Marino fa dimettere l'assessore che poteva salvare Roma dal default

Marianna Rizzini

Arriva all’improvviso come le streghe, con il vento poco primaverile di metà pomeriggio, la notizia delle dimissioni di Daniela Morgante, assessore al Bilancio del comune di Roma. E arriva con parole ingannevolmente dolci, da “conscious uncoupling”, per dirla con i separati di Hollywood Gwyneth Paltrow e Chris Martin: si è dimessa Daniela Morgante, sì, e il sindaco Ignazio Marino assume la delega al Bilancio mentre dice che hanno “condiviso la decisione”, e mentre Morgante ringrazia per l’esperienza. Ma le parole, in questo caso, non sono importanti. E’ successo altro, lo sanno entrambi, ed è questione di sostanza. Hai voluto (l’ha voluto Marino) l’assessore con il bollino “Corte di Conti” – giudice della Corte dei Conti, per la precisione.

    Arriva all’improvviso come le streghe, con il vento poco primaverile di metà pomeriggio, la notizia delle dimissioni di Daniela Morgante, assessore al Bilancio del comune di Roma. E arriva con parole ingannevolmente dolci, da “conscious uncoupling”, per dirla con i separati di Hollywood Gwyneth Paltrow e Chris Martin: si è dimessa Daniela Morgante, sì, e il sindaco Ignazio Marino assume la delega al Bilancio mentre dice che hanno “condiviso la decisione”, e mentre Morgante ringrazia per l’esperienza. Ma le parole, in questo caso, non sono importanti. E’ successo altro, lo sanno entrambi, ed è questione di sostanza. Hai voluto (l’ha voluto Marino) l’assessore con il bollino “Corte di Conti” – giudice della Corte dei Conti, per la precisione. L’hai voluto fortemente, quell’assessore, come garanzia di imparzialità tecnica sul bilancio della Roma che rischia ogni minuto di finire stracciona, nonostante i sogni di gloria sulla scia dell’Oscar alla “Grande Bellezza”. Ma poi non ti sta bene, come non sta bene a molti esponenti di un Pd che ribolle, se l’assessore fa quel che prima di tutto prometteva il sindaco. “Non aumentiamo le tasse”, diceva infatti Marino a dicembre e poi a marzo, nelle more della discussione su un decreto Salva Roma invocato con minacce (“blocco la città, chiudo gli asili, organizzatevi di conseguenza”, era l’aut-aut che pioveva soprattutto sui cittadini, quelli che da un sindaco si aspettano più che altro calma e gesso). Nell’urgenza di un piano di rientro-sprechi, Marino parlava di tasse di soggiorno a carico del turista da albergo di lusso, onde evitare la tassazione a tappeto dei romani (invece sarà più Tasi per tutti). Intanto l’assessore Morgante, sul limitare della cabina di regia con gli emissari del governo, annunciava di voler [**Video_box_2**]raddrizzare le municipalizzate e puntava a un esame ravvicinato (e magari a un ridimensionamento) del “salario accessorio” dei dipendenti comunali (valore: 70 milioni di euro). Ma una mozione di Sel l’ha prontamente rimesso in pista, alla faccia delle vacche magre. E proponeva tagli che non andavano giù ad altri assessori, Daniela Morgante, venuta dalla Corte dei Conti a dire che forse “si è persa un’occasione, e si potevano togliere le tasse e ridurre la spesa come sta facendo Renzi”. Ma chi l’ascoltava più, ormai, nelle sacche del dibattito su un bilancio da approvare a parole al più presto e nei fatti dopo le europee. “La cultura, la cultura”, lamentava preventivamente l’assessore Flavia Barca, la stessa che nei prossimi giorni incontrerà il Teatro Valle Occupato per una “profonda riflessione” e “reciproca conoscenza”, il tutto nell’assenza – per ora – di un organico piano per arti & letteratura a Roma. E l’assessore alle Attività produttive Marta Leonori (area ItalianiEuropei) e quello ai Trasporti Guido Improta (ex area Monti) si mettevano “all’opera”, scriveva con partecipazione Repubblica, per “far capire” a Morgante che la bozza “era da rottamare”, ed era la bozza sbeffeggiata dal sindaco con frasi incredibili a udirsi quando si parla di conti: “Non ha l’anima”, la bozza, è “un puffo informe”, diceva un Marino rinvigorito da un sostegno non si sa quanto sincero delle vaste aree di un Pd che fino a ieri voleva commissariarlo. Dàgli all’assessore, era la linea non proprio lineare (“ma non si era rimasti all’impegno del sindaco di non toccare la leva fiscale se prima non si fosse tagliato tutto il tagliabile?”, dice il consigliere comunale radicale Riccardo Magi). Contento Marino, che ora si sente amato dai fratelli coltelli democratici (quelli che senza Morgante lo credono forse più gestibile). Ma per i cittadini romani è già scattato l’apriti cielo.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.