Leopolda a Viale Mazzini

Rai e Renzi. Super manager spiega dove infilare il bisturi

Claudio Cerasa

Luigi De Siervo ha 45 anni, è fiorentino, lavora in Rai dal 1999, da quattro anni è direttore commerciale, da poche settimane è alla guida dell’Adrai (Associazione dirigenti Rai), a Viale Mazzini è famoso, tra le altre cose, per aver fatto incassare all’azienda milioni di euro con i diritti di Peppa Pig (la Rai, insieme con Giunti editore, ha i diritti sul merchandising, e sono soldi veri), è amico da una vita di Matteo Renzi e oggi, per mille ragioni, è uno dei dirigenti Rai più seguiti d’Italia. Il suo sindacato, l’Adrai, di cui De Siervo è presidente dal 21 maggio, ha scelto di non aderire allo sciopero convocato mercoledì da alcune sigle contro i tagli previsti dal governo Renzi in Rai (150 milioni per il 2014) e conversando con il Foglio spiega il senso di questa scelta.

    Luigi De Siervo ha 45 anni, è fiorentino, lavora in Rai dal 1999, da quattro anni è direttore commerciale, da poche settimane è alla guida dell’Adrai (Associazione dirigenti Rai), a Viale Mazzini è famoso, tra le altre cose, per aver fatto incassare all’azienda milioni di euro con i diritti di Peppa Pig (la Rai, insieme con Giunti editore, ha i diritti sul merchandising, e sono soldi veri), è amico da una vita di Matteo Renzi e oggi, per mille ragioni, è uno dei dirigenti Rai più seguiti d’Italia. Il suo sindacato, l’Adrai, di cui De Siervo è presidente dal 21 maggio, ha scelto di non aderire allo sciopero convocato mercoledì da alcune sigle contro i tagli previsti dal governo Renzi in Rai (150 milioni per il 2014) e conversando con il Foglio spiega il senso di questa scelta, e offre una traccia per accompagnare la politica del “Taglia-Rai” alla politica del “Riforma-Rai”.

    “Credo che scioperare contro chi sta provando ad alternare una politica di riforme a una politica di sacrifici sia un messaggio sbagliato che un’azienda come la nostra non può dare. Con quale credibilità possiamo dire, senza passare per privilegiati, che la Rai non ha bisogno di rivedere i suoi criteri di spesa? Accanto alla premessa però bisogna dire che far passare la Rai come se fosse la madre di tutti i mali è sbagliato, e non aiuta ad affrontare con una buona dose di equilibrio i problemi che invece esistono. A fronte del sacrificio da 150 milioni di euro che ci chiede il governo dobbiamo ottenere che la Rai non venga trattata come una delle ultime baronie di questo paese, ma come la più grande azienda culturale italiana che, pur necessitando di un’importante riforma, garantisce tutti i giorni a milioni di italiani un’offerta televisiva di servizio pubblico. Serve una riforma. Ma al momento, lo dico con affetto, ancora non si vede”. De Siervo anticipa al Foglio che il 23 giugno organizzerà a via Tuelada, con gli altri dirigenti dell’azienda, una “Leopolda della Rai” in cui verranno raccolte le proposte dei lavoratori Rai per riformare l’azienda. Un’idea di come riformare la Rai, però, De Siervo ce l’ha e prova a spiegarla. “Credo che il rapporto tra la Rai e il governo debba essere simile al rapporto che all’inizio del 2000 ebbero in Germania i sindacati con il governo Schröder: la Rai dovrebbe accettare la sfida, quella di cambiare passo, ma dovrebbe evitare di farsi dettare l’agenda dalla politica e dovrebbe autoriformarsi da sola, come hanno fatto nel 2003 i sindacati degli imprenditori e dei lavoratori con il governo tedesco. In sostanza, quello a cui si dovrebbe lavorare è una revisione della governance, un alleggerimento delle strutture organizzative, una progressiva indipendenza dalla politica, una riformulazione delle carriere, un’analisi della missione del servizio pubblico – per dire: come si può accettare che una serie come “Gomorra” sia prodotta da Sky, e non da noi? – e una riqualificazione del personale. E’ evidente che una struttura come la Rai, dove vivono tredici testate e quindici canali, non potrà mai essere efficiente fino in fondo, come per esempio la Bbc, senza un drastico, duro ma impegnativo processo di revisione dei criteri di spesa e di politica aziendale. Dobbiamo autoimporcelo, anche a costo di rinunciare a qualche privilegio, e magari rivedere il numero di canali e il numero di testate. Ciò che però non possiamo permetterci è che la Rai venga osservata come se fosse una forza a difesa della conservazione, come se avesse paura dei cambiamenti. Non è così, e lo dimostreremo”. De Siervo conclude la conversazione spiegando quale potrebbe essere una soluzione per far sì che la Rai sia allo stesso tempo più indipendente, efficiente e meno soggetta agli umori della politica.

    [**Video_box_2**]“Il modello della tripartizione e della vecchia spartizione delle poltrone non può più funzionare. La Rai deve diventare non una costola dello stato ma un’azienda efficiente. Ci sono molti modelli da prendere in considerazione per preparare la transizione. Me ne viene uno in mente. E’ una vecchia idea, mai attuata nella sua interezza, che permetterebbe al nostro paese di superare l’anomalia italiana di avere un’azionista in capo al ministero del Tesoro: una fondazione azionista di riferimento della Rai del futuro. Mi rendo conto che sparare sulla Rai, prenderla di mira come se fosse un modello da combattere, può aiutare a scrivere editoriali brillanti e velenosi. Ma a mio avviso fa perdere di vista i veri problemi e il nodo della questione. Protestare per i tagli è un autogol. Ma limitarsi a proporre solo tagli è un’operazione sbagliata. Servono i due lati della medaglia. Ma bisogna essere anche onesti: la Rai ha fatto progressi negli ultimi anni ma per continuare a essere grande ha bisogno di essere profondamente riformata. Bisogna farlo nella sua interezza. Con serietà, ma senza scioperi come questi che non hanno senso, se non quello di trasformarsi in un boomerang per la nostra azienda”.   

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.