#Giorgiostaisereno

Claudio Cerasa

“E’ mai possibile che in operazioni come Alitalia, Electrolux e Ilva sono due anni che non tocchiamo palla?”. I protagonisti di questa storia sono un gruppo di imprenditori famosi che fanno parte di uno dei sindacati più potenti d’Italia e che da alcuni mesi a questa parte si ritrovano in una situazione che sarebbe un eufemismo definire semplicemente complicata. Il sindacato di cui parliamo si chiama Confindustria, è guidato da due anni da Giorgio Squinzi e a metà del suo mandato da capo degli industriali, il capo della Mapei, attraversa una fase non troppo diversa da quella vissuta da Enrico Letta negli ultimi mesi del suo governo.

    “E’ mai possibile che in operazioni come Alitalia, Electrolux e Ilva sono due anni che non tocchiamo palla?”. I protagonisti di questa storia sono un gruppo di imprenditori famosi che fanno parte di uno dei sindacati più potenti d’Italia e che da alcuni mesi a questa parte si ritrovano in una situazione che sarebbe un eufemismo definire semplicemente complicata. Il sindacato di cui parliamo si chiama Confindustria, è guidato da due anni da Giorgio Squinzi e a metà del suo mandato da capo degli industriali, il capo della Mapei, attraversa una fase non troppo diversa da quella vissuta da Enrico Letta negli ultimi mesi del suo governo. Movimenti. Riposizionamenti. Complotti. Veline. Contro veline. Nuove alleanze. Conflitti interni. E un quadro che giorno dopo giorno si va a definire sempre con più chiarezza e che vede al centro della partita una frase sussurrata qualche giorno fa da un uomo chiave di Confindustria: “Squinzi non ha più la maggioranza del sindacato e il suo mandato è finito qualche settimana fa”. Sarà vero? Che il rimescolamento di Confindustria sia l’effetto dell’operazione divide et impera portata avanti da Renzi all’interno del mondo dei sindacati (nella Cgil il pivot con cui il premier sta giocando per indebolire il segretario confederale, Camusso, è Maurizio Landini, capo della Fiom, in Confindustria la partita è più complessa) è difficile da dire. Quel che è certo è che la prima grande crepa visibile dell’èra Squinzi è stata messa agli atti lo scorso 7 maggio quando al termine di una fase travagliata il presidente ha scelto di allontanare Aurelio Regina e di strappargli la spilletta da vicepresidente. Da quel momento in poi, in Confindustria, qualcosa è cambiato. E nonostante la nuova squadra nominata da Squinzi, i numeri dicono che sulla carta il presidente rischia di non avere più la maggioranza del sindacato. Il 22 marzo del 2012, ricorderete, Squinzi riuscì ad avere la meglio su Bombassei per 11 voti (finì 93 a 82) e in quella partita un ruolo importante lo giocò proprio Regina che con il suo pacchetto di 25 spostato sul capo della Mapei risultò decisivo. Quei voti oggi però si trovano congelati, alcuni azionisti della maggioranza squinziana si sono allontanati dal capo della Mapei, Luigi Abete, capo della Bnl, è diventato più prudente di un tempo nell’offrire endorsement pubblici al capo di Viale dell’Astronomia, e in Confindustria è partita la sindrome del complotto. Chi sta tramando? Chi vuole far cadere il presidente? C’entra qualcosa Renzi? C’entra qualcosa Gianfelice Rocca? Cosa vuole fare Regina? In viale dell’Astronomia i sostenitori di Squinzi sostengono che i movimenti di questi giorni siano naturali, scontati, senza conseguenze, e che l’uscita di Regina dai vertici di Confindustria avrà, alla lunga, l’effetto di indebolire l’imprenditore romano. I sostenitori del ticket Regina-Rocca, invece, ticket che sta prendendo forma nel mondo confindustriale e sul quale il capo di Confindustria Lazio e il capo di Assolombarda hanno un accordo di massima, dicono invece che il big bang è alle porte e descrivono uno scenario in cui i due registi dell’operazione #giorgiostaisereno-non-ti-vogliamo-rubare-il-posto si stanno già muovendo come i successori naturali all’èra Squinzi: come capicordata di un nuovo sindacato non a vocazione camussiana, intenzionato a far rientrare nell’orbita della Confindustria un pezzo del mondo Fiat (tramite Montezemolo) e voglioso di non rimanere in disparte rispetto alle grandi partite industriali (Confindustria, secondo Rocca e Regina, sia su Alitalia sia su Electrolux non ha toccato palla). Sarà davvero così? E Renzi, in questa partita, potrà avere un ruolo?

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    Da un certo punto di vista, il presidente del Consiglio, nel mondo di Confindustria, potrebbe incidere più di quanto fatto nel mondo della Cgil. Alla fine dei conti, per quanto Landini abbia vinto le primarie di partecipazione ai talk-show, Camusso è ancora leader della Cgil (con l’80 per cento) e il tentativo di far cambiare verso al sindacato confederale sembra non essere destinato a un successo. Caso diverso invece è Confindustria. Sia Regina sia Rocca hanno un buon rapporto con il premier (e anche con il ministro Guidi, ex capo Confindustria giovani, nemica giurata di Squinzi, scelta al governo anche per segnare una discontinuità con il sindacato guidato dal capo della Mapei). Ma ciò che si sussurra in viale dell’Astronomia riguarda un discorso più sofisticato: considerando che i grandi azionisti di Squinzi sono le aziende pubbliche (Eni, Finmeccanica); considerando che i manager delle grandi aziende pubbliche sono stati nominati da questo governo e hanno un profilo sotto molti aspetti renziano (vedi Marcegaglia, capo dell’Eni, in rotta con Squinzi); considerando questo, se solo volesse, Renzi avrebbe gli strumenti per entrare nel mondo di Confindustria e premere il pulsante finish. Regina e Rocca osservano con interesse. Il pulsante è lì. Chissà se il presidente del Consiglio lo premerà.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.