Dopo il referendum

L'est ucraino vuole unirsi alla Russia, ma l'Ue insiste con le sue minisanzioni

David Carretta

Per l’Unione europea i referendum di domenica a Donetsk e Lugansk sono “illegali e illegittimi”, il governo provvisorio di Kiev li ha definiti “una farsa”, ma la Russia ha annunciato che intende “rispettare la volontà delle popolazioni delle regioni” dell’est dell’Ucraina. Nonostante le aperture della scorsa settimana, Vladimir Putin prosegue con la sua strategia di “tranquillo” smantellamento dell’Ucraina, mentre gli occidentali faticano a trovare una risposta univoca e coerente al presidente russo. I ministri degli Esteri dell’Ue ieri hanno allungato la lista nera di responsabili russi colpiti dal divieto di ingresso sul territorio europeo e dal congelamento degli asset patrimoniali.

    Per l’Unione europea i referendum di domenica a Donetsk e Lugansk sono “illegali e illegittimi”, il governo provvisorio di Kiev li ha definiti “una farsa”, ma la Russia ha annunciato che intende “rispettare la volontà delle popolazioni delle regioni” dell’est dell’Ucraina. Nonostante le aperture della scorsa settimana, Vladimir Putin prosegue con la sua strategia di “tranquillo” smantellamento dell’Ucraina, mentre gli occidentali faticano a trovare una risposta univoca e coerente al presidente russo. I ministri degli Esteri dell’Ue ieri hanno allungato la lista nera di responsabili russi colpiti dal divieto di ingresso sul territorio europeo e dal congelamento degli asset patrimoniali. Per la prima volta – ampliando la base legale delle sanzioni – l’Ue ha preso di mira anche due società della Crimea che operano nel settore dell’energia. Ma sulle sanzioni destinate a far male – le misure per colpire i settori dell’energia, della finanza e del commercio – i Ventotto restano divisi.

    I referendum secessionisti, che secondo i pro russi hanno prodotto risultati bulgari (90 per cento a Donetsk, il 96,2 per cento a Lugansk), aprono una nuova fase di instabilità e mettono in dubbio la tenuta delle presidenziali del 25 maggio in tutta l’Ucraina. Secondo il ministro degli Esteri britannico, William Hague, “l’atteggiamento aggressivo” della Russia rispetto al voto presidenziale deve essere la linea rossa per passare alla cosiddetta “fase 3” delle sanzioni. “Fissare una linea rossa non è il modo più utile per affrontare la questione”, ha risposto il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini. Per l’Italia, l’accordo raggiunto a Ginevra è ancora valido: è necessario “sfruttare questa piccola finestra di opportunità, che deve concretizzarsi nei prossimi giorni”, ha spiegato Mogherini. Il tedesco Frank-Walter Steinmeier ha annunciato una visita nelle regioni dell’est e del sud-est dell’Ucraina perché “in una situazione così tesa l’unica cosa che funziona è costruire ponti”. Nel frattempo, la Francia ha fatto sapere che intende andare avanti con la consegna di due navi porta-elicotteri Mistral – un contratto da 1,2 miliardi di euro – alla Russia.

    L’Unione europea ha riposto tutte le speranze nella road map presentata dall’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa per mediare tra il governo provvisorio di Kiev e Mosca. Lo svizzero Didier Burkhalter, che ha la presidenza di turno dell’Osce, ha spiegato che “non c’è molto tempo”, ma “le sanzioni non sono la priorità” perché “possono essere percepite come una provocazione”. Ma il leader dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin, ha già fatto il prossimo passo, annunciando l’intenzione di chiedere l’annessione alla Russia. Un portavoce della Repubblica di Lugansk ha detto che la regione non intende prendere parte alle presidenziali del 25 maggio: dopo il referendum sull’indipendenza è “inappropriato e forse perfino stupido tenere un’elezione presidenziale”. Steinmeier ha assicurato che, nelle conversazioni telefoniche, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, non ha segnalato l’intenzione di voler far deragliare il voto del 25 maggio. Le parole che arrivano da Mosca continuano a essere rassicuranti. Ma contrariamente agli annunci di Putin, 40 mila soldati russi sono sempre ammassati alla frontiera ucraina, pronti a intervenire a difesa delle comunità russofone. Il primo ministro Dmitri Medvedev ha lanciato un ultimatum sulla guerra del gas, ordinando a Gazprom di esigere il pagamento anticipato delle forniture per l’Ucraina, altrimenti “a giugno riceverà zero metri cubi”.

    [**Video_box_2**]Per mascherare le proprie divisioni, gli europei hanno più volte spostato le loro linee rosse. La “de-escalation” pretesa dopo l’annessione della Crimea ha lasciato il posto alla destabilizzazione dell’est dell’Ucraina, al rispetto dell’accordo di Ginevra e ora alle elezioni presidenziali del 25 maggio. Il lavoro preparatorio per la fase 3 delle sanzioni va avanti a rilento. “L’obiettivo è avere un impianto sanzionatorio che colpisca la Russia, preservando gli europei”, spiega al Foglio un ambasciatore. Ma l’equazione appare impossibile, visti i legami economici e commerciali. “Siamo ancora anni luce dalla fase 3”, dice l’ambasciatore. Anche sull’ampliamento della lista nera deciso ieri l’accordo è stato raggiunto con difficoltà. Il Regno Unito avrebbe voluto allineare l’Ue alle misure americane, che colpiscono gli oligarchi di Putin (il presidente di Rosneft, Igor Sechin, e il boss di Volga Group, Gennady Timchenko) e alcune loro società. Ma di fronte alle resistenze di Italia e Germania le sanzioni sono sempre simboliche: le due società della Crimea inserite nella lista nera non hanno legami con l’Unione europea.