Il gran discorso di trent'anni fa, quando la sua voce a Tolosa era l'amico Tom Stoppard
“In una nota, l’autore scrive: ‘Questo discorso è stato scritto per l’Università di Tolosa, dove avrei dovuto tenerlo in occasione dell’assegnazione di una Laurea Honoris Causa, se avessi potuto partecipare […]’. Havel, chiaramente, non era in possesso del passaporto e non poteva viaggiare all’estero. Durante la ceri- monia all’Università di Toulouse-Le Mirail, il 14 maggio 1984, fu rappresentato dal drammaturgo inglese Tom Stoppard”. Questo si legge, in esergo a “La politica dell’uomo”, il testo della (mancata) conferenza del 1984 dello scrittore, drammaturgo e futuro primo presidente della Cecoslovacchia postcomunista Václav Havel che Castelvecchi ha appena mandato in libreria (58 pagine, 7 euro e 50).
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“In una nota, l’autore scrive: ‘Questo discorso è stato scritto per l’Università di Tolosa, dove avrei dovuto tenerlo in occasione dell’assegnazione di una Laurea Honoris Causa, se avessi potuto partecipare […]’. Havel, chiaramente, non era in possesso del passaporto e non poteva viaggiare all’estero. Durante la ceri- monia all’Università di Toulouse-Le Mirail, il 14 maggio 1984, fu rappresentato dal drammaturgo inglese Tom Stoppard”. Questo si legge, in esergo a “La politica dell’uomo”, il testo della (mancata) conferenza del 1984 dello scrittore, drammaturgo e futuro primo presidente della Cecoslovacchia postcomunista Václav Havel che Castelvecchi ha appena mandato in libreria (58 pagine, 7 euro e 50).
Sempre è complicato il destino della parola dei senza parola, come allora era Havel, non più in carcere ma ancora, a cinque anni dalla Rivoluzione di velluto, “dissidente” controllato a vista dal potere comunista. Era stato complicato anche il destino di “Il potere dei senza potere”, il saggio scritto “velocemente” nell’ottobre del 1978, quasi un bilancio tracciato a futura memoria della riflessione di Charta 77, l’esperienza politica e culturale da cui sarebbe germogliata, dopo un lungo inverno di dieci anni, la svolta di Praga. e che aveva proprio nell’idea di una “politica dell’uomo”, incentrata sulla critica dell’ideologia e nella responsabilità collegata alla libertà e alla coscienza della persona il suo fulcro. Havel sarebbe stato arrestato nel 1979. Quel testo ebbe un grande impatto nel dibattito culturale dell’est e dell’ovest europeo, mentre nel plumbeo clima italiano ci volle il coraggio di una piccola casa editrice cattolica, Cseo (Centro studi europa cristiana) per pubblicarlo già a fine 1978.
Sei anni dopo, la conferenza di Tolosa, seppure nel tono e nel ritmo di un discorso ufficiale, condensa con lucidità e vivezza i temi cari all’umanesimo dello scrittore-politico per forza. E soprattutto con una notevole forza profetica, che ne fa ancora (o ancora di più) a trent’anni di distanza una lente diafana per leggere l’oggi bio-politico dell’occidente: per la sua capacità di cogliere nello scientismo anti-umanista, nella tecnologia divenuta criterio automatico di decisione e organizzazione sociale, nella politica esentata dal porsi domande sul bene, il male, la colpa, l’innocenza, i veri nemici della libertà. La vera tragedia dell’uomo che “imbratta il cielo”. Temi che allora, negli anni del definitivo collasso delle ideologie atee otto-novecentesche, aprivano le porte, e proprio dall’Europa orientale, al “ritorno di Dio”. E infatti più di uno spunto nella conferenza di Tolosa sembra inserito in un dialogo ideale con i grandi discorsi sull’Europa del neo santo Karol Wojtyla, ma anche sulle grandi riflessioni sulla ragione dell’uomo e la cultura europea che hanno contrassegnato il dialogo (spesso tra sordi) tra Joseph Ratzinger e l’occidente. Ma non solo di filosofia e religione, di Dio, si tratta. Havel, da prigioniero dall’altra parte del Muro, parla all’Europa di se stessa. I suoi giudizi sul deleterio cedimento della democrazia a un tecno-potere sempre più impersonale potrebbero essere stati scritti oggi, alla vigilia del voto per un’Europa mai così poco amata e mentre dall’Impero d’oriente le armi vengono ancora, come un tempo, rivolte idealmente verso la parte “libera” del continente.
[**Video_box_2**]Sono giudizi che avevano allora, e hanno oggi, destino difficile. E magnificamente il caso, o l’ottusità del potere, ha voluto che a leggere le parole di Václav Havel, in quel maggio di esattamente trent’anni fa, ci fosse un suo grande amico, e un grande artista della parola libera come Tom Stoppard. Fra i maggiori scrittori di teatro contemporanei che ha sempre riconosciuto la decisiva influenza di Havel nel proprio lavoro teatrale. E che nel 2006 nel suo lavoro “Rock ’n’ Roll” metterà in scena proprio la resistenza al regime comunista, filtrata attraverso la musica rock e l’arte, nella Praga tra il 1968 e il 1989. Un’opera teatrale in cui almeno un paio di personaggi sono apertamente ispirati a Havel. Il quale, di rimando, alla domanda di un giornalista a Londra in occasione della prima di “Rock ’n’ Roll”, rispose a proposito dell’amico: “Tom è una persona meravigliosa e sensibile e un uomo umile ed è anche un uomo molto intelligente. E io tendo a prendere ispirazione dagli stronzi”.
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