I freelance di Putin
Lunedì il New York Times aveva in evidenza un articolo che raccontava la certezza dell’Amministrazione Obama sul fatto che le milizie separatiste – o federaliste – nell’est ucraino fossero guidate da militari e da agenti dei servizi segreti di Mosca. L’Amministrazione fa molto affidamento su prove raccolte dal governo ucraino (anche fotografie e video, come riportato dal Foglio) e la portavoce del dipartimento di stato, Jen Pseki, sostiene che sul dossier “non c’è ombra di dubbio”. Ieri però l’inivato del settimanale Time nelle stesse zone, Simon Shuster, dice che la situazione è più confusa, sfumata, complessa.
Lunedì il New York Times aveva in evidenza un articolo che raccontava la certezza dell’Amministrazione Obama sul fatto che le milizie separatiste – o federaliste – nell’est ucraino fossero guidate da militari e da agenti dei servizi segreti di Mosca. L’Amministrazione fa molto affidamento su prove raccolte dal governo ucraino (anche fotografie e video, come riportato dal Foglio) e la portavoce del dipartimento di stato, Jen Psaki, sostiene che sul dossier “non c’è ombra di dubbio”. Ieri però l’inviato del settimanale Time nelle stesse zone, Simon Shuster, dice che la situazione è più confusa, sfumata, complessa. Gli “uomini in verde” che aiutano i separatisti locali a prendere con la forza gli edifici pubblici e a mantenerne il controllo questa volta non sono militari russi in divise anonime come è successo in Crimea – lo ha detto persino il presidente russo Vladimir Putin, due mesi dopo – ma bande miste di volontari russi, crimeani, ucraini.
Evgen Zloy – Secondo il suo profilo su VKontakte è nativo di Simferopoli, in Crimea. Le foto lo ritraggono con un fucile automatico davanti agli edifici del governo di Sloviansk, ed è membro del gruppo su internet dedicato ai Cosacchi del Don. Anche il profilo di Evgen è pieno di foto di svastiche e di immagini dedicate all’ultranazionalismo russo.
Molti hanno esperienza militare alle spalle, alcuni no, tutti sono plasmati dal culto per la nuova politica – come definirla? – iperassertiva e ultranazionalista dettata dal Cremlino. Tra loro si respira quell’ethos cosacco che si respira anche sul fronte opposto tra i loro acerrimi nemici a Kiev, gli ultranazionalisti dipinti dai media russi come “neonazisti”, e ci sono evidenti sbandate nell’antisemitismo. In questa pagina ci sono le storie e le foto di alcuni, prese da VKontakte, l’equivalente russo di Facebook, e descritte dal sito ukrainianpolicy.com.
Evgeny “Dingo” Ponomarev – Ha 39 anni e viene da Belorechensk, Russia. E’ ufficialmente arruolato tra i cosacchi, come “uomo verde” dell’Ucraina dell’est ha combattuto a Kramatorsk and Slovyansk. Ha lo stesso cognome dell’autoproclamato sindaco di Slovyansk Vyacheslav Ponomarev, un ex produttore di sapone trasformatosi in capo rivoltoso, i due sono stati fotografati insieme, ma non si sa se tra loro c’è un legame.
E’ chiaro che Mosca vuole conservare una certa plausibilità quando smentisce la presenza di suoi militari dentro l’Ucraina, anche se la sua mano è evidente. Nella foto qui a destra vedete un modello di arma controcarro, tenuto a tracolla, che non è in dotazione che alle truppe russe. La stessa cosa vale per altre armi viste e fotografate nel Donbass, come i fucili d’assalto Ak-100 che non sono in dotazione in Ucraina e possono essere arrivati soltanto da oltre confine.
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Anton Morozov – E’ di Irkutsk, una città della Russia siberiana. Sul suo profilo c’è una foto in cui mangia un piatto di riso insieme a un compagno, vestito da militare e in quello che sembra essere il dormitorio di una caserma. Anton è ritratto anche in foto di gruppo con simboli del movimento Eurasiano e mentre brucia una bandiera di Israele.
Insomma, questa volta lo scenario è più delicato, si rischia la guerra totale e la Russia non vuole ricevere accuse così definitive come in Crimea. Militari e agenti dei servizi segreti russi adesso non si lasciano più scattare foto ricordo con i locali, come a Sinferopoli e Sebastopoli, ma lavorano in modo più discreto. E’ un nuovo tipo di guerra, come ha scritto ieri la commentatrice russa Yulya Latynina, in cui chi muove con l’esercito regolare contro forze che si presentano come civili o comunque irregolari ha perso.
Zheka Kovalyov – Anche Zheka, come Ponomarev, è originario di Belorechensk, Russia. Il suo album di foto su VKontakte è pieno di svastiche, di memorabilia neonazisti e di foto di gruppo con bandiere ultranazionaliste. La sua immagine di profilo lo ritrae tra le “forze di autodifesa” in Crimea. Altre foto lo mostrano con il distintivo della “Terek Wolf Company”, una milizia molto attiva nell’area di Donetsk.
Ieri le forze speciali ucraine hanno ripreso la campagna contro le milizie separatiste, attaccando posti di blocco a Sloviansk. La Russia ha risposto dando il via a esercitazioni militari per le quarantamila truppe ammassate a soli dieci chilometri dal confine, manovre che comprenderanno anche voli dell’aviazione. Un gigantesco scaldare i motori per dare seguito all’avvertimento di due giorni fa del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov: “Per noi l’Ucraina dell’est è come l’Ossezia, interverremo per difendere i nostri interessi”.
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