Speciale online 17:35

La sete del gas

Alberto Brambilla

Ci sono voluti più di vent'anni di studi tecnici e sperimentazioni perché gli Stati Uniti potessero dirsi indipendenti dal petrolio estero grazie allo sfruttamento del gas naturale intrappolato in profondità nel sottosuolo, lo shale gas. E' invece più difficile capire come l'industria dello shale potrà rendersi indipendente dall'acqua, elemento fondamentale per il processo d'estrazione degli idrocarburi ma limitato e non riproducibile artificialmente in quantità.

Leggi anche Brambilla Così le armi dei giudici ambientalisti si affilano in Parlamento

    Ci sono voluti più di vent'anni di studi tecnici e sperimentazioni perché gli Stati Uniti potessero dirsi indipendenti dal petrolio estero grazie allo sfruttamento del gas naturale intrappolato in profondità nel sottosuolo, lo shale gas. E' invece più difficile capire come l'industria dello shale potrà rendersi indipendente dall'acqua, elemento fondamentale per il processo d'estrazione degli idrocarburi ma limitato e non riproducibile artificialmente in quantità.

    Il problema della scarsità idrica è in parte noto, le stime sono un po' ballerine a seconda delle fonti usate ma se ne parla da almeno due anni. In America nel 2012, dice Bloomberg, sono stati consumati 50 miliardi di galloni d'acqua dolce (200 miliardi di litri) per estrarre il gas, in pratica un ottavo del consumo d'acqua giornaliero degli Stati Uniti.  A oggi servono quattro litri d'acqua per produrre 15 metri cubi di gas (consumo medio di gas di una famiglia italiana) che su larga scala significa tra gli 8 e i 32 milioni di litri per ogni pozzo (dati dal libro "Nuove energie" di Giuseppe Recchi, presidente uscente dell'Eni). In parte l'acqua viene recuperata – tra il 10 e il 50 per cento – per essere riutilizzata in successivi processi di fracking, oppure pulita e riconvertita al suo stato non inquinato.

    [**Video_box_2**]Resta il fatto che è un bene scarso per tutti, per chi trivella e per chi beve. Il problema, visto dalla parte degli industriali non è di poco conto: quanti giacimenti non possono essere sfruttati perché distanti da fonti idriche? Urge dunque trovare un sostituto valido dell'H2O. Ci sta pensando, ad esempio, la canadese GasFrac che usa un derivato del petrolio in forma di gelatina come surrogato dell'acqua (invenzione giudicata tra le migliori idee del 2013 da Time). Trivellatori tranquilli e (forse) anche gli ambientalisti.

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    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.