Obama tingerà di verde il suo fine mandato, il Gop ringrazia

Piero Vietti

Lunedì l’Amministrazione Obama ha annunciato un piano ambizioso con cui ha intenzione di diminuire le emissioni di gas serra – considerate la causa del riscaldamento globale – nei prossimi quindici anni. Le norme proposte, che entrerebbero in vigore tra un anno, puntano a ridurre entro il 2030 le emissioni di carbonio prodotte dalle centrali elettriche del 30 per cento rispetto ai livelli del 2005. Dopo anni di promesse “verdi” non mantenute, Obama mostra i muscoli a pochi mesi dalle elezioni di midterm: indossare l’abito un po’ ammuffito di salvatore del mondo gli porterà il perdono degli ambientalisti delusi, ma rischia di inimicargli, almeno nel breve periodo, quello dei democratici che vivono nei molti stati americani che basano la loro economia sui combustibili fossili.

    Lunedì l’Amministrazione Obama ha annunciato un piano ambizioso con cui ha intenzione di diminuire le emissioni di gas serra – considerate la causa del riscaldamento globale – nei prossimi quindici anni. Le norme proposte, che entrerebbero in vigore tra un anno, puntano a ridurre entro il 2030 le emissioni di carbonio prodotte dalle centrali elettriche del 30 per cento rispetto ai livelli del 2005. Dopo anni di promesse “verdi” non mantenute, Obama mostra i muscoli a pochi mesi dalle elezioni di midterm: indossare l’abito un po’ ammuffito di salvatore del mondo gli porterà il perdono degli ambientalisti delusi, ma rischia di inimicargli, almeno nel breve periodo, quello dei democratici che vivono nei molti stati americani che basano la loro economia sui combustibili fossili. La campagna elettorale in Arkansas, Colorado, Iowa, Kentucky, Montana e West Virginia, ruoterà attorno al piano di tagli voluto da Obama, con un paradosso: se i repubblicani hanno infatti già cominciato a sottolineare che le nuove regole faranno perdere molti posti di lavoro nelle industrie, i democratici non sono da meno, e tra salvare il pianeta o i posti di lavoro non hanno dubbi.

    Alison Lundergan Grimes, candidata democratica in Kentucky, si è immediatamente espressa contro il piano parlando di “attacco del presidente contro l’industria del carbone”. Repubblicani e democratici uniti contro i tagli, dunque, tanto che il Financial Times ieri si spingeva in una previsione azzardata ma non irrealistica: scegliendo di approvare questo piano di tagli alle emissioni, scriveva Jacob Weisberg, Obama favorisce i repubblicani negli stati “a carbone” e accetta di perdere la maggioranza al Senato dopo le elezioni di midterm. Il presidente americano chiuderebbe dunque il proprio mandato con un’opposizione più forte e agguerrita, che gli lascerebbe pochi margini di manovra su molti temi. Obama lo farebbe consapevolmente, aggiungeva la firma del quotidiano finanziario inglese, perché il suo orizzonte è la storia e non il mandato. E la storia, ça va sans dire, gli darà ragione.

    Retorica a parte, il piano voluto dal presidente americano non è affatto campato per aria. Innanzitutto arriva in un momento nel quale l’opinione pubblica americana è per gran parte convinta che il riscaldamento globale sia reale e tendenzialmente causato dalle attività umane. Non è però un problema avvertito come urgente, per cui gli americani non sarebbero propensi a pagare di tasca propria per combatterlo. Il tema è da anni terreno di scontro tra liberal e conservatori (tanto che, stando a recenti sondaggi, solo il 25 per cento degli elettori repubblicani crede al global warming) e, come su altri argomenti altrettanto sensibili, trovare una mediazione è utopico. Obama ha dunque scelto lo scontro frontale, optando per l’ordine esecutivo invece che passare per una legge approvata dal Congresso. Non senza malizia, però.

    Sotto la cortina di accuse polemiche tra ambientalisti e sostenitori dell’industria del carbone, infatti, il piano obamiano di tagli non tratta troppo male le industrie “inquinanti”: dato il periodo di riferimento – il 2005, non gli anni Ottanta del secolo scorso – e il periodo relativamente lungo per mettersi in regola, la norma proposta è molto meno radicale di quanto sembri, scriveva ieri John Kemp su Reuters. Gli stati dovrebbero avere tutto il tempo per aggiornare gli impianti secondo i nuovi standard e centrare gli obiettivi, abbastanza vicini da sembrare realistici e abbastanza lontani per essere disattesi. Dal 2007, anno di picco secondo l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti, le emissioni di C02 hanno già cominciato a ridursi. Senza bisogno di ordini esecutivi.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.