Contratto con gli italiani

Ecco perché la vera sfida di Renzi sul lavoro non è con Alfano ma con la Cgil

Claudio Cerasa

Sono le diciannove e quaranta quando alla fine di una giornata di grande commedia politica – con Alfano che prima minaccia con toni imperativi di non voler accettare per nessuna ragione un voto di fiducia sul decreto Poletti, contestando a Renzi di aver tagliato da 8 a 5 le possibilità di rinnovare i contratti a termine nell’arco di 36 mesi, e con lo stesso partito di Alfano che pochi minuti dopo la decisione di Renzi di porre la fiducia sul decreto Poletti accetta di trasformare il suo severo ultimatum in un più morbido penultimatum – un importante dirigente del Pd risponde a una telefonata del Foglio e prova a inquadrare così i termini politici della questione Lavoro

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    Sono le diciannove e quaranta quando alla fine di una giornata di grande commedia politica – con Alfano che prima minaccia con toni imperativi di non voler accettare per nessuna ragione un voto di fiducia sul decreto Poletti, contestando a Renzi di aver tagliato da 8 a 5 le possibilità di rinnovare i contratti a termine nell’arco di 36 mesi, e con lo stesso partito di Alfano che pochi minuti dopo la decisione di Renzi di porre la fiducia sul decreto Poletti accetta di trasformare il suo severo ultimatum in un più morbido penultimatum – un importante dirigente del Pd risponde a una telefonata del Foglio e prova a inquadrare così i termini politici della questione Lavoro: “Ci sono due verità. La prima è che Ncd ha bisogno di fare campagna elettorale e Matteo, in accordo con Alfano, gliela sta facendo fare. La seconda è che mentre tutti sono concentrati sui bisticci tra Alfano e Renzi nessuno si sta accorgendo di quello che questo governo sta facendo. Stiamo abolendo l’articolo 18”. L’entusiasmo del dirigente renziano è esagerato, dato che il decreto che verrà votato alla Camera include una sospensione dell’articolo 18 non totale ma relativa ai tre anni di contratto a termine, ma contiene un elemento di verità nella misura in cui la voce del sindacato ha condizionato fino a un certo punto l’iter della riforma. Pietro Ichino, senatore di Scelta civica, offre al Foglio questa interpretazione. “E’ una mezza verità dire che con questo decreto il Pd ha fatto i conti con il tabù dell’articolo 18. Mi verrebbe da rigirare il tutto, dicendo che quel che qui viene liberalizzato è solo il contratto a tempo determinato e che quello che andrebbe invece liberalizzato davvero è il contratto a tempo indeterminato. Io però sono ottimista e credo che in Senato ci saranno numeri per muoverci verso questa direzione. In commissione Lavoro, a Palazzo Madama, i renziani sono in maggioranza e se il Pd vuole mostrare autonomia rispetto alla Cgil deve cambiare verso andando in questa direzione”. Oggi dunque il voto del decreto alla Camera. Giovedì i provvedimenti. Poi la maggioranza dovrà scegliere il relatore della legge al Senato. E chissà che a Palazzo Madama la scelta di Renzi non cada proprio sul professor Ichino.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.