“La Serva del Signore”. Un diario su due libertà che non s'incontrano

Annalena Benini

Jean-Louis Fournier non ha avuto una vita facile e ne ha sempre fatto romanzo. Umorista parigino, scrittore e autore televisivo ha vinto il premio Femina in Francia con un libro, “Dove andiamo, papà?” (pubblicato in Italia da Rizzoli nel 2009) in cui racconta con ironia di Mathieu e Thomas, due figli amatissimi, nati a distanza di pochi anni l’uno dall’altro, gravemente handicappati, che ora non ci sono più. Marie, la figlia che Fournier stenta adesso a riconoscere perché è diventata “una signora grigia, seria come un papa”, era la sorellina minore, il suo orgoglio, la ragazza bella che voleva diventare un’artista, che amava tuffarsi dal trampolino senza smettere mai, e che, ha detto poi, ha avuto un’infanzia infelice.

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    Jean-Louis Fournier non ha avuto una vita facile e ne ha sempre fatto romanzo. Umorista parigino, scrittore e autore televisivo ha vinto il premio Femina in Francia con un libro, “Dove andiamo, papà?” (pubblicato in Italia da Rizzoli nel 2009) in cui racconta con ironia di Mathieu e Thomas, due figli amatissimi, nati a distanza di pochi anni l’uno dall’altro, gravemente handicappati, che ora non ci sono più. Marie, la figlia che Fournier stenta adesso a riconoscere perché è diventata “una signora grigia, seria come un papa”, era la sorellina minore, il suo orgoglio, la ragazza bella che voleva diventare un’artista, che amava tuffarsi dal trampolino senza smettere mai, e che, ha detto poi, ha avuto un’infanzia infelice. Ma per suo padre era “affascinante e buffa”, e adesso è severa, distante, lo giudica, gli parla dell’inferno, non gli telefona più, gli regala messe e gli chiede un vitalizio, a quarant’anni. Lui crede solo nel dubbio, lei ora ha incontrato Dio (e un monsignore cattolico che la guida) e sfavilla di certezze. “Non dubita più, sa tutto. Ha sempre ragione, e gli altri sempre torto. Si è presa questa malattia come si prende l’epatite, dopo aver mangiato cozze”. Fournier usa ancora l’umorismo, ma è dolorosamente arrabbiato in questo libro-diario pubblicato l’estate scorsa in Francia e ora in uscita per e/o, ferisce Marie perché si sente ferito da lei. E’ anziano, si sente solo, la sua seconda moglie è morta, è un uomo anche un po’ egoista e vorrebbe una figlia in cui specchiarsi e con cui ridere del mondo alla sua maniera, l’unica che conosce. Lo ammette. Vorrebbe essere lui l’anticonformista della famiglia, ma la scelta religiosa di Marie, che lui sbeffeggia, lo inchioda al ruolo di brontolone che cita Oscar Wilde e si lamenta: “Sei incaricata della felicità del mondo, forse non della mia”. Fournier diventa, forse senza rendersene conto, intransigente: considera la conversione della figlia, avvenuta più di dieci anni fa, un affronto alla libertà, al modo laico e irridente di guardare le cose, per lui l’unico possibile. [**Video_box_2**]Anche un tradimento della loro vita insieme. Come nel film polacco “Ida” di Pawel Pawlikowski, adesso al cinema, in cui la zia di Ida non capisce e non sopporta la devozione della nipote che sta per prendere i voti: la zia fuma mille sigarette e beve vodka e dice a Ida che dovrebbe provare a stare con gli uomini, sennò che gusto c’è, poi, a essere casti (“eccola qui la nostra suorina ebrea”, dice quando la vede pregare). Sono due libertà che non si incontrano, e la figlia di Jean-Louis Fournier ha preteso, con una causa in tribunale, il diritto di replicare al padre con la lettera che trovate in fondo a questa pagina e che chiude il libro.

    Se questo pamphlet era una richiesta d’amore e di riconciliazione, in fondo il grido d’aiuto di un uomo solo, che si guarda intorno e non trova più nulla, tranne i disegni che Marie gli faceva da bambina, i ricordi dei pomeriggi in campagna, la figlia non glielo concede, non gli tende la mano, anche se usa lo stesso umorismo del padre per smontare le sue prese in giro. “Non ho più voglia di suicidarmi ogni mattina, non mi drogo più, non ho più paura. Quindi sì, non sono più la stessa di prima. Stupefacente, no?”. Fournier non crede a quella felicità, e lo infastidisce che lei preghi per la sua anima. E’ geloso del monsignore, cerca di riderne, di metterli entrambi in ridicolo, ma è troppo serio e alla fine la implora di tornare da lui. “Sei tu il mio capolavoro”, ma il suo capolavoro ha scelto una vita diversa. E lui continua a vedere buio dove lei ha trovato luce.

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    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.