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Lavorare puzza

Alberto Brambilla

Può sorprendere l'iniziativa dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil di invitare i commessi dei negozi del centro loro iscritti a scioperare oggi, festa della liberazione, alla vigilia della canonizzazione dei beati papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II officiata da Papa Francesco alla presenza del Papa emerito Benedetto XVI. Un evento singolare di portata storica e globale che sta richiamando dagli 800 mila ai 3 milioni di pellegrini (a seconda delle fonti) e, va da sè, sarebbe occasione di fare qualche buon affare per i negozianti (e per i loro dipendenti).

    Può sorprendere l'iniziativa dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil di invitare i commessi dei negozi del centro loro iscritti a scioperare oggi, festa della liberazione, alla vigilia della canonizzazione dei beati papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II officiata da Papa Francesco alla presenza del Papa emerito Benedetto XVI. Un evento singolare di portata storica e globale che sta richiamando dagli 800 mila ai 3 milioni di pellegrini (a seconda delle fonti) e, va da sè, sarebbe occasione di fare qualche buon affare per i negozianti (e per i loro dipendenti). Le associazioni di categoria hanno assicurato che i negozi resteranno aperti, vista la ghiotta occasione. Ma l'opposizione di Confesercenti e Confcommercio si ferma qui. Sulla chiusura il Primo maggio, la festa dei lavoratori, non si transige (le aziende saranno chiuse per il 90) e nemmeno sul lavoro nelle altre festività e la domenica. Qui gli imprenditori sposano la visione dei sindacati: si riposa, e poco importa se si può battere qualche scontrino – lo dimostra il caso della Coop di La Spezia – intercettando qualche ben disposto acquirente.

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    La Confesercenti romana ha promesso di volere tornare alle chiusure domenicali e festive per tutto l'anno e, per farlo, sta raccogliendo le firme dei cittadini anche fuori dalle chiese (siamo a quota 150 mila, ha detto al Corriere Roma il presidente della Confesercenti provinciale romana Valter Giammaria). L'intenzione è di presentarle alla commissione attività produttive di Camera e Senato perché il regime attuale non funziona, l'obiezione è che la gente non compra. Eppure se si accorpassero le festività annuali – sostenne il governo Monti prima di aprire alla liberalizzazione degli orari commerciali – il pil italiano crescerebbe dell’1 per cento. Si possono produrre beni per 4 miliardi in più, disse la Confindustria nel 2011. L’ultimo studio in materia, compiuto da Cermes e Università Bocconi, stimava addirittura che le sole aperture domenicali consentirebbero un aumento dello 0,25 per cento del pil italiano.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.