominati da Silvio Berlusconi. All’Eni al posto di Paolo Scaroni va Claudio Descalzi molto vicino all’ex capo azienda (quindi una scelta non punitiva per la passata gestione).
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Matteo Renzi ha promesso un ampio cambiamento e l’ha realizzato non senza faticose trattative che hanno ricordato i tempi andati delle nomine nelle partecipazioni statali. Oltre all’incontro tra Giorgio Napolitano e Paolo Scaroni, amministratore delegato uscente dell’Eni, ci sono volute quattro ore con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per sistemarele caselle. Ma alla fine sono usciti tutti i manager con oltre tre mandati, tutti nominati da Silvio Berlusconi. All’Eni al posto di Paolo Scaroni va Claudio Descalzi molto vicino all’ex capo azienda (quindi una scelta non punitiva per la passata gestione). All’Enel Fulvio Conti è sostituito da Francesco Starace un manager interno. Nelle due scelte chiave, insomma, si è preferito il rinnovamento nella continuità. In Finmeccanica resta Gianni De Gennaro, ex poliziotto capo insediato un anno fa ed esce Alessandro Pansa anche se cinquantenne; è vero che era entrato nel 2001, ma anche lui è diventato capo azienda da meno di dodici mesi. Viene sostituito da Mauro Moretti che lascia le Ferrovie. Ha sfidato Renzi sul taglio degli stipendi ai supermanager, ma è l’uomo che ha portato al successo l’alta velocità di stato, respingendo anche la concorrenza della società privata che fa capo a Montezemolo, Finmeccanica ha in pancia Ansaldo Breda che costruisce gli Etr, le Frecce rosse e bianche che hanno battuto Italo. Pansa intendeva venderla, Moretti la terrà? La strategia industriale è uno dei criteri ai quali ha fatto riferimento Renzi. Il problema si pone in modo ancor più netto per l’Eni e per l’Enel ora che la crisi con la Russia spinge a un cambio dell’asse della politica energetica. L’accordo tra Endesa la controllata spagnola di Enel con la Cheniere Energy per portare lo shale gas americano nei sei impianti spagnoli di rigasificazione e di qui all’Italia, dà una idea di quel che bolle in pentola. Renzi voleva le donne e sono arrivate le presidenze al femminile. All’Eni va Emma Marcegaglia già presidente della Confindustria a corrente alternata, soprattutto nelle sue relazioni politiche. Alle poste c’è Luisa Todini, imprenditrice umbra ex parlamentare europea per Forza Italia dove è entrata fin dalla fondazione nel 1994.
[**Video_box_2**]All'Enel Patrizia Grieco, attuale presidente esecutivo della Olivetti, ha amministrato Italtel ed è una delle figure uscite da quell’incubatore di manager femminili che è la fondazione Bellisario. Per Terna è stata scelta Catia Bastioli scienziata esperta di bioplastiche, amministratore delegato di Novamont, consigliere di amministrazione di Cariplo. Solo oggi si saprà invece chi prende il comando operativo della rete elettrica. Il rottamatore ha corteggiato alcuni talenti italiani che lavorano nel privato e soprattutto all’estero. Dopo il no di Andrea Guerra, ad di Luxottica per un posto di ministro c’è stato quello di Vittorio Colao, oggi alla guida di Vodafone. Invece, ha accettato le Poste Francesco Caio al quale Enrico Letta aveva affidato (senza compenso) l’Agenda digitale e che viene da vaste sperienze manageriali (da Nomura ad Avio). Una magra figura l’hanno fatta i cacciatori di teste. Forse l’idea meritocratica di Fabrizio Saccomanni era velleitaria, o forse anche questo metodo non sfugge alla logica relazionale. Si è scoperto persino che delle due scelte dall’ex ministro del Tesoro, cioè Korn Ferry e Spencer Stuart, la seconda era considerata “lettiana” nel senso sia di Gianni sia di Enrico Letta che ne sono stati consulenti. Così è saltata fuori all’ultimo momento una terza la Key2people che, a quanto pare, ha avuto voce in capitolo solo sulle poltrone minori. L’età media scende di poco, da 61 a 60 anni per i capi azienda, ma al di là del mancato salto generazionale, Renzi ha lasciato il segno. Non che il gioco dei gruppi di pressione, delle lobby e dei centri di potere sia rimasto fuori, così come i partiti e le famiglie politiche. E le scelte rispecchiano, soprattutto per le presidenze in rosa, un equilibrio tra destra e sinistra dal sapore istituzionale, perché per sciogliere il nodo più intrecciato è sceso in campo il presidente della Repubblica.
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