Le catene della sinistra, i diritti acquisiti e la vera camicia di forza dell'Italia di Renzi (e del suo Pd)

Carlo Stagnaro

Il problema della sinistra è che si è dimenticata la lezione di Karl Marx. Il libro di Claudio Cerasa, “Le catene della sinistra”, arriva provvidenziale, ad aiutarla a ritrovare una bussola persa un po’ per volta. Tesa com’è a leggere la società attraverso la sua sovrastruttura – i tic ideologici, le formule retoriche, la Costituzione più bella del mondo – essa ha perso di vista gli elementi strutturali, cioè gli interessi concreti, sottostanti ai comportamenti elettorali degli italiani. Non che il Partito democratico e le altre forze politiche che si collocano sulla rive gauche non siano consapevoli dell’esistenza di “vincitori” e “perdenti” dietro ogni scelta politica.

    Il problema della sinistra è che si è dimenticata la lezione di Karl Marx. Il libro di Claudio Cerasa, “Le catene della sinistra”, arriva provvidenziale, ad aiutarla a ritrovare una bussola persa un po’ per volta. Tesa com’è a leggere la società attraverso la sua sovrastruttura – i tic ideologici, le formule retoriche, la Costituzione più bella del mondo – essa ha perso di vista gli elementi strutturali, cioè gli interessi concreti, sottostanti ai comportamenti elettorali degli italiani. Non che il Partito democratico e le altre forze politiche che si collocano sulla rive gauche non siano consapevoli dell’esistenza di “vincitori” e “perdenti” dietro ogni scelta politica. Anzi, come argomenta Cerasa, molti posizionamenti del ceto dirigente del Pd sono dettati proprio dalla volontà (o dal bisogno?) di proteggere questo o quello (la parola stessa, “proteggere”, è a suo modo indicativa di un modo di pensare). Però, è come se mancasse tutta la “big picture”. E questo, forse, anche perché, pur avendo dimenticato Marx, i dem (o almeno molti di loro) non hanno ancora scoperto Jim Buchanan e la scuola della “Public Choice”. Altrimenti capirebbero che i processi politici sono il frutto dell’interazione complessa, contraddittoria e in buona parte imprevedibile dei diversi gruppi di interesse, i quali “comprano” favori politici in cambio di fedeltà elettorale. Tutto ciò è fisiologico in una democrazia. Dove sta allora il limite della sinistra? Nel fatto di non aver saputo interpretare l’evoluzione della società italiana e di aver dunque continuato a scambiare sostegno politico e protezione normativa e fiscale con gli stessi, senza accorgersi che il loro peso era ed è inevitabilmente decrescente. Ecco dove nascono le catene di Cerasa: ed ecco perché esse trovano un comune denominatore in una “metacatena”, i diritti acquisiti. La sinistra, nel raccontarsi come la forza della conservazione (“non si tocca x” è un’altra espressione tipicamente di sinistra, in Italia), è stata sia ingenerosa con se stessa, sia cieca. Ingenerosa, e lo ricorda lo stesso Cerasa, perché non pochi dei progressi italiani dell’ultimo ventennio hanno proprio una matrice di sinistra: chi dice riforma del lavoro dice Treu (e Biagi), chi dice liberalizzazioni dice Bersani, chi dice privatizzazioni dice D’Alema. Cieca perché non si è resa conto che dietro a ogni diritto acquisito c’è un “dovere acquisito”: dietro ogni impresa o posto di lavoro tutelato ci sono “n” imprese mai nate e disoccupati senza volto, dietro ogni sussidio c’è qualcuno che lo paga e che vede il potere d’acquisto del suo reddito eroso da cause belle e buone e giuste e nobili e costituzionalmente elevate, ma l’accento sta comunque sul verbo (eroso) e non sugli aggettivi.

    [**Video_box_2**]Solo che un tale equilibrio tra diritti e doveri acquisiti non regge più: perché una società che ristagna economicamente e declina demograficamente è sempre meno in grado di sostenere l’attuale onere fiscale, parafiscale, regolatorio e burocratico. Le catene ideologiche della sinistra sono fatte della stessa stoffa di cui è intessuta la camicia di forza del paese.  Riconoscere queste catene, e la metacatena che le lega, è certamente difficile per la sinistra, perché significa ammettere la sua diversità antropologica da come si narra. Ed è questo che fa di Matteo Renzi un corpo estraneo al Pd, che ha potuto conquistare solo attraverso un’opa ostile. Renzi non subisce la stessa fascinazione intellettuale per i diritti acquisiti, anzi, quando parla, si rivolge molto più spesso ai titolari di doveri acquisiti. In questo senso il libro di Cerasa (che “nasce per raccontare quali sono i poteri e le lobby da cui la sinistra si deve emancipare per governare il paese”) è un formidabile strumento di autodiagnosi per Renzi e il Pd. Se Renzi avrà il coraggio e la forza di esorcizzare la maledizione della sinistra non solo avrà davanti un grande futuro politico, ma disintossicherà il Pd dalla dipendenza dalla sconfitta. Per parafrasare Marx, la sinistra non ha nulla da perdere, se non le sue catene. E forse anche l’Italia.

    Altri link

    - Cosa sono le catene della sinistra

    - Un estratto del libro (capitolo sulla Cultura della sconfitta, Nannimorettismi, Checco Zalone)

    - Lanfranco Pace sulla sinistra che continua ad avere un paura matta e disperata della televisione (con una postilla sul ministro della Cultura Dario Franceschini)

    - Camillo Langone sulla sinistra Slow Foot (al netto del vilipendio di Carlo Petrini)