Il più poligamo dei matrimoni è quello che giorno dopo giorno cresce con chi ci sta accanto, quando l'inedito ci sorprende

Umberto Silva

Cerco di persuadere l’amico Giuliano, civilmente sposato con l’incantevole Selma, a sigillare l’impresa con cattoliche nozze. Nicchia. Per invogliarlo mi propongo come testimone e gli prometto un gioioso epitalamio, ma neppure la munifica offerta lo commuove; scuote il regale testone e i suoi occhi sorridono tristi, come se davvero l’accesso all’altare gli fosse impedito da un misterioso fantasma. Finge. In realtà Giuliano saggiamente diffida della mia sulfurea santità e mi sprona a scrivere, io – pluridivorziato in extremis approdato a una chiesetta sugli Euganei colli – dell’indissolubilità del matrimonio.

    Cerco di persuadere l’amico Giuliano, civilmente sposato con l’incantevole Selma, a sigillare l’impresa con cattoliche nozze. Nicchia. Per invogliarlo mi propongo come testimone e gli prometto un gioioso epitalamio, ma neppure la munifica offerta lo commuove; scuote il regale testone e i suoi occhi sorridono tristi, come se davvero l’accesso all’altare gli fosse impedito da un misterioso fantasma. Finge. In realtà Giuliano saggiamente diffida della mia sulfurea santità e mi sprona a scrivere, io – pluridivorziato in extremis approdato a una chiesetta sugli Euganei colli – dell’indissolubilità del matrimonio. Accetto la sfida e rilancio il bouquet: chi sposa chi? Ridicolo pensare che un codice o un sindaco o un prete possano intrufolarsi nell’altrui intimità e unire due persone in matrimonio. Persino la chiesa, così gelosa dei suoi sacramenti, decreta che in quest’occasione siano gli sposi i ministri della grazia di Cristo. Ma attenzione, il matrimonio non è unione, tutt’altro. Il sì che gli sposi pronunciano, il sì che all’apparenza dovrebbe sancire la loro determinazione a fare tutt’uno, in realtà ne sottolinea l’inestinguibile differenza. Il sì di uno non è quello dell’altro, mai potranno unirsi in quell’uno da cui Dio stesso si emancipò quando uscì dal solipsismo sporcandosi le mani con la Creazione. Con voce decisa, roca, timida, esile, spavalda, ciascuno dice sì a qualcosa che non sa, e questo è il dono che porta all’altro, di cui ama l’irriducibile alterità e la premia avventurandosi in quell’ignoto che è l’essenza stessa del matrimonio, ignoto che nonostante gli accaniti sforzi risulta inespugnabile. Indissolubile.  C’è matrimonio nello sguardo, nella parola, nell’ascolto, nel progetto; senza di loro le anime restano lontane, timorose o distratte. Le nozze vivono nell’attuale, le si contrae ogni giorno come un debito inestinguibile, lettere d’amore che incessantemente si scrivono e riscrivono sovrapponendosi senza cancellarsi; un palinsesto.  Che il matrimonio sia indissolubile,  il divorzio lo conferma. Nel divorzio il matrimonio incontra una scrittura che introduce nuovi scenari; un evento che costringe i coniugi al pensiero e, in quanto incontro con il reale, il dolore e la legge, rievoca le nozze, ne fa parte. Se disinvolto e sbrigativo, invece che celebrato artefice di libertà diventa carnefice della parola, la linfa vitale di ogni storia degna di questo nome… A proposito dell’annullamento del matrimonio da parte della Sacra Rota mi permetto di suggerire a Papa Francesco l’annullamento di questa squallida e ingiusta usanza: matrimonio c’è stato, qualcosa comunque si è scritto e risulta incancellabile, indissolubile. Un principio che vale per tutti e in primis per la chiesa. I figli di quelle unioni dovrebbero un giorno apprendere d’essere nati dal nulla? Poveri figli. Così come ancora non si è dismessa l’antica crudeltà di un incerto destino per i bambini morti senza battesimo. Poveri genitori. Nuptiae, nubi, promettenti veli, le nozze aprono all’amore. I mistici pensano che l’assoluto isolamento permetta l’amore esclusivo per Dio, e si trovano circondati da folle di demoni. Nell’amore esclusivo escluso è l’amore. Nel corso della vita vi sono incontri con persone meravigliose, con criminali, con fantasmi e con sintomi. A volte li si odia, a volte li si ama, a volte addirittura, in un trasporto, li si sposa davanti a Dio, a un tramonto, a una notte insonne. Esistono zitelle solo per lo sguardo malevolo di chi si pensa sposata felicemente soltanto perché sposata; tutte le donne sono sposate con qualcuno, che lo vogliano o no: per quanto tentino di preservarsi sono insidiate dalla bellezza del matrimonio.

