Il Primo maggio del ministro
Madia ci spiega il piano del governo per rendere la Pa meno fantozziana
“Ciao ciao ragionier Fantozzi”. Sono le diciannove e cinquanta quando Matteo Renzi conclude la conferenza stampa durante la quale ha presentato i punti chiave della futura riforma della Pubblica amministrazione. I tempi, rispetto al Documento di economia e finanza, non sono rispettati (nel Def, il governo ha promesso di approvare la riforma entro maggio, ieri Renzi ha annunciato che il progetto sarà in Consiglio dei ministri il 13 giugno, e di fatto ieri il premier ha parlato di un metodo, non di un testo).
“Ciao ciao ragionier Fantozzi”. Sono le diciannove e cinquanta quando Matteo Renzi conclude la conferenza stampa durante la quale ha presentato i punti chiave della futura riforma della Pubblica amministrazione. I tempi, rispetto al Documento di economia e finanza, non sono rispettati (nel Def, il governo ha promesso di approvare la riforma entro maggio, ieri Renzi ha annunciato che il progetto sarà in Consiglio dei ministri il 13 giugno, e di fatto ieri il premier ha parlato di un metodo, non di un testo). L’approccio scelto dal governo Leopolda appare diverso rispetto alle prime uscite dell’esecutivo (Renzi è passato dal metodo “accelerare all’impazzata per riformare” al metodo “rallentare un po’ per riformare meglio”) ma i contenuti presenti all’interno del progetto sulla Pubblica amministrazione, anche se ieri il presidente del Consiglio non è sceso nei particolari (“Se avessimo presentato oggi un progetto di legge o un decreto ci avrebbero accusato di voler fare campagna elettorale e la campagna elettorale avrebbe condizionato tutto: abbiamo deciso allora di togliere questa importante discussione dalla campagna elettorale e consultare i cittadini”), sono convincenti e potremo riassumerli così: nuovi criteri per premiare i lavoratori bravi e produttivi e stangare i lavoratori fannulloni; meccanismi per far sì che i dipendenti della Pa che non accettano un demansionamento finiscano nella categoria “esuberi”; possibilità di licenziare dirigenti che rimangono privi di incarico oltre un determinato termine; abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio, che secondo il governo permetterà di creare “a zero euro” 10 mila posti di lavoro per i giovani; agevolazioni per il part time e il turn over dei dipendenti, anche attraverso prepensionamenti in deroga alla legge Fornero; riduzione del monte ore per i permessi sindacali del pubblico impiego; regole più rigorose sull’incompatibilità di incarichi per i magistrati amministrativi; riduzione delle prefetture (non più di 40); eliminazione dell’obbligo per le aziende di iscriversi alle camere di commercio. I punti salienti della riforma, per ora solo promessa, sono questi.
E alla fine della conferenza stampa il ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia accetta di approfondire con questo giornale alcuni punti della riforma. Il Foglio chiede al ministro in che cosa sia cambiato l’approccio dei riformisti di sinistra rispetto al tema pubblico impiego e Madia la mette così: “Credo ci sia un punto importante che merita di essere valorizzato. E’ la prima volta che un governo decide di riformare la Pubblica amministrazione puntando non sui criteri dei tagli alla spesa pubblica ma sui criteri dell’efficienza e della politica pura. So che storicamente il pubblico impiego è stato spesso considerato un tabù anche dal mondo progressista, perché sfiorare il pubblico impiego è stato sempre percepito come un modo come un altro di infilare il bisturi in un mondo intoccabile e tradizionalmente legato al nostro universo culturale. Credo però che oggi sia arrivato il momento di liberarci di questo tabù e di mettere in campo tutto quello che occorre per trasformare la macchina statale in una struttura efficiente: come una grande azienda”. Il Foglio chiede al ministro se sia quantificabile il risparmio previsto dall’“operazione efficienza” e ricorda che in fondo anche i governi precedenti hanno agito in modo significativo sulla pubblica amministrazione facendo risparmiare parecchi soldi alle casse pubbliche (tra il 2011 e il 2012 è stato ridotto il numero di dipendenti pubblici del 3,5 per cento e la riduzione delle spese complessive nella Pa, come confermato nel Def, è scesa del 3,6 in due anni). Madia dice però che parlare di numeri “non ha senso oggi e significa non cogliere il senso del progetto del governo” e ci offre la seguente riflessione.
[**Video_box_2**]Dice Madia: “Quando il presidente del Consiglio dice che occorre puntare sul capitale umano significa che il governo, proprio come un’azienda, deve muoversi per snellire gli apparati pesanti e rafforzare gli apparati che hanno bisogno di nuove forze. Mobilità interna, è questo il punto. Quello che insomma noi stiamo proponendo è un approccio del tutto diverso rispetto al passato. E in cui finalmente sarà possibile non soltanto introdurre nel mondo della Pubblica amministrazione la parola ‘merito’ ma in cui sarà possibile anche introdurre un principio che questo governo sta provando ad applicare su più campi: legare quanto il salario di un dipendente alla sua produttività”. In che senso ministro? E come sarà possibile distinguere un lavoratore produttivo da uno improduttivo? “A mio avviso – prosegue Madia – il cuore della riforma è un principio che credo sia abbastanza rivoluzionario: non ci saranno più dirigenti a tempo indeterminato, non ci saranno più alti dipendenti della Pubblica amministrazione inamovibili e tutti i dipendenti pubblici, quando la riforma sarà approvata, entreranno rivestendo un ruolo unico: e il loro stipendio sarà legato a due fattori. Il primo fattore è la parte fissa della retribuzione. Il secondo fattore è invece la parte variabile legata all’incarico che quel dipendente avrà. Più l’incarico sarà importante e più la parte variabile della retribuzione sarà maggiore. Ma una volta terminato l’incarico, se non sei bravo tornerai al punto di partenza. Niente più scatti fissi e automatici. Fine dei percorsi meccanici. E così sarà anche più facile stanare i fannulloni”.
Madia sostiene che, se tutto andrà come il governo crede, la riforma “potrebbe essere approvata in via definitiva anche entro la fine del 2014” (“è il mio obiettivo, anche se so che non sarà semplice”). Dice che il prossimo anno, sempre se tutto andrà come il governo crede, “sarà possibile ragionare su un nuovo scenario di concorsi pubblici”. Ammette che difficilmente si andrà verso un decreto, “credo sia molto più probabile un disegno di legge delega”. E dice di essere contenta del fatto che la presentazione della riforma cada in concomitanza con il Primo maggio. La festa dei lavoratori. “E’ una coincidenza fortunata. Il nostro approccio non è più quello di chi vuole difendere solo i lavoratori infischiandosene del posto in cui quel lavoratore si trova a operare. Il nostro approccio è quello di chi sa che sarà possibile tutelare il lavoro dei dipendenti pubblici solo rendendo più efficienti i luoghi in cui si trovano a lavorare i dipendenti pubblici. I sindacati? Non è più il tempo della concertazione e della discussione solo con le parti sociali. Il governo decide in autonomia, accetta consigli, ma poi decide. Per troppo tempo – conclude il ministro Madia con un sorriso – lo statale in Italia è stato percepito come se fosse un Fantozzi in miniatura. Ecco: se mi concedete una battuta, credo che con questa riforma, quando sarà approvata, daremo la possibilità alla Pubblica amministrazione di essere percepita in modo diverso. La dico così: semplicemente meno fantozziana”.
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