Dopo la marcia di Grillo su Rapallo
L'umore è basso davvero, ma la resa dei conti per ora è farlocca
Consolarsi con Montelabbate, provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche, dove un sindaco donna a Cinque stelle, Cinzia Ferri, contraddice la sconfitta nazionale con un 50 per cento e passa di voti. Consolarsi con i ballottaggi locali contro il Pd a Modena e a Civitavecchia (“i nostri candidati trionferanno”, è il pericoloso, residuo sbuffo di grandeur, non del tutto fiaccata da quel “vinciamo noi” smentito dalle urne). Consolarsi, dunque, è la parola d’ordine non detta tra smarriti internauti grillini depotenziati nei voti ma non nell’incredulità.
Consolarsi con Montelabbate, provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche, dove un sindaco donna a Cinque stelle, Cinzia Ferri, contraddice la sconfitta nazionale con un 50 per cento e passa di voti. Consolarsi con i ballottaggi locali contro il Pd a Modena e a Civitavecchia (“i nostri candidati trionferanno”, è il pericoloso, residuo sbuffo di grandeur, non del tutto fiaccata da quel “vinciamo noi” smentito dalle urne). Consolarsi, dunque, è la parola d’ordine non detta tra smarriti internauti grillini depotenziati nei voti ma non nell’incredulità (per alcuni triste, per altri rabbiosa), consolarsi e credere alla riscossa via questionario online con cui ci si “riconta” per smascherare eventuali “brogli” (girava sul web ieri: trattasi di un formulario che il grillino sospettoso può riempire specificando ora e luogo del voto, in modo da rendere possibile il “confronto” con i voti reali – l’importante è crederci). Come sulla soglia di una sbornia triste, si trangugia il bicchierino mezzo pieno della staffa: “Dai, in fondo ci siamo consolidati, il 21 per cento è un risultato comunque incredibile per un movimento così giovane e così dal basso”. Ma dura lo spazio di un secondo, la consolazione, tra i Cinque stelle che ora rimuginano sulla minaccia annunciata del gruppo autonomo di ex dissidenti espulsi o fuoriusciti al Senato (“e se altri a quel punto prendono coraggio e se ne vanno?”, ci si chiede, “e se vanno da Renzi e si fanno approvare qualche provvedimento che figura ci facciamo, noi che per restare sul ‘no’ a tutto non portiamo risultati visibili all’elettorato incerto?”). E il ripiegamento diventa tentazione persino nei bellicosi meet-up romani che si erano scontrati come furie sui nomi dei due neoeletti a Bruxelles, Dario Tamburrano e Fabio Massimo Castaldo, esponenti rispettivamente della fazione “Roberta Lombardi” e della fazione “Paola Taverna”. Slitta alla prossima settimana l’assemblea congiunta deputati-senatori (quella della resa dei conti tra linee divergenti sulla comunicazione “troppo accesa” di Grillo in campagna elettorale), ci si trincera dietro al “no comment” come agli esordi parlamentari, e si discute sottotraccia di “cerchi magici” che “hanno fatto credere a Grillo quello che volevano, infangando gli altri”.
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Tutti contro tutti, ma non fino in fondo, come se mancasse la forza pure per quello, ora. Però non rinfocola l’intermittente spirito unitario neppure la consacrazione dei diciassette nomi di “giovani e incensurati” eletti al Parlamento europeo, tenuti nell’ombra prima ma ieri messi online sul blog di Beppe Grillo come una carta luccicante che incarta il nulla del “dopo”. Ci si domanda con insistenza “che facciamo?, dove andiamo?, spariremo?”. Lo sconforto e il fastidio percorrono i forum e le Aule parlamentari, escono dalle finestre della Casaleggio Associati (dove si è arrivati al paradosso del guru apocalittico che consiglia al comico Grillo il sorriso perduto). Ma se il mugugno lievita, la vendetta degli espulsi e dei ghettizzati, nel giorno della sconfitta, prende contorni amletici (mi vendico o non mi vendico?) e alla fine neppure chi potrebbe affondare la lama sembra sentirsela del tutto e ci mette il contentino, come il deputato Walter Rizzetto, che dice cose non gradevoli per i vertici del M5s (un tempo dire di abbassare i toni come fa Casaleggio oggi voleva dire finire dritti dritti nella padella “dei dissidenti”) ma alla fine assicura che in questo momento “farà quadrato” attorno a Beppe”. E dice cose sgradevoli per i vertici del M5s pure il deputato Tommaso Currò, dissidente della primissima ora (cominciò ai tempi dell’elezione dei presidenti delle Camere a dire che bisognava uscire dalla linea del “no” a tutto e a tutti, ora amaro contro gli ortodossi: “Grillo e Casaleggio devono legittimare chi ha un’indole più mite” e avviare “il dialogo interno, non è possibile che Grillo porti sul palco solo cinque o sei persone, i fedeli servitori in malafede”). Ma anche Currò per ora resta lì. Né va oltre la profezia da Cassandra Federico Pizzarotti, sindaco di Parma bastonato dalle elezioni locali ma premiato ex post dalla sorte, visti i risultati del M5s, per le sue critiche a Grillo (non accettate a suo tempo da Grillo): “C’è il tempo delle vittorie e dei successi”, ha detto ieri Pizzarotti, “ma c’è anche il tempo della sconfitta e di una doverosa autocritica. Non dobbiamo essere quelli che ‘danno la colpa agli altri’, ma quelli che possono fare diversamente”. Dunque “o facciamo autocritica per crescere o rimarremo relegati all’opposizione”. Sta “a pezzi”, intanto, Alessandro Di Battista, il fedelissimo cui pareva poco il 28 per cento (invece ha vinto “il sistema”, scrive su Facebook) e che nel day after non ha mangiato e ha fumato “trenta sigarette” per trangugiare la delusione (noi non siamo come gli altri, dice, “non mettiamo maschere” e dunque soffriamo). E si inalbera il solitamente tranquillo senatore Alberto Airola, che fa ammissione di mezza colpa per un secondo su Sky (“Sì, i toni dovevano essere diversi”), ma se la prende con l’informazione, e pazienza se la cronista ricorda che i grillini in tv ci andavano eccome. Perché forse è proprio questo l’altro amaro calice: non è che andare in tv è stato un boomerang?
Il Foglio sportivo - in corpore sano