Il Giappone di Abe cresce da pazzi dopo un lungo sonno

Giulia Pompili

E’ stato all’ultimo incontro di Davos che il premier Shinzo Abe ha spiegato ai grandi dell’economia mondiale la sua ricetta per far ripartire il Giappone. Dopo aver vinto le elezioni nel dicembre del 2012, nel Lexicon del Financial Times è comparsa una parola nuova: “Abenomics”, che riassume la sua strategia delle tre frecce: “La prima è quella di una politica monetaria audace. La seconda è costituita da una politica fiscale flessibile.

    E’ stato all’ultimo incontro di Davos che il premier Shinzo Abe ha spiegato ai grandi dell’economia mondiale la sua ricetta per far ripartire il Giappone. Dopo aver vinto le elezioni nel dicembre del 2012, nel Lexicon del Financial Times è comparsa una parola nuova: “Abenomics”, che riassume la sua strategia delle tre frecce: “La prima è quella di una politica monetaria audace. La seconda è costituita da una politica fiscale flessibile. La terza freccia continuerà a incentivare gli investimenti privati”. Abe ha lanciato tre frecce. Due hanno fatto centro, la terza è ancora in viaggio verso il bersaglio: la stabilità dell’economia giapponese. E’ quella più a rischio, e potrebbe spezzarsi al primo impatto con la realtà di un paese conservatore come il Giappone. Eppure i dati sul pil giapponese pubblicati ieri sono molto più che incoraggianti.

    Mentre l’Unione europea arranca, con la sola Germania a trainare la crescita – e Francia e Italia a fare da zavorra – il Giappone proietta un tasso di crescita nel primo trimestre dell’1,5 per cento, che annualizzato diventa un +5,9 per cento. E’ il ritmo più veloce dal trimestre luglio-settembre del 2011. Il dato è da tigre asiatica, anche se influenzato dal balzo dei consumi dei primi tre mesi di quest’anno.
    Con il rialzo dell’Iva dal 5 all’8 per cento, scattato il primo di aprile, i giapponesi sono corsi a comprare tutti i beni di consumo che avrebbero subìto il rialzo dei prezzi – il primo dal 1997, quando ci fu il precedente rialzo dell’Iva dal 3 al 5 per cento. La spesa dei consumatori è aumentata del 2,1 per cento rispetto al trimestre precedente, il dato più alto dal 1997, quando fece un +2,2 per cento. Il ministro dell’Economia di Tokyo, Akira Amari, ha detto che l’aumento della domanda in vista del rialzo delle tasse è stato più di quello previsto dal governo. Tra gennaio e aprile i giapponesi hanno acquistato beni di consumo a lungo termine, computer, frigoriferi, smartphone. Martin Schulz, economista senior presso l’Istituto di ricerca Fujitsu, ha detto alla Cnbc ieri che “5,9 per cento significa che la gente non ha comprato solo carta igienica ma di tutto, e si prepara a una grande abbuffata di consumi. Finora gran parte dell’Abenomics è dipesa dalla stampa di moneta e dallo yen debole, ora assistiamo invece a una forte domanda dei consumatori”. E questo anche se il mercato dell’auto, che negli ultimi sette mesi aveva registrato solo incrementi, ad aprile è sceso ai livelli più bassi dal dicembre del 2012 (-5,5 per cento). “Call it Japan’s Great Hangover”, ovvero i postumi della sbronza, scriveva non a caso Bloomberg Businessweek il 1° maggio scorso. Questo è un passaggio delicatissimo per il premier giapponese, visto che i consumi privati rappresentano il sessanta per cento dell’economia. Abe ha seguito i consigli dell’economista Koichi Hamada, l’uomo che sostiene l’uso di una politica monetaria ultraespansiva, il piede di porco in grado di far uscire dai forzieri delle famiglie e delle imprese giapponesi la massa gigantesca di liquidità accumulata negli ultimi dieci anni. Ecco riassunta la tesi di Hamada: il deprezzamento dello yen fa aumentare le esportazioni, crescere i profitti delle aziende, aumentare i salari e ripartire i consumi. Una teoria che, secondo i detrattori, può funzionare per un breve periodo, poi moneta e mercati cominciano a pensare che la bolla prima o poi scoppi. Ecco perché la terza freccia è fondamentale: le riforme danno alle misure fiscali e monetarie la stabilità che prima o poi mancherebbe a una crescita dopata. La riforma del lavoro, l’efficienza del vitale settore dei servizi, il coinvolgimento della forza lavoro femminile (la womenomics) sono tutti elementi necessari per stabilizzare la situazione economica e non far precipitare di nuovo il paese nel gorgo della deflazione.

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    Durante l’ultima riunione della Banca centrale del Giappone sono emerse certezze e debolezze: il “business sentiment” delle imprese rimarrà stabile anche per il prossimo futuro, gli interventi pubblici hanno ridato fiato all’economia, il settore privato ha aumentato gli utili, l’occupazione aumenta e la disoccupazione diminuisce. Il commercio estero però non cresce adeguatamente, la crisi dei paesi emergenti influisce negativamente sull’export, ma non ci sono motivi per cambiare strategia complessiva. La Boj prevede che, dopo una possibile contrazione della crescita nel secondo trimestre, il pil torni a espandersi al di sopra della crescita potenziale già nell’estate. La deflazione, quella che Abe chiama “il veleno della crescita economica”, ha inseguito il Giappone per vent’anni. Il governatore della Banca centrale giapponese, Haruhiko Kuroda, l’eroe dell’Abenomics, ieri ha detto che l’economia è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo del 2 per cento per l’inflazione. Se così non fosse, la Banca centrale è pronta a nuovi stimoli in autunno. Ma per Kuroda le aspettative di aumento dell’inflazione stanno già spingendo le imprese a incrementare i salari e i prezzi, è per questo che la strategia di crescita nel prossimo mese dovrà concentrarsi esclusivamente sulle riforme strutturali. La terza freccia, e poi finalmente “Japan will be back”.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.