Esame di coscienza

Salvatore Merlo

Quando a un certo punto il Cavaliere dice che “attorno a me non esiste alcun cerchio magico”, dalla saletta affollata di gerarchi e dignitari di Forza Italia, nella sede del partito, a Piazza San Lorenzo in Lucina, si solleva un sottile brusio di protesta. E allora Raffaele Fitto, ironico e accigliato insieme, afferra tutto il coraggio che adesso gli deriva dalle 280 mila preferenze prese alle elezioni. “Certo che esiste il cerchio magico”, dice l’ex ministro. “Esiste ed è composto da quelli che parlano nei fuori onda. Mentre io le cose le dico qui. Davanti a tutti”, sospira, alludendo a Giovanni Toti, ma anche a Mariastella Gelmini. Ed è una storia di tumultuosa rivalità.

    Quando a un certo punto il Cavaliere dice che “attorno a me non esiste alcun cerchio magico”, dalla saletta affollata di gerarchi e dignitari di Forza Italia, nella sede del partito, a Piazza San Lorenzo in Lucina, si solleva un sottile brusio di protesta. E allora Raffaele Fitto, ironico e accigliato insieme, afferra tutto il coraggio che adesso gli deriva dalle 280 mila preferenze prese alle elezioni. “Certo che esiste il cerchio magico”, dice l’ex ministro. “Esiste ed è composto da quelli che parlano nei fuori onda. Mentre io le cose le dico qui. Davanti a tutti”, sospira, alludendo a Giovanni Toti, ma anche a Mariastella Gelmini. Ed è una storia di tumultuosa rivalità.

    Berlusconi parla, sorride, ascolta, parla di nuovo. E’ seduto al centro del tavolo di presidenza. Renato Brunetta alla sua sinistra, Paolo Romani a destra, più defilato Denis Verdini, il tessitore degli alterni rapporti con Matteo Renzi, il garante del patto su quelle riforme che – dice a un certo punto Berlusconi – “sono anche le nostre riforme”. Ma la tribù di Forza Italia non è in trepidazione per la relazione del Cavaliere sui rapporti con il governo, che rimangono ottimi e umbratili, né rimane col fiato sospeso per l’analisi di Verdini sui flussi elettorali, che pure li rincuora tutti: “I nostri elettori si sono astenuti. Ma non ci hanno tradito”. Seduti vicini vicini come piselli nello stesso baccello, a parlare di sé, a incoraggiarsi, a commentare i guasti che derivano dall’assenza coatta del vecchio capo tribù, “imbavagliato dai magistrati”, i generali di Forza Italia adesso chiedono che il Sovrano deleghi a loro la gestione della cucina politica, dell’organizzazione del partito. E ancora una volta si dividono tra nuova e vecchia guardia, cerchio magico e cerchio ministeriale, mentre il Cavaliere li osserva cinico e paterno, pronto ad accontentarli singolarmente per scontentarli in gruppo. Berlusconi concede ai mugugni di Fitto dei vaghi “congressi cittadini”. Era già successo. Poi anche le primarie, “ma di coalizione non di partito”. Ed era già successo anche questo, con Alfano. Infine accarezza i castellani di Arcore, Toti e Cattaneo: “Trovatemi volti nuovi, tra gli imprenditori e i professionisti”.

    [**Video_box_2**]Ma naturalmente il colpo più efficace per parare la ribellione è stata la concessione, danzante e opaca, sulle primarie, “che si faranno ma il leader sono io. E smettetela di parlare dei miei figli”. Malgrado poi nel comunicato ufficiale distribuito ai giornalisti la parola “primarie”, alla fine, non compaia nemmeno. E in Berlusconi c’è il tocco, l’estro, l’anima o la follia del grande impresario teatrale. “Un vero capo si vede dall’evasione ma anche dalle bugie e dai segreti che sa mantenere dentro il gozzo”, dice Giancarlo Galan, con tono leggero. E nessuno s’immagina come il Cavaliere, capo d’un partito di questuanti e vittimisti, debba difendersi dal mattino alla sera dall’assedio dei liberti che chiedono protezione, avanzano pretese, tramano manovre acrobatiche. Nella saletta che riunisce l’ufficio politico, Repetti si lamenta, Fitto chiede “meno nomine e più democrazia”, Capezzone sollecita “primarie a tutti i livelli”, e lui, il Sultano di Arcore, fa “sì” con la testa, dice che “pensavo alle primarie come una scimmiottatura della sinistra. Ma ho cambiato idea”. Poi, come illuminato da un pensiero, Berlusconi li osserva tutti, ed esercita la sua ludica potestà. Dunque si rivolge a Laura Ravetto, seduta in mezzo alla sala: “Laura da questo momento ti nomino responsabile per la stesura delle regole delle primarie”. Qualcuno applaude. Fitto invece si poggia il palmo delle mani sulla faccia. Gasparri si innervosisce: “Ravetto, non sopravvalutarti”. Ma Berlusconi sorride soddisfatto. Il Sovrano sa tutto, vede tutto, ma deve rimanere impassibile, muto, cieco, sordo. Deve saper rispondere senza tradirsi, soprattutto deve dribblare. Così, anche quando acconsente ai congressi cittadini, cioè a una forma di delega nel partito proprietario, il Cavaliere spiega di volerli fare perché “i tesseramenti portano soldi. E le casse languono”. La riunione si scioglie intorno alle 19. Berlusconi torna a casa. E nell’indeterminetezza, rimasti soli, gli attendenti del Sovrano cominciano a litigare su cosa scrivere nel comunicato finale. “Ha deciso per le primarie”, “Ancora non è deciso niente”, “E invece sì”. Alla fine stabiliscono che tutto è rimandato a un prossimo, evanescente, ufficio politico. E ancor più del solito, Berlusconi ha deciso (e ha vissuto) tutto in solitudine. E l’etica della solitudine genera potenza ma anche malinconia. Mormora Gianfranco Rotondi: “Non sa bene cosa fare. Né come farlo. Tuttavia sa che qualcosa deve cambiare. Sa che è lui per primo a dover assumere un diverso ruolo pubblico all’interno del centrodestra. Vedremo. E’ un uomo imprevedibile”. E le strade dell’imponderabile portano lontano.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.