Il presago Zagrebelsky, che oramai si teme connivente con il sistema

Stefano Di Michele

Facciamoci un esame di coscienza”, dice il prof. Gustavo Zagrebelsky nella prima colonna (pag. 22, Fatto 4 /6/2014). “Veniamo all’autocoscienza”, esorta sempre il prof. Zagrebelsky, ovviamente sul Fatto, ma nella seconda colonna. “Ora, continuiamo a farci questo esame di coscienza”, sprona il prof. Zagrebelsky (chi altri?), sempre sul Fatto di ieri (dove altro?), ma stavolta nella terza colonna. Che è poi l’ultima, quasi una colonna d’Ercole: e dunque l’invocata, tormentata più che tormentosa, coscienza concede così finalmente un po’ di tregua, pur restando, si capisce, vigile e alleprata.

    Facciamoci un esame di coscienza”, dice il prof. Gustavo Zagrebelsky nella prima colonna (pag. 22, Fatto 4 /6/2014). “Veniamo all’autocoscienza”, esorta sempre il prof. Zagrebelsky, ovviamente sul Fatto, ma nella seconda colonna. “Ora, continuiamo a farci questo esame di coscienza”, sprona il prof. Zagrebelsky (chi altri?), sempre sul Fatto di ieri (dove altro?), ma stavolta nella terza colonna. Che è poi l’ultima, quasi una colonna d’Ercole: e dunque l’invocata, tormentata più che tormentosa, coscienza concede così finalmente un po’ di tregua, pur restando, si capisce, vigile e alleprata. Scuote tutte le dette coscienze, il prof. Zagrebelsky, meglio e più di come Eros “scuote l’anima mia”, secondo scalfariana testimonianza di anni fa. Pungola. Percuote. Flagella. L’altrui e la sua propria coscienza, a onor del vero e a onor suo – non meno esposta, quella dell’illustrissimo giurista, di quella roditrice dell’assessore come di quella cementificata dell’appaltatore. Sulla piazza Venti Settembre a Modena, addì 2 giugno, Libertà e Giustizia (che quando si mette di punta fa vedere i sorci verdi pure a Flores d’Arcais) ha organizzato una sorta di sua controparata per la Repubblica. Di là, ai Fori Imperiali, Napolitano e i corazzieri a cavallo (per il ritorno dei quadrupedi grande scandalo si è menato); di qua, nel regno dello zampone, convenientemente e sobriamente appiedati, il prof. Zagrebelsky e i suoi cari (Rodotà, Travaglio, De Monticelli, ecc. ecc.), ognuno animato dall’ottimo proponimento “per un’Italia libera e onesta”. Ma è chiaro che se Zagrebelsky parla, ogn’altro oratore residuale risulta – sicché adeguatamente il Fatto dei detti suoi ha dato scintillante sintesi ai devoti (e noi tra i primi) che personalmente orecchio all’oratore non avevano potuto prestare. E non è stato un intervento, quello del prof., piuttosto un’intemerata; non un discorso, quanto una filippica. Fuoco e lapilli – per tutti e per ognuno: “Siamo sicuri di essere immuni dalla tentazione di entrare in questo circolo?” (da intendersi, tale circolo, come vizioso e di schifosissima corruzione). Ce n’è per tutti, nel prezioso stenografico dal Fatto fornito – nessuno che possa assolversi, pur se altri, va da sé, l’anima più lercia hanno e la pratica più abietta non sfuggono. “Siamo sicuri di esserne immuni?”, neanche venti righe dopo il sospetto (pure autosospetto) si riaffaccia. Tale l’impeto, che al torinese (nativo nei pressi) Zagrebelsky sarà certo corsa memoria, stante pure il magistrale assiepamento in terra modenese, a una vecchia canzone dell’Ottocento scritta sotto la Mole dall’avvocato [**Video_box_2**]Brofferio (1802-1866, “fustigatore di vizi e vizietti di potenti e politicanti”, sorta di Travaglio sabaudo), che ha per opportuno titolo “El Vicari d’ Mòdena”, il quale vicario a nessuno le risparmiava, “se Cain l’era un bricon / a l’è causa ij francmasson; / se Abel l’ha fait i baj / a l’è causa ij liberaj”. Né ad alcuno le ha mandate a dire Zagrebelsky. Che al legno storto dell’umanità ha così messo mano. E sulle proprie manchevolezze ha persino puntato l’indice. “Non siamo forse noi, in qualche misura, conniventi con questo sistema? Quante volte abbiamo visto vicino a noi accadere cose che rientrano in questo meccanismo e abbiamo taciuto?”. Urge sollevare le proprie oltre che le altrui coscienze – con spirito tacitiano: non preghiera, piuttosto fustigazione, quella zagrebelskyana. Che un aneddoto a riprova ha rivelato ai felici uditori: quando si è visto chiamare da un collega di Cagliari per una commissione che doveva  assegnare un posto di ricercatore, “i candidati sono tutti raccomandati tranne mia figlia. Sono venuto a sapere che in commissione c’è un professore di Libertà e Giustizia…”. Perciò nessuno è immune. Anche là, dove arde la fiaccola dell’onestà somma e acceca la luce della moralità suprema, se non la colpa, sempre l’omissione è possibile. Ha proposto Zagrebelsky l’attivazione di quasi ronde di G&L – a vigilanza, chissà se ad autovigilanza: “Non sarebbe il caso se i circoli si attrezzassero per monitorare questi episodi, avendo come alleati la stampa libera e la magistratura autonoma? (…) controllare la diffusione di questa piovra che ci invischia tutti, cominciando dal basso, perché dall’alto non ci verrà nulla di buono, perché in alto si procede con quel meccanismo che dobbiamo combattere”. Neanche si è allertato l’evento, che ecco subito la mega retata in laguna. All’erta! Monitoraggio! Urge riunione di circolo! Non che poi se la tiri, il prof. Zagrebelsky. Anzi lui, come il saggio perpetuo Serafino di mons. Colombo, nel fenomenale “In nome del Papa Re”, potrebbe benissimo dire: “Semmai son presago”.