Uffa che barba

Stefano Di Michele

La prima botta di vita, a crisi finita, sarà con la lametta. Pure bilama, crepi l’avarizia. Dribblato lo spread, appianato il debito, ringalluzzito il pil, sarà la rivincita di Figaro e la dipartita del crine. Schiuma e lama, dopobarba e lametta: i barbieri promettono straordinari pure di lunedì. Così è, e così pare – a leggere la ricerca di certi australiani dell’University of South Wales (queste università ricercano su tutto, ma proprio tutto), pubblicata sul Royal Society Journal Biology Letters (che onestamente non pare destinato a fare concorrenza ai benemeriti Cronaca vera e Oggi reperibili in loco, a volte con numeri di una tale anzianità da sfiorare l’èra dei telefoni a gettoni).

    La prima botta di vita, a crisi finita, sarà con la lametta. Pure bilama, crepi l’avarizia. Dribblato lo spread, appianato il debito, ringalluzzito il pil, sarà la rivincita di Figaro e la dipartita del crine. Schiuma e lama, dopobarba e lametta: i barbieri promettono straordinari pure di lunedì. Così è, e così pare – a leggere la ricerca di certi australiani dell’University of South Wales (queste università ricercano su tutto, ma proprio tutto), pubblicata sul Royal Society Journal Biology Letters (che onestamente non pare destinato a fare concorrenza ai benemeriti Cronaca vera e Oggi reperibili in loco, a volte con numeri di una tale anzianità da sfiorare l’èra dei telefoni a gettoni). Dunque, a farla corta (praticamente rasata), dice la ricerca che più facce irsute si vedono in giro, più quelle lisce attizzano. “Il fascino della barba scema”, ha annunciato alla Bbc uno dei ricercatori – gente che va a scrutare persino il pelo sul rasoio. E c’è un aspetto, tanto economico quanto sociale, che prepara  il trionfo prossimo della tosatura facciale: la fine della crisi. Perché sembra che la barba prenda piede all’aggravarsi di ogni crisi economica – viene così citata l’ultima impennata registrata dopo il 2008, simile a quella degli anni Venti del secolo scorso. In effetti, da qualche anno di barbe in giro se ne vedono parecchie – non tanto bakuniniane e sovversive o castriste, quanto su visi attoniti di fotomodelli, attori, calciatori, in pubblicità, persino in politica. E’ stato il compimento del programma politico dell’on. Cetto La Qualunque – “cchiù pilu pe’ tutti!”, seppure l’identica definizione di “pilu”, per diversi tipi dello stesso, può ingenerare una certa confusione. Si torna all’antica intuizione del Cav. – tra le varie sue allergie, dall’aglio ai magistrati, la pogonofobia quasi precedeva quella per i comunisti. Della barba, il Cav. mai si è fidato – persino quando si faceva carezzevole, “lei ha questa bella faccia, con quella bella barba, come fa ad essere comunista?”, facendo tutt’uno la resistenza alla schiuma Squibb con quella al pensiero liberale. Per il momento, in attesa dell’avverarsi delle previsioni della ricerca australiana, la barba, pure in politica, resiste come non mai. In passato, a livello governativo, tra i pochi casi ci fu quello del dicì Goria; adesso, nel solo esecutivo Renzi, si accampano tre ministri di folto pelo: da Delrio a Poletti (barbe genere rurali della via Emilia) a Dario Franceschini (barba più intellettualmente sofferta, si capisce: visto il ministero e segnalata l’attività di scrittore). La tendenza è ormai in atto – e per dire, Formigoni, dopo una vita sotto peluria (a diretta sfida col pelo ciellino, Lerner si fece temerariamente crescere la sua anni fa), è potuto passare al Ncd con armi e bagagli e Gillette – il meglio di un uomo, e di un senatore. Del resto, nella chiesa non è stato forse tra i più papabili il barbuto cardinale O’Malley, cosa che non succedeva dai giorni di Pio XII, che fu effigiato intento alla rasatura, quando papabile fu Sua Eminenza Agagianian – pure se Papa Francesco ha fatto presente che, nella borsa che si porta di persona in viaggio, oltre il breviario c’è il rasoio? Secondo Ivan il Terribile, di folta barba, “radersi è un peccato che neppure il sangue di tutti i martiri può lavare”. Mussolini, sempre spaccone, assicurava l’impossibilità di qualsiasi lametta “di resistere a più di una rasatura della mia barba” – perciò la stessa ogni mattina gagliardamente annientava, essendo che “il fascismo è contro la barba, la barba è un segno di decadenza” – giovinezza giovinezza / rasatura di bellezza! Ora, causa noia pilifera e fine crisi, forse si torna alla rasatura. Con tanto di studio. Universitario, addirittura. Manco servisse il rasoio di Occam.