Ricomincio da Kiev
Ieri c’è stato un incontro a quattro tra i capi della diplomazia di Russia, Stati Uniti, Ucraina e Unione europea a Ginevra, in Svizzera, per fermare la rapida deriva verso la guerra civile nell’oriente ucraino. Questo tipo di negoziati spesso si risolve in un nulla di fatto, ieri sera invece è finito con un accordo concreto che dà motivi di ottimismo. Le milizie federaliste che occupano illegalmente gli edifici governativi nelle città dell’est devono abbandonarli e consegnare le armi – l’accordo è scritto in modo da valere anche per i nazionalisti ucraini che ancora occupano il Maidan, nella capitale Kiev. In cambio hanno la garanzia dell’amnistia, a meno che non abbiano commesso “crimini capitali” (abbiano ucciso). “Tutte le parti devono evitare ogni violenza, ogni intimidazione e ogni atto provocatorio, e devono condannare tutte le espressioni di estremismo e razzismo, incluso l’antisemitismo”.
Ieri c’è stato un incontro a quattro tra i capi della diplomazia di Russia, Stati Uniti, Ucraina e Unione europea a Ginevra, in Svizzera, per fermare la rapida deriva verso la guerra civile nell’oriente ucraino. Questo tipo di negoziati spesso si risolve in un nulla di fatto, ieri sera invece è finito con un accordo concreto che dà motivi di ottimismo. Le milizie federaliste che occupano illegalmente gli edifici governativi nelle città dell’est devono abbandonarli e consegnare le armi – l’accordo è scritto in modo da valere anche per i nazionalisti ucraini che ancora occupano il Maidan, nella capitale Kiev. In cambio hanno la garanzia dell’amnistia, a meno che non abbiano commesso “crimini capitali” (abbiano ucciso). “Tutte le parti devono evitare ogni violenza, ogni intimidazione e ogni atto provocatorio, e devono condannare tutte le espressioni di estremismo e razzismo, incluso l’antisemitismo”.
L’hotel è lo stesso dove cinque anni fa l’allora segretario di stato americano, Hillary Clinton, offrì al ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov – che è rimasto al suo posto – il famoso bottone rosso del “reset”, per cancellare le incomprensioni del passato fra i due paesi. Non ha funzionato, perché oggi Mosca e Washington sono nella fase più tesa della loro storia recente. Il segretario di stato americano, John Kerry, ieri ha detto che se l’accordo non dovesse essere rispettato “ci saranno costi”, una frase che già disse il presidente americano, Barack Obama, durante la crisi in Crimea del mese scorso e che evidentemente non ha fatto da deterrente alla politica estera del Cremlino. L’accordo di ieri potrebbe funzionare meglio e fermare il precipitare degli eventi. Nei giorni scorsi si è visto che l’operazione di “antiterrorismo” ordinata dal governo centrale di Kiev ha fatto una fine penosa – colonne di mezzi bloccate e disarmate dalla gente locale – e l’impressione, come in Crimea, è che la trasformazione in senso federalista dell’Ucraina sia inevitabile, proprio come nei piani del presidente russo Vladimir Putin – anche se per ora non è dato sapere fino a che grado.
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