Fuoco di carta

Annalena Benini

Anna Achmatova, poetessa russa, diede fuoco ai suoi versi per salvarsi la vita. La vedova di Osip Mandel’stam, poeta morto nel gulag in Siberia, mandò a memoria tutta l’opera del marito, perché aveva paura della carta. La carta viene scoperta, i libri vengono bruciati. Perché sono pericolosi: cambiano le persone,  provocano qualcosa dentro. Uno spazio di libertà personale, un sogno, una scintilla. Anche un’idea piccola, quella di un amore appassionato, il sogno che sta dentro un romanzetto da nulla, ma crea disordine, turba l’animo.

    Anna Achmatova, poetessa russa, diede fuoco ai suoi versi per salvarsi la vita. La vedova di Osip Mandel’stam, poeta morto nel gulag in Siberia, mandò a memoria tutta l’opera del marito, perché aveva paura della carta. La carta viene scoperta, i libri vengono bruciati. Perché sono pericolosi: cambiano le persone,  provocano qualcosa dentro. Uno spazio di libertà personale, un sogno, una scintilla. Anche un’idea piccola, quella di un amore appassionato, il sogno che sta dentro un romanzetto da nulla, ma crea disordine, turba l’animo. Gustave Flaubert in fondo descrive una donna rovinata dalle letture frivole, che distrugge la sua vita per qualche parola d’amore, e si suicida. I censori, a quel tempo, lo considerarono “un veleno” nelle mani di giovani donne e perfino “di donne sposate”. Flaubert restò affascinato dalla requisitoria contro il suo romanzo, e nella nuova edizione di “Madame Bovary” volle pubblicare un supplemento con gli atti del processo. Per dimostrare che c’è sempre un motivo per bruciare un libro, una storia, un personaggio. E c’è sempre chi ha voglia di appiccare il fuoco, certo di agire in nome di un’idea perfetta, trovata magari dentro un altro libro, “l’unica strada per il paradiso in terra”, come scrisse Milan Kundera a proposito degli entusiasti dei regimi criminali. Pierluigi Battista ha raccontato questa terribile tentazione in “I libri sono pericolosi, perciò li bruciano” (Rizzoli), ha indagato sulla volontà di sterminare [**Video_box_2**]le parole e le scintille che le accarezzano. “Un libro è un fucile carico nella casa del tuo vicino”, dice il capo dei pompieri piromani in “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury. E l’aspirazione al rogo non è dei barbari, degli ignoranti, degli odiatori rozzi, scrive Battista: “Vuole bruciare le idee chi è dominato da un’Idea” e la considera superiore a tutto. Magari quell’idea l’ha maturata sopra un milione di libri, o su uno soltanto, e allora è vero che i libri sono pericolosi. Muovono le cose del mondo, muovono il cuore dei giovani che lessero “I dolori del giovane Werther” di Goethe e finirono suicidi. Stordiscono, avvincono, fanno balenare nuove possibilità, quella di andare a caccia della balena bianca, o di impazzire per Lolita, o di incontrare un guardiacaccia, di combattere i mulini a vento con Sancho Panza. Non devono farci diventare migliori, ecco la grande, meravigliosa libertà raccontata in questo pamphlet. Non serve nemmeno essere in tanti: basta un uomo, o una donna, una ragazzina da sola con in mano il suo libro. Per questo mandavano a morire le persone che indossavano occhiali. Leggevano, vedevano. Immaginavano. Ecco perché “Leggere Lolita a Teheran” è un libro importante: contro qualunque manipolazione, contro qualunque idea ordinata e spaventosa di paradiso in terra, il disordine interiore che provoca un libro. Non ci renderà più buoni, ma più vivi.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.