Caronte è fra noi
Non è così facile, fare del bene e guadagnarsi il Paradiso. Il Papa progressista che non cancella gli Inferi e ne spalanca le porte ai corrotti...
Non è così facile, fare del bene e guadagnarsi il Paradiso. Il Papa progressista che non cancella gli Inferi e ne spalanca le porte ai corrotti, ai trafficanti d’armi e agli schiavisti abroga l’imbuto dell’orrido, lo svuota di ogni peccato, e ne fa una sorta di penitenziario. Il Papa non sta additando alla dannazione i corruttori, i Caino o quelli che – ancora oggi, giocando col mondo – celebrano sulla terra il dominio dell’uomo sull’uomo. Il tema è tutto nella sacralità, non nella legalità. E il Papa che agita la forca pop nell’eterna festa di farina etica e crusca plebea esiste solo nella testa interessata di esegeti forse entusiasti ma umani, troppo umani. Il tema è tutto nella sacralità, non nella legalità. Papa Francesco, pur sempre un gesuita, se la sta giocando – a uso del cortile mediatico – col linguaggio dell’etica e quell’Inferno di cui parla non è, infatti, la casa di Lucifero; i demoni non vi rivendicano l’orgoglio delle tenebre ma assolvono al compito, proprio, dei secondini. Con Caronte, pare di vederlo, alla guida di un furgone cellulare della polizia penitenziaria carico di tangentari, pistoleri e scafisti lasciando ai margini delle acque stigie i superbi, i negatori, i vessilliferi dell’Età Oscura perché, senza necessità di scomodare la magistratura o MicroMega, senza contestare – giammai – l’autorità pontificia, il peccato è pur sempre creazion “ch’ebbe il bel sembiante” e resta valido il rigo di Dante: Vexilla Regis prodeunt Inferni. L’ha detta in modo facile, il Papa, la questione. Il peccato è ben più di un’infrazione. Altrimenti basterebbe il codice penale. Il Male è persona e non s’attarda nei reati. Il Maligno nega e fabbrica il vuoto intorno a sé per sovrastare nel nulla la Creazione. E tutto in ragione di un sussurro. Satana si acquartiera nei pressi della santità. Lo faceva sempre con Pio da Pietrelcina. Ne disturbava le preghiere, s’infilava nelle sottane delle donne in visita, lo aggrediva fisicamente: calci e pugni. E poi sputi. Il tutto nella cella, sporca di sangue, ridotta a ring. Non c’è il Cielo. E c’è lo stagno. Satana, quando non deve regolare i suoi conti, si assicura sempre un’esistenza all’insegna della discrezione.
Tutto procede secondo il ribaltamento, non c’è più il Timor del Numinoso, tutto è permesso, e perciò la polarità del basso capovolge l’alto e alla madre è dato il compito del padre, al servo quello del padrone, allo stomaco quello del cuore, all’istinto quello della ragione, ai lombi quello dell’intuizione, al segreto quello del mistero, alla fogna quello della cima, all’uomo ciò che è del Divino. Non è nel far del bene che ci si guadagna gli Elisi. Nel fare molto male al mondo, piuttosto. Nel sottrarre al mondo – che è solo magma d’inferi – l’imperio sui cuori, quel mondeggiare che tiene prigionieri gli uomini coi legacci del più nefasto degli inganni, illuderli di una emancipazione dal Cielo che è solo la voragine del nulla. “Come con le dottrine dei tre impostori”, mi disse un giorno shaykh Omar, “e non intendo qui i tre indicati da Voltaire, ovvero Mosè, Cristo e Muhammad, bensì Charles Darwin che riuscì a convincere gli uomini, sottraendoli al loro rango, a cercare nella scimmia, e non nella scintilla di luce il parente più prossimo; oppure Karl Marx che indicò nella soddisfazione del primario bisogno di accumulo materiale, sottraendo l’umanità al rango spirituale, il senso del destino umano; e poi ancora Sigmund Freud che agli uomini, smarriti nell’apnea della psiche, degradandoli all’abiezione, offrì un unico impulso: quello di scopare la propria madre”. Ecco, quando vince il mondo, vince Satana. L’uomo si fa scimmia, si fa materia e si fa la propria madre.
Il Foglio sportivo - in corpore sano