I geni asiatici

Giulia Pompili

In Giappone li chiamano i “nana-roku sedai”, letteralmente quelli della generazione del ’76. Hanno vent’anni in meno del loro premier, Shinzo Abe, che gli ha promesso che farà uscire il Giappone dalla stagnazione economica e culturale in cui versa da vent’anni. E sono in molti a credere che dove non arriverà l’Abenomics arriveranno loro, i nana-roku sedai. Qualche giorno fa Devin Stewart, senior fellow del Carnegie Council, ha scritto un articolo su Foreign Affairs sulla generazione giapponese del cambiamento. Scrive Stewart che i nati dopo il 1976 in Giappone sono i veri riformatori liberali, e saranno gli autori di quel mutamento che libererà la società nipponica dalle sue rigide strutture.

    In Giappone li chiamano i “nana-roku sedai”, letteralmente quelli della generazione del ’76. Hanno vent’anni in meno del loro premier, Shinzo Abe, che gli ha promesso che farà uscire il Giappone dalla stagnazione economica e culturale in cui versa da vent’anni. E sono in molti a credere che dove non arriverà l’Abenomics arriveranno loro, i nana-roku sedai. Qualche giorno fa Devin Stewart, senior fellow del Carnegie Council, ha scritto un articolo su Foreign Affairs sulla generazione giapponese del cambiamento. Scrive Stewart che i nati dopo il 1976 in Giappone sono i veri riformatori liberali, e saranno gli autori di quel mutamento che libererà la società nipponica dalle sue rigide strutture. Mentre i baby boomers (generazione di cui fa parte anche Shinzo Abe) subiscono ancora l’influenza del Giappone post bellico e del nazionalismo estremo, i nana-roku sedai hanno sviluppato un’attenzione particolare per l’imprenditoria, fanno network, si preoccupano di istruzione e società civile. E hanno delle idee, che il governo sta cercando di mettere in pratica. Stewart racconta la storia di Hiroki Komazaki, trentacinquenne di Tokyo: nel 2004 ha fondato un’associazione che trasforma in asili nido gli spazi in disuso di alcuni condominii della capitale. L’idea, seppur semplice, in teoria sarebbe stata fuorilegge ma il governo giapponese, visti i vantaggi, non ha potuto far altro che accogliere il “suggerimento” e renderlo legale. Perché una delle cause del tasso di disoccupazione femminile così alto è proprio la mancanza di un sistema assistenziale che permetta alle donne giapponesi di lavorare. Komazaki è diventato il simbolo di una generazione che rispetta religiosamente le regole, ma è capace anche di cambiarle.

    [**Video_box_2**]Che stia mutando qualcosa nelle nuove leve di ragazzini asiatici è un dato evidente non solo in Giappone. In un articolo pubblicato sull’ultimo numero della Pnas, la sociologa Amy Hsin del Queens College e Yu Xie dell’Università del Michigan cercano di spiegare perché gli studenti asio-americani sono più bravi dei loro colleghi americani. La prima generazione di bambini nati da immigrati asiatici in America subisce l’influenza culturale dei genitori, e così la risposta non è difficile da intuire: si impegnano di più – la società asiatica è culturalmente portata a pensare che l’impegno porti al successo – e sono più motivati a raggiungere quel successo. L’altroieri Roger Cohen sul New York Times spiegava quanto fosse ancora vivo nella borghesia vietnamita il sogno americano. Per Cohen basta farsi un giro a Phu My Hung, il quartiere bene di Ho Chi Minh City, per incontrare ragazzini dall’inglese perfetto che studiano dodici ore al giorno e vorrebbero concludere gli studi accademici al Mit: “La brochure di Little Genius, un asilo internazionale”, scrive Cohen, “elenca tra i suoi obiettivi: ‘Integrare creativamente la tecnologia nel curriculum, guadagnandosi così l’accesso agli strumenti di apprendimento del Ventunesimo secolo. In un mondo sempre più tecnologico, è importante dare presto ai bambini l’accesso a strumenti e attrezzature che useranno nel loro futuro”. Rottamazioni in vista.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.