Il governo Angela Renzi

Claudio Cerasa

Matteo Renzi è l’eccezione italiana: leader dell’unico partito di centrosinistra che in Europa cresce molto invece che crollare; leader dell’unico partito di governo che in Europa avanza alla grande invece che indietreggiare; capo dell’unico governo in Europa che, insieme con la Germania, riesce a non far crescere i populisti ma persino a contenerli, quasi a rottamarli; primo leader di sinistra che in Italia riesce a portare un partito progressista sopra la soglia del 34 per cento, guadagnando 15 punti rispetto al Pd della non vittoria bersaniana, trasformando il Pd nel partito più votato d’Europa (10.374.758 voti, la Cdu di Merkel è staccata di 828.473 voti).

    Matteo Renzi è l’eccezione italiana: leader dell’unico partito di centrosinistra che in Europa cresce molto invece che crollare; leader dell’unico partito di governo che in Europa avanza alla grande invece che indietreggiare; capo dell’unico governo in Europa che, insieme con la Germania, riesce a non far crescere i populisti ma persino a contenerli, quasi a rottamarli; primo leader di sinistra che in Italia riesce a portare un partito progressista sopra la soglia del 34 per cento, guadagnando 15 punti rispetto al Pd della non vittoria bersaniana, trasformando il Pd nel partito più votato d’Europa (10.374.758 voti, la Cdu di Merkel è staccata di 828.473 voti) contribuendo a far perdere al Movimento 5 stelle 2,9 milioni di voti rispetto alle politiche del 2013, portando alla vittoria anche i più importanti candidati del Pd in campo alle comunali e alle regionali (Nardella a Firenze, Chiamparino in Piemonte, D’Alfonso in Abruzzo). Infine, realizzando con tempistiche inattese il sogno della veltroniana vocazione maggioritaria : un partito poco di lotta e molto di governo che grazie alla sua esperienza di governo fa crescere i suoi consensi.

    Renzi, dunque, non è mai stato forte come oggi, il suo governo ha una enorme legittimazione popolare, il Pd è in forma smagliante, le correnti sono state azzerate, le donne capolista sono state promosse con ottimi voti, Alfano è riuscito a superare la soglia psicologica dello sbarramento, Forza Italia, considerando il contesto, è riuscita a reggere rispetto al 2013, e il segretario del Pd ha dimostrato che aver aperto le porte del Nazareno al Cavaliere a gennaio non ha coinciso con uno stupro del corpo del Pd ma gli ha permesso di aprire le porte agli elettori berlusconiani. Così la vera domanda che già ieri, tra uno spumante e l’altro, s’aggirava per largo del Nazareno è più o meno questa: bene, fantastico, evviva, che meraviglia, ma che cosa ci farà ora Renzi con questo bottino elettorale? In teoria l’ottimo bottino delle europee potrebbe spingere il capo del governo a non perdere tempo e ad andare di corsa alle elezioni per rottamare la formula delle larghe intese (larghe intese che però si sono rapidamente trasformate in una sorta di governo monocolore del Pd con Alfano nella parte di ottima costola della sinistra) ma l’assenza di una legge elettorale capace di garantire a Renzi una governabilità sicura (oggi il sistema in vigore è quello ultra proporzionale disegnato dalla Consulta) permette di escludere questo scenario: e l’idea del presidente del Consiglio è quella di capitalizzare il tesoretto provando a diventare, in un certo senso, l’Angela Merkel del Pd. Trasformando il suo “yes we can” in una sorta di “yes we did”. Già, ma in che senso?

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    Renzi, come testimoniano i flussi elettorali arrivati ieri a Largo del Nazareno, sa che i numeri del suo successo presentano una differenza importante con i dati registrati dai partiti che nel passato hanno raggiunto risultati simili. Un tempo, sia per la Dc sia per il Pci, il voto aveva una sua struttura, era radicato, presentava una sua profondità. Oggi invece è fluttuante, mobile, oscillante e da questo punto di vista la vera sfida del Pd è riuscire ad ancorarlo, tenerlo nel suo perimetro e a non farlo fuggire via. Dunque, meglio votare subito o no? La seconda. Votare oggi, infatti, nei ragionamenti di Renzi, sarebbe un rischio troppo grande (sicuri che ci sarebbe una maggioranza migliore di oggi?). E d’altra parte il consenso ottenuto domenica mette sul tavolo del presidente del Consiglio una pistola carica con cui il segretario ha la possibilità di far viaggiare il governo al ritmo desiderato. Non ci sono alleati che possano impensierirlo e che possano minacciare di far cadere il governo (Alfano chi?). Non ci sono minoranze del Pd che abbiano la forza di infilare bastoni tra le ruote  (ieri persino l’anti renziano Mucchetti ha dovuto ammettere che Renzi è er mejo fico der bigonzo). E il consenso ottenuto permette a Renzi di poter dire: o fate quello che vi dico io o si torna a votare – ed è vero che a me non conviene ma quelli a cui conviene meno sono tutti gli altri. Questo per quanto riguarda la tattica. Ma dietro la tattica c’è una convinzione del presidente del Consiglio. Ovvero utilizzare il suo consenso per fare un’operazione simile a quella realizzata nel 2003 dalla Merkel: rubare il programma ai propri avversari, impostare un percorso condiviso di riforme attraverso una grande coalizione e continuare il percorso della rottamazione alla guida dell’esecutivo, magari allargando la maggioranza. Il prossimo obiettivo di Renzi – a parte le riforme (il 10 giugno dovrà essere approvato il testo sulla riforma del Senato, il 13 in Cdm arriverà il testo sulla Pa, entro giugno la riforma della giustizia, entro l’estate la delega fiscale) – è, come confessato in conferenza stampa, andare a caccia dei grillini e giocare con il senso di smarrimento dei parlamentari a cinque stelle. Da ieri è partita l’operazione scouting. Difficile dire se andrà in porto. Più facile dire che il voto ottenuto domenica da Angela Renzi allontana e non avvicina le prossime elezioni.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.