Rovesci militari
Obama fa le guerre per procura ma non sa addestrare gli alleati
L’Amministrazione Obama in politica estera fa molto affidamento sul soft power militare, quindi sull’uso di droni e sull’assistenza militare a paesi lontani, alleati (più o meno) e impegnati in campagne di antiterrorismo. L’ultima settimana può essere presa come un esempio di questa linea politico-militare: sabato e domenica Washington ha appoggiato il governo dello Yemen nella campagna di bombardamenti più intensa di sempre contro al Qaida (c’è stato un numero imprecisato di morti, superiore a 40, tra loro anche civili) e martedì ha annunciato l’invio di elicotteri da guerra Apache al governo alleato in Egitto.
L’Amministrazione Obama in politica estera fa molto affidamento sul soft power militare, quindi sull’uso di droni e sull’assistenza militare a paesi lontani, alleati (più o meno) e impegnati in campagne di antiterrorismo. L’ultima settimana può essere presa come un esempio di questa linea politico-militare: sabato e domenica Washington ha appoggiato il governo dello Yemen nella campagna di bombardamenti più intensa di sempre contro al Qaida (c’è stato un numero imprecisato di morti, superiore a 40, tra loro anche civili) e martedì ha annunciato l’invio di elicotteri da guerra Apache al governo alleato in Egitto. Questo genere di aiuti comprende anche i cosiddetti programmi “bianchi” delle forze speciali – da distinguere da quelli “neri”, come gli omicidi clandestini – per addestrare le forze locali e trasformarle in alleati efficienti in grado di fare la guerra. Questa settimana prova però che questa linea soft può fallire – in modo imbarazzante. Due giorni fa il Daily Beast ha scritto che un campo d’addestramento allestito dalle forze speciali americane sulla costa della Libia, a 27 chilometri dalla capitale Tripoli, è diventato la base di un gruppo jihadista comandato da un veterano di al Qaida, Ibrahim Ali Abu Bakr Tantoush, finito nel 2002 sulla lista americana degli associati di Osama bin Laden. “Tantoush ora è il capo del campo d’addestramento in cui i governi americano e libico speravano di addestrare le forze speciali libiche per dare la caccia a militanti come Tantoush”, scrive Eli Lake, l’autore del pezzo. La notizia del “Campo 27” (il numero dei km sulla strada che porta da Tripoli a Tunisi) è apparsa prima sui media libici e sui siti jihadisti ed è stata confermata a Lake da ufficiali della Difesa americana.
Una settimana fa Tantoush è apparso in un’intervista sulla tv libica e ha confermato di essere nel paese, ma non ha parlato del campo. Secondo la Difesa americana, oggi quella è un’area “denied”, il che vuol dire che eventuali forze americane sul campo dovrebbero combattere per avere l’accesso. La situazione è precipitata nel giugno 2013, quando due milizie locali hanno fatto irruzione nella base e l’hanno saccheggiata.
Nel bottino di guerra c’erano anche veicoli blindati, fucili d’assalto americani, occhiali per la visione notturna e munizioni, destinati ai cento ipotetici uomini delle forze speciali libiche che non sono mai diventati un reparto reale. Quel raid fu sufficiente a uccidere il programma d’addestramento. “Ci aspettavamo che quei tizi sarebbero andati in missione con i nostri, con i Navy Seal e con la Delta Force, ma naturalmente non è più successo”. L’Amministrazione americana è consapevole dell’importanza della Libia, paese instabile che serve come scalo jihadista per l’Africa del nord e per il medio oriente, ma ha limitato il suo impegno in quell’area, soprattutto dopo la morte dell’ambasciatore Chris Stephens nel settembre 2012.[**Video_box_2**]
Il programma fallito in Mali - Ieri in Mali è cambiato il capo d’accusa contro il generale golpista Amadou Sanogo. Adesso rischia la pena di morte per cospirazione finalizzata all’omicidio, perché durante il putsch del marzo 2012 fece sparire – così dice l’accusa – decine di paracadutisti fedeli al presidente deposto Amadou Toumani Touré. Proprio in questi giorni è arrivato un rapporto interessante sul fallimento del programma militare d’addestramento degli americani in Mali. L’autore, un maggiore delle forze speciali americane che ora lavora al Naval College, ha partecipato al programma e descrive il doloroso distacco tra le intenzioni del Pentagono – creare una forza militare maliana capace – e la riuscita effettiva sul campo.
Gli americani portavano tutto l’equipaggiamento necessario, dagli scarponi alle giberne alle armi alle radio, ma tutto spariva a causa della veloce rotazione delle unità, che non stavano mai in campo più di sei mesi: alla scadenza, gli istruttori inviati in Africa dal Pentagono si ritrovavano con nuovi soldati da vestire, e generalmente di capacità quasi nulle. Sparavano con gli occhi chiusi, non sapevano smontare i fucili – che avevano vecchi, a dispetto del fatto che le armerie fossero state fornite di nuovi modelli – e non riuscivano a usare le radio portate dagli americani. Quando nel 2009 organizzarono un’offensiva contro al Qaida, nel nord del paese, finì in disastro per loro: l’accampamento fu razziato dai nemici che in teoria stavano braccando perché la sorveglianza notturna era insufficiente e 29 soldati morirono. Tre anni dopo, arrivò pure il golpe militare.
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