Vestito nuovo, messaggio vecchio. Ecco l'estetica mutante del Grillo-Fregoli

Marianna Rizzini

Il solito nemico preso in prestito dal (datato) immaginario di Occupy Wall Street – il “diavolo del Dio denaro che ha corrotto le anime”, come recita il video-inno per le Europee del Movimento cinque stelle, quello in cui i “cittadini” di ogni età e città, bimbi compresi, “sbattono i pugni sul tavolo” contro la Ue-carogna – e l’estetica mutante di Beppe Grillo. Un Grillo che quel nemico trito ha deciso di cavalcarlo a oltranza, forse perché è plasmabile e adattabile a ogni dramma e a ogni situazione, e permette di non decidere in modo irrevocabile chi essere stavolta.

    Il solito nemico preso in prestito dal (datato) immaginario di Occupy Wall Street – il “diavolo del Dio denaro che ha corrotto le anime”, come recita il video-inno per le Europee del Movimento cinque stelle, quello in cui i “cittadini” di ogni età e città, bimbi compresi, “sbattono i pugni sul tavolo” contro la Ue-carogna – e l’estetica mutante di Beppe Grillo. Un Grillo che quel nemico trito ha deciso di cavalcarlo a oltranza, forse perché è plasmabile e adattabile a ogni dramma e a ogni situazione, e permette di non decidere in modo irrevocabile chi essere stavolta. Non c’è infatti un unico personaggio, ora, nel repertorio dell’attore-comico-tribuno che deve scegliere continuamente la maschera per restare al centro del suo teatro, alla vigilia del prossimo tour in camper, tsunami rieditato che parte proprio dalla Sardegna dove Grillo ha rinunciato a correre per le amministrative, non molto tempo fa, per evitare la dissolvenza mediatica del M5s locale tra mille litigi e mille liste. Non c’è certezza del ruolo, stavolta, ché l’attore Grillo preferisce essere uno, nessuno e centomila per poter meglio fare da specchio agli arrabbiati volubili che ha conquistato o vuole conquistare (anche l’elettorato di Grillo è mutante, dicono alcuni sondaggisti: il 50 per cento di quelli che l’hanno votato l’anno scorso se ne sono andati, ma “altrettanti” ne stanno arrivando, è la tesi di Tecné). Un giorno si vede dunque Grillo in piena costruzione drammatica della scena, scuro in volto come scura è la disoccupazione che  gli viene rovesciata in faccia dalla piazza di Piombino, nei pressi dell’ex acciaieria Lucchini, tra gli operai a cui il comico promette di stracciare i trattati europei mentre qualcuno dei suoi attivisti fa abbassare uno striscione di una ragazza che dice “troppo comodo farsi vedere ai funerali” (è un piccolo smacco, motivo per cui, a mente fredda, e a quarantotto ore di distanza, Grillo ribalta la frittata dando la colpa a chi, governando, non lo fa governare: “Se fossi andato a Piombino con il reddito di cittadinanza già approvato il rapporto con gli operai sarebbe stato diverso”). Ma il giorno successivo Grillo cambia già faccia, facendo prove generali di strategia alla Fregoli: un attimo per mutare espressione e aspetto, come il Leopoldo Fregoli trasformista frenetico che a fine Ottocento si esibiva al Teatro Valle (non occupato) e un secolo dopo riviveva nelle interpretazioni di Alberto Sordi e Gigi Proietti (peccato che a Grillo, di Fregoli, manchi la sotterranea inquietudine tragica).

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    Fatto sta che il Grillo di Piombino entra ed esce dal suo contrario, il Grillo marittimo che gigioneggia sulla spiaggia toscana dove un anno fa si faceva vedere in tuta da astronauta cattivo e mimetico, e abbraccia la giornalista Roberta Ferrari di “Agorà” durante l’intervista, come un padre comprensivo di fronte al figlio testone (“Ma perché non capisci?”, le dice con fare pretesco, mentre minaccia di “chiedere il governo a Napolitano” in caso di vittoria, dichiarandosi “certo” della vittoria stessa). Sulla sabbia dorata, il Grillo “grande vecchio del movimento” (terza maschera), sciorina il ritornello liberamente riciclato dalla campagna 2013 (cambia solo il nome del bersaglio) sul “Renzi figlio di troika” e “bamboccio che saltella da un tg all’altro dicendo cazzate”, e sul presidente della Repubblica che deve dimettersi “e magari ritirarsi a Cesano Boscone”, dove potrebbe “incontrare” con tutto comodo “il noto pregiudicato”. Cambia il volto, non il messaggio: riecco l’insistenza sulle elezioni anticipate e sulla legge elettorale “fatta per tagliarci fuori” da quelli che devono stare insieme “sennò muoiono e moriranno”. “Meraviglia”, dice poi Grillo con faccia sognante: sarà come un “nuovo Rinascimento”. Ma tutto dura lo spazio d’un mattino, e oggi a Siena (per l’assemblea Mps), l’attor-Grillo si si vestirà di nuova cupezza, forte dell’abituale profezia di sventura (“milioni di persone resteranno per strada”) e del mito di descrescita: tutti felici, tutti con poco, dice sempre, non si sa quanto dimentico del fatto che l’uomo ha già dolorosamente sperimentato (e rifiutato, nel Novecento) le utopie che imponevano un’uguaglianza al ribasso, inconciliabile con la cosiddetta “ricerca della felicità”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.