Che c'entra con Renzi il banchiere pop appena promosso al Fondo salva stati

Claudio Cerasa

L’anno è il millenovecentonovanta. Lui è un giovane studente fiorentino all’ultimo anno di liceo con la passione per la politica e un futuro nella finanza. L’altro è un ancor più giovane studente fiorentino al primo anno di liceo con una passione per i soliti boyscout e un futuro nella politica. Lui si chiama Cosimo, l’altro si chiama Matteo, i due iniziano a frequentarsi, entrano in sintonia, dialogano, triangolano, e a un certo punto Cosimo, pochi mesi prima di uscire dal liceo, il liceo Dante, dove Cosimo era a capo del Consiglio di istituto, prima di iscriversi all’Università di Siena, prende Matteo da una parte e gli dice: “Dài Matteo perché non ti candidi tu?”.

    L’anno è il millenovecentonovanta. Lui è un giovane studente fiorentino all’ultimo anno di liceo con la passione per la politica e un futuro nella finanza. L’altro è un ancor più giovane studente fiorentino al primo anno di liceo con una passione per i soliti boyscout e un futuro nella politica. Lui si chiama Cosimo, l’altro si chiama Matteo, i due iniziano a frequentarsi, entrano in sintonia, dialogano, triangolano, e a un certo punto Cosimo, pochi mesi prima di uscire dal liceo, il liceo Dante, dove Cosimo era a capo del Consiglio di istituto, prima di iscriversi all’Università di Siena, prende Matteo da una parte e gli dice: “Dài Matteo perché non ti candidi tu?”. Matteo ci pensa, ci riflette qualche giorno, chiama Cosimo, gli dice di sì e comincia così, quasi per caso, la sua carriera politica. Ventiquattro anni dopo, l’altro, ovvero Matteo, che di cognome fa Renzi, si trova a Palazzo Chigi a governare il paese. Ventiquattro anni dopo, invece, lui, ovvero Cosimo, che di cognome fa Pacciani e che ha seguito una strada diversa da Matteo (laurea a Firenze, dottorato a Siena, carriera nella finanza, prima in Mps, poi in Credit Suisse, infine, dal 2003, alla Royal Bank of Scotland come capo della sezione rischi dell’area europea) si ritrova a un passo da un ruolo importante e un incarico strategico che non è ancora ufficiale ma si dovrebbe materializzare all’inizio di maggio. Quando Cosimo Pacciani diventerà il numero due della sezione rischi dell’istituto finanziario più importante del Continente dopo la Banca centrale europea: l’Esm, il vecchio fondo salva stati, grosso modo la versione europea del Fondo Monetario internazionale, che negli ultimi anni – con i suoi 700 miliardi di euro di budget messi a disposizione, tra soldi in cassa e soldi garantiti, dai diciassette paesi dell’Eurozona negli ultimi due anni – ha rimesso in piedi con rigidi ma efficaci programmi di assistenza le economie di paesi come Spagna, Irlanda, Grecia, Portogallo e ora Cipro. Cosimo Pacciani oggi è un buon amico di Matteo Renzi, ha partecipato a molte Leopolde, ha organizzato un comitato Renzi a Londra nel 2012, ai tempi delle primarie contro Bersani, vive nella City da sedici anni, ha indicato all’ex sindaco di Firenze, insieme con Davide Serra, i giusti percorsi da seguire per accreditarsi nel mondo della finanza inglese, fa parte di quella particolarissima cerchia dei renziani più renziani di Renzi, ogni tanto invia via sms o via email alcuni suggerimenti al presidente del Consiglio, ha buoni rapporti con il mondo dell’associazionismo cattolico, qualcuno del giro fiorentino di Renzi aveva pensato in passato di buttarlo nella mischia della politica, è fratello della moglie del sottosegretario all’Istruzione del governo (l’alfaniano Gabriele Toccafondi) e all’interno del mondo finanziario si è fatto conoscere, ed è diventato un personaggio, non solo per essere uno dei maggiori esperti europei nel settore “rischi” ma anche per essere in qualche modo espressione di un nuovo modo di interpretare il ruolo di grigio e freddo burocrate bancario. Dando allo status del tradizionale gnomo della finanza un’accezione radical pop (Pacciani ha un blog sul sito de Linkiesta, posta notte-giorno su Facebook, scrive libri, twitta come un dannato e ha un seguito sui social network, circa 2.000 follower su Twitter, che pochi banchieri possono vantare). Colore a parte, nessuno tra Renzi e Pacciani si augura che nel futuro prossimo venturo le loro strade si possano nuovamente incrociare – perché significherebbe la fine della grande pace sociale garantita in questa fase al nostro paese dai mercati finanziari (ieri lo spread tra titoli di stato italiani e tedeschi è arrivato a 155 punti base) e significherebbe immaginare che l’Italia di Renzi sarebbe costretta a bussare alla porta del Fondo salva stati per chiedere un aiuto finanziario per pagare i titoli di stato. Visti i leggeri segnali di ripresa offerti dall’Italia sul fronte economico quello scenario grazie al cielo sembra lontano e il nostro stato oggi non è certo quello che viene osservato con più attenzione dalle cancellerie e le burocrazie europee. La vera partita che riguarda l’Italia e che viene seguita con attenzione anche in Lussemburgo nella sede dell’Esm è diversa e riguarda un altro universo più delicato: quello delle banche. A maggio l’autorità bancaria europea (Eba) partirà con una severa raffica di stress test su 125 grandi banche europee di cui 15 italiane (nel 2011, ultima data di stress test, le banche erano solo cinque, Unicredit, Intesa SanPaolo, Mps, Banco Popolare, Ubi, e tutte superarono con ampio margine i test). In Europa questa volta la situazione delle nostre banche viene osservata con un occhio più attento rispetto a qualche anno fa e se qualcosa a ottobre, quando verranno resi noti i risultati degli stress test, non dovesse andare per il verso giusto – all’Italia, ma anche agli altri paesi dell’Eurozona – potrebbe essere proprio l’Esm a rivedere i suoi obiettivi originari e a diventare progressivamente uno strumento utile per intervenire non solo sui conti degli stati in difficoltà ma anche su quelli degli istituti di credito. Non servirà, si spera, ma dovesse servire Renzi in Europa da maggio avrà un alleato in più.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.