Tutta la città ne parla

Da Fitto a Lupi, tutti vogliono andare con Renzi. Che c'è di vero

Salvatore Merlo

Giovedì pomeriggio, ore 13, Palazzo Grazioli. Nello studio del Cavaliere, Raffaele Fitto guarda negli occhi Silvio Berlusconi: “Ti assicuro che non ho alcuna intenzione di lasciare Forza Italia. Non ti tradirò mai”. E d’improvviso i palazzi della politica romana sono tutto un guardarsi di sbieco, uno strano mormorare, un parlarsi feroce dietro le spalle, mentre solo il Pd osserva placido le altrui contorsioni, spettatore sorridente.

    Giovedì pomeriggio, ore 13, Palazzo Grazioli. Nello studio del Cavaliere, Raffaele Fitto guarda negli occhi Silvio Berlusconi: “Ti assicuro che non ho alcuna intenzione di lasciare Forza Italia. Non ti tradirò mai”. E d’improvviso i palazzi della politica romana sono tutto un guardarsi di sbieco, uno strano mormorare, un parlarsi feroce dietro le spalle, mentre solo il Pd osserva placido le altrui contorsioni, spettatore sorridente. E’ persino inebriante sgranare il rosario dei tradimenti, veri, verosimili e fasulli che in queste ore si consumano nei corridoi e nelle stanze dei partiti, ai piedi di Palazzo Chigi, sotto il trono di Matteo Renzi. Dicono che i parlamentari di Scelta civica stiano tradendo Mario Monti, “vogliono andare con Renzi”. E che gli uomini di Sel stiano tradendo Nichi Vendola, “vogliono andare con Renzi”.
    E che pure la piccola corte di Angelino Alfano si sia trasformata in un nido di veleni perché, guarda un po’, anche lì, “c’è chi vuole andare con Renzi”. E davvero è difficile districarsi nel groviglio di miasmi, evanescenti cospirazioni e trame acrobatiche che ciascuno dei protagonisti dell’Italia politica oggi attribuisce agli altri, in un inarrestabile e malevolo vortice di pettegolezzi e cattiverie, vere, false, verosimili. Dice per esempio Daniele Capezzone: “Sento voci ridicole e offensive sul mio conto”. E Raffaele Fitto, livido: “Ma quali congiure contro Berlusconi? Adesso basta. Mi sono scocciato”. Persino Mara Carfagna si lamenta e si contorce: “C’è chi sobilla i giornali, chi calunnia. Ma lo fanno contro Berlusconi, contro Forza Italia, contro il centrodestra e contro tutta una comunità umana e politica”. Così nel partito del Cavaliere è tutto un giro di telefonate, di piccoli avvenimenti grotteschi e drammatici dentro le fessure del Palazzo, dietro le porte chiuse, nei menù dei pranzi intorno a Montecitorio, a San Lorenzo in Lucina, nella sede del partito. E dunque Maurizio Lupi, il gran visir ciellino di Alfano, sarebbe in contatto con Fitto e con tutta l’intendenza meridionale di Forza Italia, con Saverio Romano e Mara Carfagna, con Renata Polverini, con ciò che resta del potere campano di Nicola Cosentino. E insomma Lupi sarebbe pronto a tradire il Nuovo centrodestra, e gli altri a tradire Berlusconi, per poi mettersi tutti insieme, al fianco di Renzi, il signor 41 per cento. “Sembra una barzelletta. Ma l’ho sentito dire anche io”, dice Davide Faraone, membro della segreteria di Renzi. E Maurizio Gasparri esercita una sorta di aggressivo buonumore: “Sarebbe la sindrome Tanassi. La sindrome del Psdi: fare la stampella per quattro poltrone. Ma non è così che funziona. Chi se ne va, fa la fine di Gianfranco Fini.

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    E Fitto non è uno sciocco, e su molte cose ha pure ragione. Fitto sta facendo un solo grave sbaglio, prende di petto Berlusconi, che poi si arrabbia e finisce con il prendere di petto Fitto. Ma nessuno lascerà Forza Italia. Peraltro Renzi non saprebbe che farsene di loro”. Eppure qualcosa sta succedendo davvero attorno al sole del presidente ragazzino, nei partiti di centro, nei partiti di destra e in quelli di sinistra. Si avverte un sinistro rullio di tamburelli sotterranei. “La verità è che oggi il Parlamento è figlio di un quadro politico che sembra preistoria”, dice Faraone, “e trovo assolutamente normale che alcuni di Sel e di Scelta civica vengano con noi. Ma questo vale anche per la destra. Tutto si scompagina. E non è detto che sia un male”, aggiunge, con un certo compiacimento. E un’estetica delle rovine (altrui).

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.