A casa Grillo si sogna l'en plein nelle urne, ma tutto il resto è noia
Il botteghino del tour-comizio non ha pianto (anche se le piazze erano un’altra cosa), i sondaggi non sono matrigni (anzi assegnano il secondo posto alle europee) e i media accolgono con generosità, checché ne dica lui, il Beppe Grillo a parole ingrugnito contro i giornalisti “venduti” e nei fatti superstar di copertine e tv. “Operazione sorpasso”, titolava ieri l’Espresso, citando pure un “sondaggio fantasma” che indica per il M5s addirittura la medaglia d’oro; “intervista esclusiva a Grillo” è stato via via l’asso di Repubblica, del Mattino, de La7. Ma com’è, allora, che tutto il resto è noia?
Il botteghino del tour-comizio non ha pianto (anche se le piazze erano un’altra cosa), i sondaggi non sono matrigni (anzi assegnano il secondo posto alle europee) e i media accolgono con generosità, checché ne dica lui, il Beppe Grillo a parole ingrugnito contro i giornalisti “venduti” e nei fatti superstar di copertine e tv. “Operazione sorpasso”, titolava ieri l’Espresso, citando pure un “sondaggio fantasma” che indica per il M5s addirittura la medaglia d’oro; “intervista esclusiva a Grillo” è stato via via l’asso di Repubblica, del Mattino, de La7. Ma com’è, allora, che tutto il resto è noia? Perché questo è il rischio che si corre nella autodenominata “fase due” del pur arrembante Movimento cinque stelle, fase in cui si vuole chiudere Equitalia e mettere al bando le vignette di Ellekappa (ieri in castigo sul blog dell’ex comico): si corre il rischio che Grillo, pur incoronandosi “unica opposizione”, pur armandosi di wishful thinking (siamo primi, siamo primi!), pur minacciando sfracelli (spacco tutto, e se il 25 maggio perdo me ne vado!), pur progettando il comizio finale gratis in quel di Bruxelles, e magari facendo davvero man bassa di voti in uscita da Forza Italia, non riesca più a risultare “fenomeno” come quando nuotava in muta scura nello Stretto né a bucare lo schermo come il “nuovo” che spazza i vecchi né a farsi davvero ascoltare (cosa diversa dal farsi votare). Grillo ora parla, si mostra, alterna sbuffo di rabbia e sbuffo di insofferenza (per la fatica, per le domande che non gli piacciono, per l’ennesimo dissidente che si annida nelle sacche del disegno di legge vendoliano sulle monetine da un cent). E però, più che sollevare la rivoluzione, fatto salvo lo zoccolo duro di elettori a cinque stelle ancora ferocemente infervorati (dieci per cento del totale?), Grillo atterra nel soffice terreno dell’abulìa in cui il cittadino indignato e comunque “no partiti” dice “voto Grillo”, sì, ma con rassegnazione, senza più l’ombra dell’onnipotente speranza di catarsi che imperversava tra gli elettori del M5s un anno fa. Resiste la tigna di chi “non vuole darla vinta” ai cosiddetti “potenti” (e per questo vota Grillo), ma lo stato d’animo pare quello di chi un tempo sull’autobus si lamentava ogni giorno all’ora di punta contro il “governo ladro” per poi mettere la croce sulla scheda senza pathos, avendo già ricominciato inconsapevolmente a turarsi il naso (le espulsioni, ah, le espulsioni) e a recepire con un solo orecchio il leader che si moltiplica su schermi e giornali. Grillo lo sapeva, che questo era il rischio, e infatti un anno fa, in ossequio al “vince chi fugge”, si metteva lo scafandro in spiaggia per sbalordire il borghese (ora a malapena ci riesce con la parafrasi grossière di Primo Levi) e metteva le mani avanti contro la noia incipiente prima di tutto presso se stesso: torno a fare teatro, vado in Australia, diceva ai primi sussulti di liti per gli scontrini, quando l’Africa di Walter Veltroni non doveva più sembrargli cosa da barzelletta. “Ah, c’è Grillo”, è il commento dei grillini non ancora pentiti, ma neppure più stupiti – e dei non-grillini non più così incuriositi – quando l’ex comico dice ai cronisti cose che ha già detto in duecento comizi, e si fa guardare con affetto, come il solito parente che a Pasqua sbraita in allegria.
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