I lamenti educati degli Tsipras, assediati dal Grillo del “no al Capitale”

Marianna Rizzini

Questi e quelli, Lista Tsipras e Cinque stelle: divisi da tutto, ma uniti, ohimè, dalla sorte crudele che ha voluto farli innamorare delle stesse parole d’ordine in prossimità della campagna elettorale europea: “Pugni sul tavolo”, dice infatti l’inno a Cinque stelle; “serve un battere i pugni comune che diventi una discussione su come cambiare l’Europa”, dicono gli Tsipras. Ma è soltanto uno scherzo del destino, questo, ché gli Tsipras e i Cinque stelle, per tutto il resto, si battono con toni e modi opposti, con diversi amplificatori (il Manifesto per gli Tsipras, il Fatto per i Cinque stelle).

    Questi e quelli, Lista Tsipras e Cinque stelle: divisi da tutto, ma uniti, ohimè, dalla sorte crudele che ha voluto farli innamorare delle stesse parole d’ordine in prossimità della campagna elettorale europea: “Pugni sul tavolo”, dice infatti l’inno a Cinque stelle; “serve un battere i pugni comune che diventi una discussione su come cambiare l’Europa”, dicono gli Tsipras. Ma è soltanto uno scherzo del destino, questo, ché gli Tsipras e i Cinque stelle, per tutto il resto, si battono con toni e modi opposti, con diversi amplificatori (il Manifesto per gli Tsipras, il Fatto per i Cinque stelle).

    Gli Tsipras, dunque, se ne vanno a Ventotene, domenica 4 maggio, rieditando l’antico confino di Altiero Spinelli con la voce e la presenza della figlia Barbara, editorialista di Repubblica e anima nobile della lista  (“Barbara Spinelli e molti altri candidati della lista saranno nell’isola dove, confinati dal regime fascista, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scrissero il Manifesto “per un’Europa Libera e Unita”, si legge sul comunicato dell’iniziativa “da Ventotene riparte l’Altra Europa”). Se ne stanno educatamente a lato del compagno greco Alexis, gli Tsipras, ormai lontani dai giorni litigiosi dell’esordio, quando Andrea Camilleri e Paolo Flores d’Arcais abbandonarono l’impresa per divergenze sulle candidature. E si concedono al massimo il colpo di testa del sirtaki ballato in Galleria a Milano, con attempati simpatizzanti composti persino nel passo e discretamente si mostrano ottimisti (“raggiungeremo il 4 per cento”, dice Barbara Spinelli), esponendo dalle tribune mediatiche – ove in virtù di par condicio compaiano – garbate critiche al Capitale. Si lamentano senza strepiti della penuria di fondi, i cugini italiani del compagno greco: “I media ci ignorano? e noi andremo casa per casa a portare le nostre ragioni”, scrivono sommessamente su Twitter, mentre l’ex disobbediente e candidato Luca Casarini, quando va in tv, pare addirittura moderato (compassato?), specie se lo si paragona a un esponente di punta della comunicazione a Cinque stelle che piace a Casaleggio (vedi lo stile tutto “ao’, la gggente piagne” della senatrice Paola Taverna). La finanza canaglia va combattuta, dicevano sotto la Borsa di Milano gli Tsipras, come peraltro hanno sempre detto negli ultimi anni dai loro partiti di riferimento, solo che ora l’anticapitalismo è di moda (vedi il successo de “Il capitale nel ventunesimo secolo” di Thomas Piketty) e, quel che è peggio, Beppe Grillo si è messo a prendere di petto molto più spesso dell’anno scorso il “dio denaro” che “corrompe le anime” (ritornello dell’inno elettorale del M5s), facendo comizi a Siena e a Piombino (dove però, e per fortuna per gli Tsipras, qualche elettore “rosso” esiste ancora).

    [**Video_box_2**]I Cinque stelle, invece, felici di aver usurpato (di nuovo) al Pd Piazza San Giovanni per il comizio finale pre-europee del 23 maggio, se ne vanno a Cagliari, domenica prossima, e con la grancassa. Cioè con Grillo che tuona contro “le banche ragnatele di potere”, i ricchi e gli evasori, insistendo su reddito di cittadinanza e disoccupazione, tema sensibile nel bacino elettorale della sinistra che sta a sinistra del Pd, e che oggi, alle marce del Primo maggio, indosserà la fascia nera in segno di lutto. Arringa la folla al grido di “vinciamo noi”, Grillo, mentre gli Tsipras, sempre educatamente, lamentano articoli antipatizzanti sul Fatto – vogliono “screditare la lista”, dicono quando il Fatto parla di scissione renziana dentro Sel (macché, dicono da Sel, e però è dal congresso di Sel che se ne parla). Anche in Parlamento i temi di area Tsipras sono assediati a intermittenza ma in modo virulento dai Cinque stelle, ed è poca consolazione, per i seguaci del compagno greco, constatare che, se Grillo oggi dice “Renzi figlio di Troika”, Casarini già a marzo diceva “Renzi cavallo di Troika”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.