    [**Video_box_2**]Matrimonio che per quanto lo si tarocchi è sempre etero, ognuno esistendo in un’alterità irriducibile anche a se stesso.  Nulla e nessuno può dissolvere il legame selvaggio e divino che nei cuori misteriosamente si anima per poi prendere corpo, sacramentum che Ovidio e san Tommaso hanno cantato. Fin da piccini siamo poligami, sogniamo l’altare al braccio della compagna di banco, e se giustamente ci scandalizziamo per i disgustosi matrimoni combinati in oriente, apprezziamo la cerimonia che il caso e il cielo ci allestiscono. Tredicenne mi sposai con gli occhi di una ragazzina incrociati per pochi secondi sotto l’Arc de Triomphe;  un anno prima mi ero sposato con il lupo che mi atterrò nel giardino di nonna; poi con mia madre che mi gettava la palla rossa sul lungomare di Santa Margherita; e con un cespuglio di ortensie in cui mi nascosi una sera di maggio. A diciassette mi sposai con “Guerra e pace”, e fu un gran bel matrimonio cui presenziò la corte dello Zar e l’armata napoleonica al gran completo. Dante, che vide una sola volta Beatrice, contrasse con lei un matrimonio assai prolifico. Con tutti costoro incessantemente mi sposo ogni volta che si ripresentano in una nuova luce. Nozze indissolubili e infinite cui si è legati per la vita e che con l’approssimarsi della morte si fanno ancora più vivi e violenti. Ci si sposa col peccato, con la colpa, col crimine quando si osa guardarli in volto, e parlarci, nei momenti di silenzio ritraendoli, come osarono Giotto e Dostoevskij, Michelangelo. I tratti si definiscono e capita di trovarsi in cielo sposatissimi con il peggior nemico, come in un celebre racconto narra Borges. Ma il più poligamo dei matrimoni è quello che giorno dopo giorno cresce con chi ci sta accanto, quando il familiare ci sorprende presentando un inedito volto. L’eternità fissa la fine delle cose, il tempo ne sottolinea l’inarrestabile trasformazione; le cose si sciolgono e riannodano incessantemente, il matrimonio è uno splendido peccato senza assoluzione. Adorno queste parole con versi che diano un’idea più soave del matrimonio; affidato alla sola ragione, per quanto possa costei sbizzarrirsi, le nozze paiono sempre un ficosecco. “Io ti sposai fanciulla quando / scendeva la sera nella valle / il fiume lambendoti i capelli / dicesti ‘è tardi’ scivolasti via. / Donai un bouquet di viole alla tua veste / la sera nella valle scivolasti / sposai la sera la valle i tuoi capelli / profumata voce di fanciulla. / Il fiume si sposava con la sera / la sera si sposava con la valle / leggera la veste scivolava / sposai i capelli con le viole / è tardi dissi amore io ti sposo / davvero tardi dicesti e mi sposasti. / Garrisce di rondini la valle / sposa mia cara sempre io ti sposo / sposo la rondine sposo i tuoi dentini / ti sono ancora spose le mie labbra?     
    Umberto Silva