Se Piketty pikiava
Da un commissariato di Parigi per un lungo interrogatorio dopo una denuncia per “violenza coniugale” contro la compagna, alla Casa Bianca per essere ricevuto con tutti gli onori come nuovo eroe dei liberal americani. Il percorso di Thomas Piketty, l’economista francese diventato una star negli Stati Uniti grazie al suo libro su – o meglio contro – “Il Capitale nel XXI secolo”, potrebbe ispirare gli sceneggiatori delle migliori serie televisive americane. Figlio di borghesi sessantottini che passati da Lutte Ouvrièr all’allevamento di capre nell’Aude. Primo della classe alla Scuola normale superiore. Dottorato preparato alla London School of Economics.
Da un commissariato di Parigi per un lungo interrogatorio dopo una denuncia per “violenza coniugale” contro la compagna, alla Casa Bianca per essere ricevuto con tutti gli onori come nuovo eroe dei liberal americani. Il percorso di Thomas Piketty, l’economista francese diventato una star negli Stati Uniti grazie al suo libro su – o meglio contro – “Il Capitale nel XXI secolo”, potrebbe ispirare gli sceneggiatori delle migliori serie televisive americane. Figlio di borghesi sessantottini che passati da Lutte Ouvrièr all’allevamento di capre nell’Aude. Primo della classe alla Scuola normale superiore. Dottorato preparato alla London School of Economics. Professore al Mit. Fondatore della Scuola di economia di Parigi. Consigliere economico di Ségolène Royal nel 2007. Ora anche numero uno delle vendite su Amazon Us e tra i bestseller del New York Times, per un libro che Paul Krugman ha definito “il più importante dell’anno e forse del decennio”. Dalla biografia di Wikipedia del “Frenchie” più trendy che c’è manca solo un premio Nobel che presto o tardi potrebbe arrivare. Ma un piccolo episodio dell’uomo che picchia contro le rendite da capitale è solo accennato.
Il 6 febbraio del 2009 Aurélie Filippetti, oggi ministro della Cultura, presentava una denuncia per “violenza coniugale” contro il suo compagno Thomas Piketty. Le botte nella coppia più brillante della sinistra – lei era la bellissima portavoce del gruppo socialista all’Assemblea nazionale, lui l’economista in dissenso con l’ortodossia del Partito ma sufficientemente fighetto da piacere alla gauche – facevano discutere nelle cene mondane della capitale. In un interrogatorio di sette ore, comprensivo di fermo giudiziario, Piketty aveva raccontato la sua versione alla polizia. Nel settembre successivo l’inchiesta era stata archiviata perché “Piketty ha riconosciuto i fatti della violenza contro Filippetti e se ne è scusato” e “Filippetti, nell’interesse della famiglia e dei figli, non ha dato seguito alla procedura”, come aveva spiegato all’epoca l’entourage della ministra della Cultura.
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Da allora, e fino alla scoperta da parte di Krugman&Co, Piketty è scomparso dal radar delle celebrità in Francia. Perché perfino nel paese del presidente che è arrivato al potere con lo slogan “non mi piacciono i ricchi” il suo libro di mille pagine contro il capitale è stato ampiamente ignorato. Colpa anche di François Hollande, che non ha mai veramente apprezzato Piketty, considerato non omogeneo al pensiero unico socialista. Troppo vicino a Dominique Strauss-Kahn e Michel Rocard, con le sue proposte di abbassare le imposte sui redditi per concentrarle su capitale e patrimoni al fine di ridurre le disuguaglianze del paese.
Le disuguaglianze sono la grande ossessione di Piketty. L’aspirazione di trasformare lo stato in Robin Hood moderno è la parte più originale del suo pensiero: non si tratta – come per i socialisti francesi – di togliere ai ricchi per ridistribuire ai poveri alimentando l’enorme Leviatano, ma di tassare gli ereditieri che non creano ricchezza per tagliare le tasse sui poveri. Peccato che il suo lavoro sia stato macchiato da qualche dato manipolato e da un difetto di fondo: è “marxismo provinciale”, ha scritto un anno fa sul Point l’economista liberale Nicolas Baverez. “In Piketty come in Marx, le dimostrazioni del saggio sono spesso eclissate dalle passioni dell’ideologo”. Per ora, l’economista concede interviste nel lussuoso St. Regis Hotel di Washington. L’entusiasmo provocato tra i neo-keynesiani, invece, lascia intravedere il vacuum della loro dottrina, nel momento in cui l’austerità intelligente – meno tasse e più tagli allo stato – e le riforme – sempre ispirate dalla scuola di Chicago – stanno facendo uscire l’Europa dalla sua crisi, mettendo in discussione le loro certezze.
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