Fiato sul Colle

Non solo Renzi. Perché le europee saranno anche un referendum su Nap.

Claudio Cerasa

Tra le molte indicazioni che verranno offerte domenica sera dai risultati delle europee ce n’è una che andrà osservata con attenzione e che riguarda non tanto il principale attore del governo, ovvero Matteo Renzi, quanto, soprattutto, il protagonista di questa fase di transizione del nostro paese: Giorgio Napolitano. Tutti i partiti, come da tradizione delle europee, lunedì mattina avranno una ragione per gioire e troveranno una chiave per spiegare che le cose potevano andare molto peggio, o yeah, e che il risultato ottenuto è un signor risultato, eccome se lo è.

    Tra le molte indicazioni che verranno offerte domenica sera dai risultati delle europee ce n’è una che andrà osservata con attenzione e che riguarda non tanto il principale attore del governo, ovvero Matteo Renzi, quanto, soprattutto, il protagonista di questa fase di transizione del nostro paese: Giorgio Napolitano. Tutti i partiti, come da tradizione delle europee, lunedì mattina avranno una ragione per gioire e troveranno una chiave per spiegare che le cose potevano andare molto peggio, o yeah, e che il risultato ottenuto è un signor risultato, eccome se lo è. Lo farà il Pd, lo farà Grillo, lo farà Alfano, forse lo farà anche Berlusconi, così come in passato, sempre alle europee, avevano esultato Emma Bonino e Antonio Di Pietro, convinti, questi ultimi, che il loro 8 per cento europeo avrebbe aperto un grande e inarrestabile ciclone politico (come no). Tutto dunque si potrà pesare e valutare seguendo molti criteri ma su un punto sarà difficile equivocare e quel punto riguarda il consenso relativo che verrà registrato dal capo dello stato. E la domanda che circola con preoccupazione al Quirinale è questa: quanti voti prenderà Re George? Senso della domanca provocatoria: se il Grillo e Forza Italia, ovvero i due partiti che chiedono da tempo a Napolitano di farsi da parte, dovessero avvicinarsi al 50 per cento dei voti, il capo dello stato come farebbe a non prendere atto che metà dell’elettorato oggi si trova in sintonia con chi chiede la sfiducia del presidente della Repubblica? Il voto delle europee, a prescindere dall’esito finale, non avrà l’effetto di produrre uno scossone immediato al Quirinale ma avrà invece l’effetto di far partire la corsa al successore di Napolitano. [**Video_box_2**]Qualcuno si sta già muovendo da tempo in modo esplicito (Amato e Prodi). Qualcuno si sta muovendo invece con passo più felpato ma non meno deciso (Veltroni). Qualcun altro si sta muovendo con passo più maldestro (Fassino). Qualcun altro non si sta muovendo perché convinto che non muoversi sia il modo migliore per entrare nella rosa (Cassese, pupillo di Napolitano). L’unico dato certo, dicono a Palazzo Chigi, è che un’inaspettata avanzata del fronte grillino porterà il Quirinale a prendere in considerazione uno scenario in cui, per evitare di avere un domani un Colle a cinque stelle, dovrà essere non il prossimo ma questo Parlamento a eleggere il successore. I candidati dunque si scaldano. I nomi circolano. I poteri si muovono. I lobbisti si attivano. Amato va dicendo che quello del 31 dicembre sarà il discorso con cui il presidente spiegherà le ragioni del suo addio. Ma in questo quadro caotico bisogna dire che difficilmente un domani potranno cambiare i criteri con cui le principali forze del Parlamento dovranno preparare il terreno per la successione di Napolitano. E per la stessa ragione per cui in Europa i movimenti anti sistema non avranno la capacità di incidere davvero sulle politiche comunitarie (sono tutti divisi, ognuno è per conto proprio, le alleanze sono quasi impossibili) anche in Italia il fronte avverso a Napolitano rappresenta solo una corrente anti sistemica senza nessun punto di contatto che non avrà la capacità di incidere direttamente sui prossimi equilibri istituzionali. E allora eccolo il ragionamento a Palazzo Chigi: “E’ inevitabile che il voto sarà visto come un referendum sia sul capo della grande coalizione sia sull’inventore della grande coalizione. Ma paradossalmente più voti prenderà Grillo più sarà forte la necessità di lavorare al dopo Napolitano con gli stessi criteri politici con cui il presidente è stato eletto un anno e mezzo fa. Non ci sono alternative: si riparte da lì”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.